spot_img

Tra strapiombi, mare e feta in un angolo poco noto del Peloponneso

di Marco Zanchetta

Sveglia alle 4.40, un calcio a sorpresa nella notte. 5 min per uscire di casa, 20 min di macchina ed eccoci al Terminal 2. Io, Simo (Pedeferri), 2 zaini decisamente fuorimisura per passare come “borsa PC” e un solo bagaglio extra. 18 kg composti da: 80m di corda singola arancione, 50 rinvii, 1 grigri blu, 2 imbraghi, 5 scarpette, magnesite q.b. e quintali di aspettative.

Ultimo saluto al borsone, doccia di raggi-X, caffè e girella con uvetta carbonizzata; una inezia rispetto alle 5 ore di auto del giorno prima per i 100km che separano Morbegno da Carnago.

Decolliamo direzione sud-est: India? Madagascar? Australia? No, solo 2.30h sul vecchio Airbus A320 per atterrare nella città natale di Socrate, Pericle, Sofocle.

Partiti con la pioggia, Atene ci accoglie con sole e 30°C ma non siamo qui per la sua Acropoli. Dopo l’ennesimo piccolo imprevisto, questa volta al noleggio, saltiamo sulla piccola Yaris e via verso il Peloponneso. Un paio di ore al volante e l’intelligenza artificiale si palesa sul monitor: “Vuoi una pausa? Un caffè?”. Non ci opponiamo, facciamo il pieno di benzina alla macchina e di caffeina a noi. Passato l’ultimo dei tanti caselli continuiamo ignorando la svolta per Leonidio, altra mecca dell’arrampicata Greca, e dopo circa 4 ore al volante giungiamo al “Colle della Nasca”, così battezzato da Simone. Da qui lo sguardo si butta nel mare infinito ma viene subito rapito dalle pareti sopra di noi. Tiro il freno a mano, scendiamo, naso all’insù a caccia di linee e fix che non tardiamo a scovare, un cartello ci spiega essere la falesia di Psilovrachos. Gli ultimi km a passo d’uomo ci permettono di godere di un tramonto eccezionale e di sfamare gli occhi stanchi con falesie donate agli uomini da qualche divinità ellenica. Kyparissi ci accoglie con le sue basse casette bianche, tanti fiori e piccoli vicoli che ci conducono direttamente al porticciolo. Al bellissimo bar sul mare, una Mhytos (come altro potrebbe chiamarsi una birra greca?) placa la tensione del viaggio e ci permette di fare due chiacchiere con i locali e trovare facilmente un alloggio.

Insalatona con feta, zucchine fritte, la classica torta di mele e cannella, e buona notte.

Il borgo è un’oasi di pace e la mattina ancor di più. Maristela ci prepara un buon caffè, accompagnato sempre da acqua con ghiaccio e un buon biscottino con semi di sesamo, e lo yogurt con miele più buono, nonché abbondante, che abbia mai provato. Scambiamo due battute con lei in inglese, imparando la prima parola: “ευχαριστώ (efcharistó)”, che significa “grazie”. Ci spiega che qui vivono circa 200 abitanti e da metà settembre il turismo si riduce a pochi pensionati e qualche incallito scalatore come noi. Prendiamo qualche banana e un dolcetto al negozio, piccolo ma con tutto l’essenziale, tranne una cosa… Esploriamo tutti i B&B finché non la troviamo: “Climbing guidebook. Leonidio, Kyparissi and more”. Ora abbiamo tutto e le 11.30 sembrano un buon orario per avviarsi. Qualche minuto di strada e parcheggiamo. Il sole non ci dà tregua lungo i 45 minuti di avvicinamento nella bassa macchia mediterranea. La mulattiera sale dolce e ad ogni tornante ci lascia intravedere il nostro obiettivo del viaggio. Ultima svolta e il settore di Babala ci accoglie con un muro strapiombante dai mille colori, costellato di canne di ogni forma e dimensione.

“Guarda lì!” “Hai visto là?”. Come bambini a Natale non tratteniamo le parole e lasciamo che gli indici e gli occhi corrano su e giù in questa opera d’arte di Madre Natura o, visto dove siamo, di Demetra. Sfogliamo bramosi la guida, forse troppo visto che mi casca e strappo la prima pagina nominando tutti gli dei dell’Olimpo, nell’attesa di riportare la temperatura corporea ad un valore umano e di asciugare il sudore.

Imbrago, scarpette, magnesite, un bel nodo e via! Basta poco perché il sogno di cavalcare eleganti e leggeri queste linee svanisca: fa caldissimo, la roccia è davvero abrasiva e fisicamente mi sento distrutto.

Scendo con il cuore a mille e finalmente mi guardo attorno. Un mare stupendo si espande all’infinito, puntellato da qualche isola, ed i tetti di Kyparissi ci guardano curiosi. Scendiamo al tramonto in un mix di felicità, delusione, stanchezza e fame dopo soli tre tiri.

