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The Be, not to be,…ginner, quarta puntata

Kalahari, 1994

Una tenda della Bertoni piantata in spiazzo polveroso, un’altra di marca imprecisata a fianco. Siamo in 4, io in tenda con Grego. Pitax nell’altra con la sorella. Io, Grego e Pitax siamo reduci da circa una decina di viaggi extraeuropei, sempre in tenda e sempre alla spera in Dio, fra giungle, trafficanti che fanno da guida in centroamerica, etc etc.

Guatemala Belize F1000008

Però la tenda nel Kalahari, ecco, era un oltre. Fra parentesi fa un freddo porchissimo perchè chicazzolosapeva che nel deserto di notte fa sottozero quando di giorno ce n’è 35. Ho un sacco a pelo di mezzo cm di spessore, ricordo che in Calabria in spiaggia tremavo dal freddo. Qui congelo e io e Grego siamo schiena contro schiena.

Sento un rumore civile, mi scorgo, a venti metri di noi parcheggia un camper tedesco. Beh, non siamo soli, dico a Grego, c’è un camper. Sì, ma noi moriamo dal freddo, mi dice Grego. Sempre così, flemma inglese ma devo dire puntuale e preciso nelle disamine.

Si accende una stellata che manco nei documentari della National Geographic. Tutto è molto romantico, se non che schiena contro schiena siamo io e Grego e si trema. Pitax nell’altra tenda smoccola con la sorella as usual, però loro son di Udine e il freddo manco sanno cosa sia.

Più o meno un paio d’ore dopo parte la cosa.

La cosa è un rumore sordo, da grattugia post-industriale, dai cento decibel in su.

Eh la Madonna, urla Pitax, il cui 1,95m di altezza ha sempre avuto voce corrispondente in importanza baritonale. In Guatemala ci fu inrrattenimento leggendario con la sua interpretazone di Nessun dorma, pernso che se lo ricordino ancora.

Che xxxxx è sta roba, dice Grego, sempre flemmatico.

Boh, dico io, mentre la cosa fa il bis. E poi il tris. Mxxxx se è forte.

Praticamente assordante. Dopo una decina di esibizioni della cosa, dico, sarà il camper che ha problemi.

Beh, urla Pitax dall’altra tenda, qui si deve dormire. Vai da quel tedesco e digli che non siamo alla Bundesliga.

Pitax, apro piccola parentesi, non è mai stato uno che la manda a dire. Al Politecnico ancora se lo ricordano quando ad un Prof disse, con l’altro a fianco, con picco baritonale alla Ronnie James Dio in aula di cento persone, dica al suo assistente che i voti non si danno come alle estrazioni del lotto.

Apro la zip. Un buio che non avete idea, per forza, siamo nel Kalahari.

Stelle a miliardi. Poi, più o meno ad altezza fine tenda, l’equivalente di due noci gialle. A, diciamo, 15 metri. Ad altezza mia, che sono inginocchiato, l’equivalente di 6 noccioline gialle. Dal noceto giallo, che pare un plotone di esecuzione con un tenente carogna e soldati bassi, prorompe la cosa. Altissima. Non lievissima.

Piano pianissimo lento lentissimo richiudo la zip. Pitax sta per sbraitare qualcosa nell’altra tenda, gli affogo in gola la vocale. Zitto, è un leone, dico secco.

Pitax si è laureato nel mio periodo, due anni prima. Cento e lode pure lui. E’ un tipo sveglio. Oggi fa ancora ricerca, per l’industria. Mai avuto bisogno di ragionare due volte, sulle cose. Da quel secondo lì, non lo si udirà mai più fino alla mattina dopo. Nessuna stringa di news dalla sorella.

Grego, invece, lascia sfilare cinque secondi. Poi, molto molto basso di voce, mormora: come, un leone….

Più basso di Geoff Tate quando ci si metteva, dico: una leonessa, penso, e dei leoncini. Leoncini mi viene fuori molto dolce, da Geo in Geo di qualche lustro dopo. Ma Grego non apprezza.

Un leone? Confonde il genere sessuale. Come un leone.

La cosa conferma, sui 110db

Una leonessa, puntualizzo.

Grego, con una voce che definire flebile appena chiarisce il senso, mi fa: porca xxxxxxx xxxxx un leone. Ma che…

Zitto, dico io. C’è uno steccato, mi pare, fra noi e lei.

Ma che…xxxxx, sono andato a pisciare prima, che xxxxx vuoi che faccia ad un leone uno steccato che ho scavalcato per andare a pisciare nell’erba.

Inecceppibile considerazione.

La macchina dove l’hai messa? Destra o sinistra?

