Ecco la cronaca dell’apertura della nuova via alla torre di Uli Biaho nel racconto diretto di uno dei protagonisti:
“La Torre di Uli Biaho, con la sua parete Sud-Est elegante e slanciata che si eleva sopra il ghiacciao di Trango, mi attirava giĆ da diversi anni. Meno famosa di Nameless Tower o Grande Torre di Trango, ma non meno attraente dalle fotografie; mi domandavo perchĆ© mentre parecchie cordate erano state in cima alle prime due montagne, sullāUli Biaho ci fossero solo 3 vie e per giunta mai ripetute.
La Torre di Uli Biaho aveva sulla carta tutte le caratteristiche che stavo cercando per una prima spedizione in Karakorum: una bella montagna dalle linee attraenti, la possibilitĆ di aprire una via nuova, una quota di 6109m che si puĆ² definire non troppo elevata, ma giĆ significativa (soprattutto non essendo mai stato sopra i 4500m), pareti di roccia, esposte a Sud e di altezza compresa tra 500 e 1000 metri, un avvicinamento allāapparenza lungo e complesso.
CosƬ dopo una lunga fase di preparazione nella primavera del 2013, il 17 giugno partiamo alla volta del Pakistan Luca Schiera ed io, membri del gruppo Ragni, insieme a Silvan Schupbach, David Bacci, Saro Costa ed Arianna Colliard (che ha il compito di raccogliere materiale foto e video). La nostra idea era quella di aprire una nuova via in stile ābig-wallā tra la via Americana del 1979 e la via aperta da Maurizio Giordani e soci nel 1988.Eā curioso che anche un team americano avrebbe voluto tentare la nostra stessa parete, ma fortunatamente la loro partenza era prevista un mese dopo la nostraā¦(poi annullata causa talebani).
Le incognite prima della partenza sono tante: nessuno ĆØ mai stato in Pakistan e nessuno ĆØ mai stato in quota. Nella prima parte del viaggio, perĆ², grazie anche a unāottima organizzazione della nostra agenzia locale, tutto fila liscio ed in circa una settimana dalla nostra partenza ci ritroviamo al campo base, siamo noi 6, il cuoco e lāaiuto cuoco.
Inizia cosƬ la fase dedicata allāacclimatamento, che ĆØ stato anche il momento di maggior difficoltĆ di tutta la spedizione. La prima volta che decidiamo di andare al campo base avanzato, posto a 5200 metri, stiamo male un poā tutti e lāesperienza ĆØ decisamente traumatica. Ognuno reagisce in modo diverso e dopo varie discussioni Saro Costa decide di abbandonare la spedizione. Dopo questo episodio il nostro gruppo si fa man mano sempre piĆ¹ compatto e determinato verso lāobiettivo.
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Nei giorni successivi facciamo un altro carico di materiale verso il campo avanzato, anche questa volta con grande fatica e ci rendiamo conto che il nostro acclimatamento ĆØ ancora a metĆ strada.
Dopo qualche giorno di riposo, ci sentiamo pronti per un primo tentativo in parete (o per lo meno per arrivare fino alla base della parete, cosa che per il momento non avevamo ancora fatto). Partiti dal campo avanzato superiamo la cornice di neve che ci separa dalla Torre di Uli Biaho e finalmente ci facciamo una vera idea della situazione e di quello che ci aspetta. E quello che ci aspetta ĆØ decisamente diverso dallāidea che ci eravamo fatti da casa davanti al computer!
Innanzi tutto per arrivare alla parete cāĆØ ancora molta strada da fare e ci aspetta una lungo traverso di ghiaccio di 200 metri di pendenza di circa 60/70Ā°. Capiamo subito che scalare questo traverso a 5500 metri con portaledge in spalla e zaini pesanti ĆØ per noi irrealizzabile.
