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Tre settimane nel paradiso delle fessure

 

Su desert gold

C’era da aspettarselo… che l’arrampicata sulle fessure di arenaria americane non avrebbe deluso le aspettative e sarebbe stata tanto difficile quanto bella e soddisfacente. E di fatti così è stato.

Un tipo di roccia, uno stile di arrampicata, fessure lisce e perfette, linee pure, qualcosa che purtroppo in Europa manca, che noi non abbiamo, qualcosa per cui vale davvero la pena viaggiare in un altro continente.

Il nostro viaggio inizia ad Halloween a Salt Lake City. Dopo aver festeggiato un po’ anche noi, questo evento così sentito negli USA, ci dirigiamo verso una delle mete principali della vacanza: Indian Creek.

Indian creekIndian creek guida

Fa caldo, i piedi sono ancora gonfi dal lungo viaggio in aereo. Partiamo tranquilli, ma ci mettiamo poco a capire come funzionano le cose qui: o usi la tecnica appropriata, oppure tutto sembra estremo.

I primi giorni sono interessanti ed istruttivi, fermo dalla Groenlandia, devo rispolverare un po’ i movimenti tipici dell’arrampicata in fessura infatti, per qualche motivo, quest’autunno avevo una gran voglia di calcare e ho saltato completamente la stagione delle fessure ossolane.

Visitiamo i settori di “Battle of bulge”, “Cat wall” e “Scarface” e facciamo scoperte interessanti, per esempio:

  • Le fessure di friend 0,75 sono duuuure e fanno un male boia a piedi e mani! E questo era già noto a me e a tutti quelli che qualche fessura la masticano.
  • Se anche voi, come me, avete delle salsicce al posto delle dita, le fessure di friend 0,5 fanno al caso vostro!

Gli inseparabili guantinithe big baby

  • Nelle offwidth devo stare attento ad incastrare il ginocchio perché è un arma a doppio taglio, dal momento che è più facile metterlo che toglierlo: è vero che ti permette di mollare le mani, ma se la fessura è troppo stretta tirarlo fuori (tra imprecazioni di ogni genere) può essere molto doloroso
  • La roccia è estremamente “morbida” (soft) e se balti secco sui nuts tirarli fuori è un problema (a meno di non spaccare tutto, ma non mi sembrava il caso…)

 

 

 

Dopo 4 giorni tra incastri di ginocchia, gomiti e dita, con “sbunnature” di ogni genere, ci concediamo una pausa e ci dirigiamo a Sud in direzione Las Vegas.

Qui, abbiamo occasione di salire una bella via di più tiri, chiamata “Cloud Tower”, caratterizzata da un difficile diedro con incastri di dita, un fantastico tiro di 40 metri di fessura di mano strapiombante ed un tiro estremo in stemming (spaccata).

Arianna su Cloud Tower

Il giorno successivo andiamo verso una classica di Red Rocks, la mitica “Desert Gold”, un tiro del quale avevo già sentito parlare principalmente dal mio amico Silvan, che lo aveva salito nel 2009.
Questa lunghezza, che si trova su un caratteristico strapiombo con un tetto solcato a metà da una spaccatura, è composta da una prima parte in fessura strapiombante chiamata “desert crack” e una seconda parte in tetto orizzontale chiamata “desert reality” (in onore di Separate Reality), l’unione delle due, Desert Gold appunto, fu liberata da Stefan Glowacz nel 1987. E’ un tiro pazzesco, da vedere e da scalare, super estetico e con movimenti fuori dal comune. Dopo un primo giro non brillantissimo (= ragliata), mi ricordo che nella scalata in fessura “you have to try hard” e ci devi credere. E così le cose migliorano ed in pochi giri mi ritrovo a ribaltarmi sfinito alla fine di questo tetto, dopo una dura lotta con la gravità e con questa fessura orizzontale, alla fine leggermente troppo larga per incastrare bene le mie mani.

Desert gold vista da sotto

Ci spostiamo poi nella terza meta di questa vacanza: il parco nazionale di Zion.

Non posso fare altro che restare a bocca aperta quando vedo le sue imponenti pareti di arenaria. Onestamente, questo posto supera ampiamente le mie aspettative: ci sono decine di pareti verticali e tremendamente lisce, come una Yosemite, ma con roccia e colori differenti.