L’ho detto molto sottovoce, tantissimo sottovoce, perchè ho paurissima, ma sento come un commento pulviscolare dall’altra tenda, del tipo, non dciamo cazzate. In effetti, pur essendoci felini più rapidi, tre secondi dopo le sinapsi hanno calcolato che nel tempo in cui in 4 usciamo dalle due tende, percorriamo metri pochi a piacere, apriamo le portiere ci mettiamo denro, etc etc, la leonessa ne ha minimo spolpati due. Non ce l’avrebbe fatta neppure Trinità.

La consapevolezza che siamo degli idioti si leva inarrestabile nell’aria, un’alba. Una rapida stima trigonometrica mi dice anche che avendo visto le due noci gialle molto alte da supino, una leonessa è ENORMEMENTE più grossa del previsto (allora non c’era wikipedia, non fate i soloni). La quale erutta ruggiti da far impallidire gli slayer e che confermano, peraltro, che il ruggito del leone non è mai stato mixato onestamente (avrebbe cancellato ogni altro suono in qualunque documentario o film).

La notte si fa lunga, lunghissima,. Si fa strada il peggio dell’animo umano, tipo dovrebbe sbranare o Pitax che ha più carne o la sorella che è preda debole, se poi stordisco Grego io ne sono sicuro fuori. Grego intuisce e non mi dà più la schiena. Il terrore spalanca catini di verbi e sostantivi che non potranno neppure essere sussurrati ma io qui vi dico senza ombra di smentita che in 4 non conoscemmo sonno neppure per secondi. Altra considerazione, 4 laureati, pure bene, non garantiscono una decisione intelligente.

Forse stavo pensando a quello, alla poltrona di Cala Gonone, 5 anni dopo. Sono sul primo tiro della Mariacher, assicurato dal Gipeto. Ponte del 25 Aprile. La notte della leonessa passò senza un secondo di sonno, è ovvio. Ogni volta che ruggiva, Dio mi è testimone, il sangue si gelava che soltanto un’altra volta avvenne così, e ve la racconterò. La dolcissima famgilia felina se ne andò veso l’alba, poi il tizio del camper ci disse che l’anno prima nello stesso posto un leone aveva sbranato direttamente dal finestrino un tipo sempre tedesco proprio dentro un camper. Beh, noi eravamo in tenda Bertoni, penso che la leonessa sia rimasta confusa, e se ne sia andata a cercar cibo da altre parti.

Comunque salto un cordino clessidra più o meno a cinque metri d’altezza, credo che la Mariacher l’abbiano fatta in centinaia e potete confermare voi. Perchè l’ho saltato? E che diamine, mi sono venuti puliti i primi 6a, mica rinvio sul 5c, sono ambizioso, io. Avanzo con piedi già in fiamme, essendo fine Aprile, e arrivo al primo spit della famosa via, che credo sia a circa dieci metri, mi confermate? Avanzo sicuro, punto al secondo.

D’un tratto succede evento curioso. Il mondo trasla.

Va in su, fondamentalmente. All’inizio piano, però in accelerazione.

Oltre un secondo dopo sono sdraiato a terra, occhi chiusi, molto freddamente penso, la schiena è rotta? Sono tranquillissimo, sto esaminando la situazione. E’ strano, nelle situazioni di rischio o pericolo sono spessissimo freddo come un ghiacciolo. Va beh, nel caso della leonessa no, non fate i precisoni. Parlavo di situazioni convenzionalmente outdoor.

Sono lì steso che il Gipeto urla Fabio Fabio, e io con gli occhi chiusi mi autoesamino la schiena.

Poi li apro, mi muovo, e dico, tranquillo Andre, la schiena pare ok.

Sono corsi almeno in dieci, forse di più. Mi portano al pronto soccorso di Nuoro, alla fine avrò un mignolo rotto. Resto della vacanza a scalare con scarpone e scarpetta. La sera in un baretto si beve birra con sardi che c’erano e uno mi fa, ti abbiamo visto dall’altra parte della poltrona e ho avuto il tempo di dire, ma quando si ferma quello?

Va così. Due mesi dopo sono a Galbiate, un 6b molto lungo, un po’ a destra dei tiri semplici dove c’è Domestik Dolomiten. E’ il mio primo 6b veramente da primo, nel senso che sono partito dicendomi, piuttosto che appendermi al rinvio mi taglio anello imbrago.

Sono circa a due terzi, e il procedere si fa serio. Il crux, si dice oggi.

Con un fiuto alpinistico-speleo che sempre mi contraddistinguerà, seguo il facile. Ai romantici ciò piacerebbe, commenterebbero: segue la logica.