Non resistiamo ad una birra per reintegrare i sali persi ed attendere l’ora di cena. Tre frazioni compongono il paese e fuori stagione sono aperti solo un paio di ristoranti, un bar, due alimentari e un piccolo panificio. Non ci sono farmacie o benzinai ma, in compenso, c’è una spiaggia magnifica e tutta libera.

Quanto invidio Simone e il suo sonno profondo mentre con i primi raggi del sole lascio correre le dita sulla tastiera, prima di consumarle al pomeriggio sulla roccia. Non abbiamo fretta, dobbiamo aspettare le 11 perché la falesia vada in ombra e così ci godiamo la colazione a base di “bougatsa”, un fagottino di pasta fillo ripieno con crema pasticcera o formaggio. La giusta carica per i 300m di dislivello per arrivare in falesia, un bel risveglio muscolare che speriamo possa farci perdere anche qualche chilo. Passiamo ben 4 giornate a Babala esplorandola in ogni suo angolo. Dal 2011 ad oggi sono stati chiodati oltre 100 tiri sia da scalatori locali sia da tedeschi e francesi che, come noi, sono stati rapiti da tanta bellezza e roccia di qualità incredibile. La scalata richiede forza, resistenza e tanta inventiva per districarsi tra le canne strapiombanti; non a caso è utile, a volte indispensabile, avere le ginocchiere, più note come “kneepad”. Sembra un paradiso, no? Sì, per gli amanti dei viaggi su tiri lunghi, dai 25 ai 70m!, e con un buon livello. Parlando di gradi ci sono pochissimi tiri facili, una manciata di 7B e la maggior parte sono oltre l’8A, con numerosi progetti estremi.

A pag 411 una foto mi cattura, non solo per la bionda scalatrice ma per la linea incredibile. Non resisto e mi armo di rinvii e magnesite per provare i 30m di “Leodokardos”, ovviamente senza successo, come se il potente Zeus mi colpisse ogni tanto con lampi improvvisi facendomi volare. “Solo 7C+”, ma ormai siamo consci che nella vecchia edizione era magicamente 8A, un giochino che scatena le ire di Simone.

Per dare tregua alle gambe e alle braccia, passiamo due giorni a Watermill, falesia vicinissima al paese, con breve accesso ed in ombra dal primo pomeriggio. Qui finalmente incontriamo altri scalatori, attirati dalla buona varietà di gradi, dal 5A al 8B, dalla bella roccia e da inclinazioni più “mansuete”. Ci togliamo qualche soddisfazione chiudendo un paio di 7C; motivo in più per concederci un tuffo al mare, non oltre i 5 minuti, e un meritato aperitivo.

Playground e Kastraki sono altri due settori comodi e con numerosi tiri di V e VI che completano l’area di Kyparissi.

Il caldo anomalo ci costringe un giorno a spostarci verso Leonidio, che dista circa 1 ora e mezza, per visitare una falesia vicino al bellissimo abitato di Kosmas, dove un caffè è d’obbligo. Nifada è un bellissimo muro policromo, sempre a canne strapiombanti, che, posto a 800m sul mare, permette di godere della brezza della valle e dell’ombra fino al tardo pomeriggio. Rispetto a Babala ci sembra di essere davvero in vacanza; per le linee giocose, i gradi meno stretti e la compagnia di numerosi scalatori da tutta Europa. Con i bicipiti doloranti non resta che concludere la giornata visitando il monastero ortodosso di Elona e, ovviamente, l’adiacente falesia.

Niente tastiera la mattina seguente ma parto all’alba nella pineta lungo la costa che, in meno di un’ora, mi conduce alla Chiesa di San Giorgio con il piccolo porticciolo dove sono ormeggiate due lussuose barche. Lascio che l’odore di salsedine, il cielo arancione e il canto dei gabbiani mi stuzzichino tutti i sensi per qualche istante.

Siamo qui da soli 8 giorni ma ci sentiamo già a casa, ma oggi è l’ultimo giorno: ultima colazione in terrazza, ultimo caffè da Maristela e ultime fatiche per la schiena e le braccia. A cena, mentre io mi gusto melanzane ripiene e Simo un “leggero” Pastitsio, tiriamo le somme della vacanza. Lui, che di pareti e montagne ne ha viste parecchie, afferma: “Sicuramente tra le 10 falesie più belle del mondo!” e, seppur con la mia minor esperienza, non posso dargli torto! Forse a ottobre avremmo scalato più al fresco, forse avremmo dovuto allenarci di più, forse qualche zucchina fritta in meno avrebbe aiutato; ma, alla fine, dei tiri e dei gradi raggiunti poco ci importa.

Articolo precedente
Articolo successivo

Related Articles

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Rimani connesso con noi

28,000FansMi piace
48,959FollowerSegui
8,460IscrittiIscriviti

Categorie

Ultime News