Quando Tatiana mi raggiunse al quarto mese di gravidanza alla fine di una cascata di ghiaccio molto, molto ansimante, con qualche accenno al fatto che certi sforzi potevano mettere a rischio la gravidanza, capii che era il momento di darmi completamente alla roccia.
Con il grande Gipeto era pianificato un viaggio in Sardegna, con la solita puntatina in grotta, Su Palu o Su Bentu e, udite udite, l’assalto all’Aguglia.
L’Aguglia, il più bel missile del mediterraneo. La via di Manolo e Gogna. La normale più difficile d’Italia.
C’era da non dormire.
Arrivammo con gommone alla spiaggia io, il Gipeto, e la moglie con pancione ormai visibile.
Attaccammo baldanzosi molto presto, fregando almeno 4 cordate. Fagocitai senza problemi il primo tiro, poi il Gipeto il secondo, poi attaccai fiero ed aggressivo il famigerato camino di 5c o qualcosa del genere. Io avevo da poco chiuso il mio primo 6b a vista, ero certo che me lo sarei mangiato.
Due ore dopo eravamo ancora lì. Con quattro cordate davanti.
Davanti nel senso che ci avevano gentilmente chiesto di passare, e ovviamente non avevamo potuto esimerci dal dire di sì. Una di esse, per dir la verità, era già in doppia…io e il Gipeto ci eravamo dati più volte il cambio, ma niente da fare. Fu il Gipeto, alla fine, a farcela, con poderoso e leggendario allungo. Lo raggiunsi a fatica alla base del tiro chiave, 6b+ di fessura, e gli chiesi, vai ancora avanti tu.
Azzerando ogni chiodo il Gipeto ce la fece, ma quando lo raggiunsi in sosta sembrava più che altro un fagiano in periodo cacciagione. Flebilmente mi disse, non ce la faccio più.
Era il mio momento…d’altronde, eravamo ormai soli ( le 4 cordate erano già giù da un po’ a mangiare…), mia moglie lottava in spiaggia col gommone che se la stava filando in mare aperto, e tutto insomma contribuiva a creare un’atmosfera da leggenda. Davanti, un traversino, e la famosa fessura ad y, di 6a+. Un famoso scrittore italiano che giochicchia con sostantivi e avverbi potrebbe prefarci un dieci righe da gran pathos, e a dir la verità ne sarei tentato anch’io, ma la realtà dura e cruda è che eravamo in ballo da un incalcolabile numero di ore, sotto la spiaggia era già andata in ombra e insomma più che da prosare c’era da darci dentro.
Fu un grande, grande momento. Un solo resting, e Gipeto esaltato ad incitarmi. Il tiro finiva pochi metri sotto la cima, con un passo di terzo grado che feci a fatica. Sicuramente fra le più lente ripetizioni della storia, oltre cinque ore. In cima, dissi che non avrei smesso, come avevo dichiarato l’anno prima ( se salgo l’aguglia, smetto). Vero che le Torri di Trango sembravano un tantino sopra il mio livello, ma in mezzo c’erano un po’ di obiettivi. Jeff Lowe aveva appena dichiarato che i tempi erano cambiati e che ora per l’alpinismo di alto livello bisognava fare il 7b in falesia, ero mica poi tanto lontano (…). Anche se un tipo romano alto e magro che lavorava al reparto alpinismo del Longoni di Cinisello, Roberto Alloi, mi aveva detto, se ti alleni due volte la settimana e non fai il 7b, è meglio che smetti, il che mi aveva incuneato il dubbio che non fossi portatissimo.
Vero è che mi allenavo anche 5 volte alla settimana ma scalavo su roccia meno di 4 volte al mese. Era forse lì il problema?
La vera svolta avvenne all’ottavo mese di gravidanza (non mio), quando in dolomiti si vagava alla ricerca di falesie con albero o anello alla base per farmi assicurare, oltre ad una via con socio improvvisatissimo e chiamata all’elicottero sfiorato (non so fare le doppie, disse il tipo in cima. Beh, metti l’otto e poi…cos’è l’otto? Ma cos’hai per scendere? Ho due ghiere e dei cordini. E che ci facciamo, un primo?). Capitammo a Pian Schiavaneis, dove sulla sinistra c’era un 6b con anello alla base. Tatiana e la sua mongolfiera naturale in vita si apprestava ad assicurarmi con un mezzo barcaiolo quando un tipo stra-muscoloso si avvicinò e senza mezzi termini disse, faccio io. Accanto un tipetto magro con la coda che scrollava la testa dicendomi, ma se cadi come fa a fermarti con quella pancia? Le vuoi male? (molti molti anni dopo avrei scoperto che a sto magretto supertenente piaceva molto fare il professore…). Avevano la faccia del già visto, ma comunque. Fatto sta che feci ‘sto 6b arrivando anche con una certa scioltezza in catena, senza resting. Lui non lo sapeva, ma era di fatto il mio secondo 6b a vista…
Tornato giù, il muscoloso fece la voce baritonale e impose, fai questo 6c.
Mai fatto un 6c, replicai debolmente.
Tu il 6c lo fai, mi disse.