Avevo sentito già parlare di Zion e di una via in particolare: Moonlight Buttress. Una via su cui si sono scritte pagine dell’arrampicata libera in fessura, giunta alla mia conoscenza in occasione della salita free solo di Alex Honnold nel 2008.
Inutile dire che l’idea era quella di metterci le mani sopra.

Purtroppo però, come spesso accade, soprattutto nel continente americano, la vie famose sono anche frequentate… E così abbiamo provato due volte a ripeterla ed entrambe le volte abbiamo desistito a causa di altre cordate davanti a noi. Una delle due in particolare lascia proprio l’amaro in bocca: dopo aver già percorso 3 tiri, due americani che avevano fissato i primi 5 tiri il giorno precedente, li risalgono a jumar e ci si piazzano davanti! Ma che diavolo di stile è questo!?

Per fortuna riusciamo comunque a portarci a casa una bella salita: la via Silverback.
8 tiri di corda con difficoltà in crescendo e fessure di tutti i generi…

The silverback pitchSqueeze chimney

 

 

 

 

 

 

 

 

Dallo squeeze Chimney del primo tiro, al diedro del secondo, alla splendida fessura di mano del sesto, a “the Silverback Pitch”, il settimo (che in italiano significa “schiena d’argento”, già il nome fa capire lo stile di scalata, un faticoso diedro fessura che man mano si chiude), per poi concludere con il tiro finale: “killer finger”, una bella fessura di dita, continua e non immediata da proteggere.

Una gran bella via… Moonlight Buttress: tra di noi non finisce qui!

Dopo settimane di arrampicata trad ci concediamo un breve ritorno a quella sportiva visitando la splendida falesia di calcare di Virgin River Gorge e il Kolob canyon.

Quest’ultimo posto, che si trova sempre nel parco di Zion anche se ha un accesso completamente diverso, merita una considerazione particolare. E’ un altro posto unico o, per lo meno, di quelli che io non avevo mai visto né pensavo esistessero: qui l’arenaria è strapiombante e, invece di essere solcata dalle solite fessure, è lavorata con enormi buchi ed erosioni. Le vie sono atletiche, zancose, divertenti e di una certa lunghezza. Su alcune di loro, le prese sono talmente grandi che sembra quasi di fare più un lavoro di resistenza aerobica che di arrampicare… Un po’ come scalare sulle zanche del Rockspot, ma qui parliamo di roccia immersa in un paesaggio spettacolare.

Kolob canyon

Non poteva poi mancare un ritorno a Indian Creek, per passare l’ultima settimana del nostro viaggio.
Per prima cosa notiamo che le temperature si sono drasticamente abbassate, ha perfino nevicato! E la notte le previsioni meteo danno minime che si aggirano intorno ai -15 gradi Celsius…

Neve a Indian creek

Beh, ci avevano avvertiti che la notte la temperatura andasse sotto zero, ma non pensavo così tanto sotto zero!!!

Comunque non ci facciamo scoraggiare, andiamo lo stesso in falesia e siamo premiati da un bel sole che scalda notevolmente l’aria e rende le temperature perfette per l’arrampicata.

Passiamo quindi 4 fantastici giorni di scalata (e 4 fredde e lunghe notti…) prima di una veloce visita a Moab e del rientro in Italia.

Di seguito, qualche foto e descrizione dei tiri più belli da noi saliti a Indian Creek:

Supercat of the desert
Supercat of the Desert: un fantastico muro di 40 metri, inizio su tacche poi fessura di mano stretta, che supera un tetto e man mano si restringe fino a diventare di dita.

Arianna a Indian creek
Arianna su Dirt Cheap.

Court summons
Court Summons: diedro tecnico in stemming ed incastri di dita, seguito da fessura che man mano si allarga e diventa di mano alla fine.

Arianna su Puma
Arianna su Puma, grande classica: fessura di dita che si stringe con finale su fessurino tecnico

Air Sweden
Swedin ringle (e successivamente la sua continuazione Air Sweden): un tiro tanto difficile quanto spettacolare. La prima parte obbliga ad incastri “ringlock”, mentre nella seconda la fessura diventa troppo piccola e si deve quindi scalare con una mano (e un tallone) sul bordo svasato a sinistra

Battle of Bulge
Battle of bulge: grande classica, continuità di mano stretta e dulfer in un diedro con finale strapiombante

Indian creek

Il secondo spettacolare tiro di Heat Searcher, quando si dice “splitter crack”!

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