Inoltre la porzione di parete dove volevamo aprire sembra priva di fessure o linee logiche per una salita in arrampicata libera, la roccia anche ĆØ piuttosto chiara e appare di qualitĆ inferiore rispetto alle altre pareti. Come se non bastasse, una volta fatto il traverso per attaccare la parete a destra della via di Giordani occorrerebbe percorrere in discesa il canalone di neve e ghiaccio, piuttosto ripidoā¦cosa che in una eventuale ritirata con il brutto tempo potrebbe diventare molto problematica.
E cosƬ ci guardiamo un poā intorno e dopo aver superato il traverso di ghiaccio, per me con parecchio affanno e fatica (oltre allāadrenalina), siamo attratti dalla parete Ovest, ovvero la porzione di parete a sinistra del pilastro su cui corre la via di Maurizio Giordani. Non avevamo alcuna informazione su questa parete e non riusciamo nemmeno a vederla nella sua totalitĆ , ma per quel che riusciamo a capire pare un muro di roccia verticale o un poā appoggiato e parecchio lavorato con lame e fessure, diciamo che sembra offrire la possibilitĆ di una salita rapida in arrampicata libera e su difficoltĆ abbastanza contenute. Una possibilitĆ per noi decisamente allettante!
Per un problema tecnico abbiamo il telefono satellitare fuori uso e non abbiamo la possibilitĆ di sapere le previsioni meteo, il tempo perĆ² sembra essere buono e dopo aver fatto ritorno al campo avanzato il giorno successivo, nonostante un poā di stanchezza decidiamo di provare ad andare in parete. Siamo Luca, Silvan ed io, David si sente stanco e non ancora ben acclimatato e preferisce scendere.
Arriviamo cosƬ fino alla base della parete, dove Silvan ed io apriamo i primi 5 tiri della via, sulla parete Sud-Ovest appunto. Luca ci aspetta giĆ¹, il programma ĆØ quello di bivaccare la sera alla base e il giorno dopo tentare la vetta.Il giorno dopo perĆ² ci svegliamo e vediamo un bel colore rosso intenso allāorizzonte, eā¦come dice qualche vecchio saggio ārosso di mattina, brutto tempo si avvicinaā. Ed infatti in breve le nuvole si accumulano in direzione della nostra montagna. Luca ĆØ per fare comunque un tentativo, Silvan ĆØ piuttosto indeciso, alla fine sono io a convincere i miei compagni a scendere. Non abbiamo le previsioni del tempo e non abbiamo alcuna esperienza su queste montagne, potrebbe arrivare qualsiasi cosa e non mi sembra il caso di rischiare, a maggior ragione con ancora quasi un mese a disposizione per la salita. Recuperiamo cosƬ una delle corde che avevamo lasciato in parete e affrontando il traverso in direzione contraria ci avviamo verso valle.
Da qui inizia un periodo di attesa perchĆ© il tempo per qualche giorno resta piuttosto variabile (usare la parola ābruttoā sarebbe unāoffesa al brutto tempo che cāĆØ in Patagonia). DopodichĆØ il nostro telefono satellitare ri-inizia a funzionare e il nostro amico metereologo Deza ci comunica lāarrivo di una finestra di bel tempo di 2-3 giorni massimo.
Eā per noi sufficiente per fare un altro tentativo.Ā Siamo sempre Luca, Silvan ed io a salire al campo avanzato e la notte partiamo molto presto in direzione della parete, lāattrezzatura ĆØ ridotta al minimo per essere il piĆ¹ leggeri e veloci possibili e non consumare troppe energie, soprattutto sul traverso di ghiaccio (che per me in fin dei conti ĆØ stata la parte piĆ¹ impegnativa ed emozionante della salita).