E mentre annaspavo scuse aggiunse, ma-tu-sei-quello-del-tendine-d’achille-e-lei-quella-che-porta-un-uomo-sulle-spalle-senza-fatica? (vedi terza puntata)
Era il Marco Vago, mentre poco più in là volteggiavano tal Pedeferri e un russo bionico di nome Serghey.
Convenevoli, e parto terrorizzato sul primo 6c della mia vita. Praticamente un esame non richiesto.
Arrivo con dito tagliato in catena due resting dopo, mi cala, e provo serenità per averci dato dentro e dimostrato al mondo che il 6c è un grado irraggiungibile ma che il mio carattere ha dimostrato forza e tenacia.
Riposati mezz’ora e riprova, mi dice il Vago, buono dentro ma piuttosto energumeno negli ordini.
La moglie ridacchiava e d’altronde con quella pancia non poteva certo mettersi in mezzo. Beh, non avevi detto che volevi migliorare? Approfittane.
Quel secondo giro fu squasso fisico, di nuovo a terra la triade ebbe compassione (il russo disse qualcosa tipo lo spezzi in due, ma forse questa è leggenda) e disse, riprova domani. Ero più di là che di qua.
Il giorno dopo lo salìì, pure mettendo i rinvii, con giochi di voce cavernicoli e strizzate di deltoidi sovrumane, ma insomma lo feci. Alla base fui inondato da riflessioni pseudo-esistenziali. Dunque il 6c è possibile, mi stimai. Dissi a Tatiana, beh, tra tre settimane nasce Yuri, dobbiamo pur portarlo all’aria aperta ogni week-end e tu devi dimagrire. Inizieremo ad andare in falesia ogni week-end e poi appena torni in forma andiamo sulle vie e ce le mangiamo.
Sulla seconda parte della frase poi ci tornerò su, ma per il resto fu proprio quello che successe. Con Yuri alla terza settimana cominciammo ad andare in falesia costantemente, con tanto di trasferte all’Elba e in Sardegna entro i 4 mesi. Fra l’altro un pomeriggio andai da solo al canyon di paderno, il primo muro sulla destra, e lasciai il pupo in passeggino con freni tirati sulla stradina a venti metri mentre salivo autoassicurato i tiri. Dopo un po’ arrivarono dei ragazzi, scalatori anche loro, che mi dissero, ma scusi, è suo il bambino lì sulla stradina, sì sì, risposi, non dissero nulla ma oggi so che qualunque cosa estrema pensassero era poco.
Comunque Yuri aveva sei mesi quando mi riuscì un 7a a vista, a Galbiate, e nove al primo 7a+, al Nibbio. Era Giugno ed in verità fu il mio primo incontro vero con il mondo del grado, questo (quasi) sconosciuto. La via si chiamava infatti Pinciroli, e io l’avevo scelta per vedere come fosse un 7b/7b+. Arrivai clamorosamente a vista in catena, e naturalmente calatomi dissi a Tatiana che mi ero sbagliato ed era 7a o appena più difficile. Si avvicinò un tipo e mi disse, così non vale.
Non vale di solito lo dicevo io a bigliardino se uno usava i ganci (lunga storia, la mia col bigliardino. Scommesse a soldi, da neo maggiorenne, per pagarmi le vacenze), per cui rimasi un pò perplesso.
Hai usato il buco, mi disse.
Alzai la testa, poi la abbassai: quale buco?
Quello là, indicò. Era un buco enorme a meno di mezzo metro da uno spit.
Beh, ma perchè non vale?
Perchè all’origine non c’era, è stato pulito per farla scalare a xxxx.
Non capivo. E scusa, provai la replica, come si fa a non usarlo?
Non lo si usa, la Pinciroli vera non ha quel buco.
Mi venne fuori la risposta di riempirlo con della carta, e Tatiana disse che intorno si era creata una strana tensione. Ma sinceramente, essendo io poveraccio principiante, penso si sia sbagliata. Comunque il buco è ancora lì e sappiate che la mano destra NON DEVE usarlo, io vi ho avvertito.
Da lì un bel po’ di vie, ma un altro anno prima del primo “vero” 7b, very worked, lo stupendo Caccia alle streghe di Jerzu (tifo da stadio di simpaticissimi sardi alla base, non mi ricordo i vostri nomi ma mi facevate un sacco di compagnia), e poi lo storico 7b di Finale, Nuovi Guerrieri, il mio secondo 7b. Aveva ragione il tipo romano, anche se la frase completa era, se ti alleni due volte alla settimana E POI scali ogni week end fai sicuro il 7b, e forse di più. Era chiaro che erano difficoltà amatoriali, ma vuoi mettere la soddisfazione? Inoltre, non vedevo l’ora di farle su una parete di roccia.
Si arrivò nei dintorni di Aprile 2002, ancora in Sardegna ( si combinava al solito una puntata in grotta con le vie) quando io e lo zar Casiraghi ci lanciammo su Angelo Blu, e due mesi dopo il trio Palma-Zar-Gipeto su Achtibahn, Ratikon. Prossima puntata, da paracadute…