Arrivati alla base della parete, ripercorro i tiri che avevamo aperto la volta prima.Lungo la prima parte della via troviamo 2/3 chiodi, che scopriamo poi essere di un tentativo di un team francese risalente al 1974. Continuiamo per un sistema logico di lame e fessure, lāarrampicata non ĆØ mai eccessivamente difficile e si protegge bene con friends e nut. La nostra linea ci conduce poi in un camino, che ci fa tirar fuori un poā di imprecazioni per il recupero dei sacconiā¦
Dopo il camino davanti a noi un muro liscio e 10 metri a sinistra una fessura piuttosto invitante; unico problema: un torrente di acqua scende dalla fessura! Purtroppo il nostro sogno di aprire una via tutta in libera finisce qui. La fessura sarebbe stata sicuramente fattibile in libera – anche se non facile – da asciutta, ma in questo stato non ci provo nemmeno e cerco solo di salire veloce per bagnarmi il meno possibile. Silvan poi passa al comando e dopo un paio di tiri la nostra via si ricongiunge alla via aperta da Maurizio Giordani. Eā sera e calandoci 20 metri su una cengia spiovente troviamo un posto, anche se scomodo dove bivaccare. Silvan dice che ĆØ il bivacco piĆ¹ scomodo che ha mai fatto; io penso che alla fine non ĆØ poi cosƬ male, sƬ certo ĆØ scomodo, ma sulla Egger cāĆØ stato di ben peggio.
Siamo a quasi 6000 metri e il buio sta arrivando e qui arriva il momento di maggior panico della salita: Luchino non sta beneā¦
Non sta bene proprio per niente, non riesce a mangiare, e ha mal di testa. Lo costringiamo a prendere due aspirine, sperando che per la mattina dopo le sue condizioni migliorino, altrimenti saremo costretti a scendere. Per fortuna il giorno dopo Luchino sembra stia meglio. Quando gli chiederemo: āma cosa ti sentivi Luchino?ā Lui dirĆ : āNon riuscivo piĆ¹ a pensareā¦ā.
Beh, per fortuna possiamo proseguire, perchĆ© scendere a 200 metri dalla vetta sarebbe stato davvero un peccato. Silvan prosegue salendo due tiri in comune con la via di Giordani poi per pendii di neve e misto fino alla cresta finale. Qui, con una serie di tiri corti in cresta ci portiamo verso sinistra in direzione del punto piĆ¹ alto. Arriviamo in cima verso le 11 o le 12 (purtroppo proprio nel tratto finale perdo lāorologioā¦). Gli ultimi tiri a oltre 6000 metri si fanno sentire nelle gambe e nelle braccia e ci apprestiamo a scendere.
Impieghiamo un pomeriggio per la discesa, riuscendo a fare la maggior parte delle doppie su spuntoni e clessidre, lasciamo cosƬ in parete solamente un chiodo e un nut, questa volta possiamo dire davvero di essere andati clean.
Arriviamo alla base piuttosto stanchi, manca ancora il traverso di ghiaccio, ma preferiamo rimandarlo al giorno seguente, anche se il nostro meteorologo ci annuncia lāarrivo del brutto tempo.
E cosƬ la mattina successiva ci svegliamo sotto una nevicata! Impacchettiamo il nostro materiale e pian piano riportiamo tutto al campo avanzato, dove sempre sotto una bella nevicata ci concediamo un ricco pranzo prima di iniziare la discesa per il canale con tutto il materialeā¦
Le settimane successive sono stata altrettanto ricche di avventure e salite, ma questa ĆØ unāaltra storia.
LāUli Biaho, la principale ragione per cui siamo venuti fin qui ĆØ fatta! E anche se non ĆØ andata come pensavamo ĆØ stata una gran soddisfazione scalare una montagna cosƬ complessa ed impegnativa. Ed incredibilmente nonostante siamo nel 2013 lo abbiamo fatto per quella che ĆØ probabilmente la via piĆ¹ facile e logica! Penso che alla fine la nostra linea si possa considerare la ānormaleā allāUli Biahoā¦
Un particolare ringraziamento come sempre al Gruppo Ragni per tutto il supporto fornito.Grazie anche a Maurizio Giordani per tutte le informazioni che ci ha dato e per le sue salite che mi fanno sempre sognare.
Ringrazio infine i nostri sponsors che hanno reso possibile questo progetto: Acel Service, Adidas, Briantea 84, Sport Specialist, Matt, Kong, Adidas eyewear e il Cai Lecco”.
Matteo Della Bordella