In effetti…la fila di spit, più o meno a tre metri l’uno dall’altro, è perpendicolare, contro ogni logica dettata dalla roccia. Molti anni dopo, nell’aprire le vie, a volte seguirò la logica, a volte il gusto. La logica, si sa, col gusto fa spesso a pugni, e pure con l’estetica, e questo è profondissima dissertazione filosofica che però ci trascinerebbe qui in discussione con coda polemica e percaritàdivinafiniamolaqui.

Fatto sta che ad un certo punto sono a qualche metro (METRO) dalla linea degli spit, tutto a sinistra.

E’ sabato e sotto intorno al Gipeto si fa ressa. Il commento più gentile, che comunque arrivo a sentire nonostante l’hard rock sia mio pane, è madovecazzostaandandoiltuoamico?

Il Gipeto ci rimugina un po’ su, poi interpola la frase giusta, me la dice, io ci ragiono, provo l’arretramento senza successo perchè due cose sono certe in questo mondo e cioè che ci stanno fregando in politica da almeno 30 anni e che tornare indieietro in arrampicata è un casino rispetto all’andare avanti, e imposto la madre di tutti i traversi.

Ne ho fatto qualcuno, sulle celebri vie della Val di Mello, traversi descritti con aggettivi anche esoterici su guide di successo, ma il calcare è carogna di natura, nei traversi, Ahimè, contano le braccia.

Che però io ormai ho allenate, e che cacchio. Nei mesi del tendine indisponibile ho sospeso e trazionato due ore al dì, lo stesso nel periodo mignolo, e in generale mi sto allenando ogni sera almeno due ore su pannello, più circa un’ora a pausa pranzo, e tre volte alla settimana anche prima di cenare (pannello serale a pancia piena, vuoi mettere. Sull’appetito, sempre numero uno).

E’ per questo, rifletto oggi, che sono scampato a quel traverso. Le braccia hanno tenuto ai doberman (espressione coniata dal grande Brenna, ciao Cristian) che mordevano. Arrivo a circa 180 cm dallo spit, becco il rinvio mentre l’avambraccio sinistro scalpita, e con un allungo che oggi mi sarebbe improponible (ma allora facevo pure stretching, durante le tre sedute settimanali di arti marziali. Già, pure quelle…è che Tatiana era sciolta come un bambù, essendo cintura nera di arti marziali, per cui col Pitax si era deciso di provare. Conclusione: mi hanno usato due volte in esibizione pubblica a rompere le tegole con un pugno, record personale 4, strizza notevole ogni volta, applausi perfino in piazza ma a dirla tutta prova tangibile che tecnicamente ero uno zero) riesco a fargli fare clac sullo spit.

Poi, con folla in silenzio religiosissimo, nel minuto successivo allungo e accorcio, allungo e accorcio, con il palmo amorevole a cingere la corda, ma il rinvio sempre troppo lontano, Perchè xxxxx non l’hai preso, ‘sto rinvio, direte voi?

Beh, ero in croce totale manco Chechi alle Olimpiadi, ecco perchè. E soltanto molti, molti anni dopo, e da Rouhling in poi fino a Sharma e poi oggi Ceria, si è arrivati a credere che con braccia a 180° si potesse stringere qualcosa con la destra, tenere suddetta cosa, controllare con potenza red bull la sbandierata (non sono testimonial red bull, allora poi…chi l’avrebbe detto, che il mondo si sarebbe feisbukkato cellularizzato redbullettato, e che i pezzi di Ozzy Osbourne ad uno a uno sarebbero diventati colonne sonore dei film di cassetta e soprattutto che l’idolo di Pitax, ovvero Berlusconi, sul quale Pitax coniò parolacce innovative, 20 dico venti anni dopo era ancora in giro a rompere i maroni) e infine trovarsi perpendicolare o perfino al di là di essa.

Io dovevo mettere sta corda, porca miseria. Altrimenti il Gipeto mi aveva fatto notare che mi sarei schiantato male, e considerando che negli ultimi mesi fra tendine e mignolo gli ospedali li avevo già girati un po’, la cosa non mi tangeva. Poi, e che cacchio, il Gipeto proprio non aveva più fiducia, in certe mie risoluzioni. Aveva già detto, in viaggi da ritorno, che esageravo un po’, soprattutto nelle vie.

Per farla breve rinvio ( applausi e bravo bravo, giuro, da sotto entusiasmo) , e per giunta concludo felicemente il traverso, e poi mi alzo, e arrivo in catena ( applausi scroscianti e pacche sulle spalle poi alla base ), risolvendo quel 6b, quanto è vero che mi chiamo Fabio, come nessun altro prima e dopo avrebbe mai potuto concepire.

Ero commosso. Un solo resting.

Come un solo resting? Non avevi fatto capire che eri andato pulito?

Piano…piano…una volta rinviato, e assestatomi, una strizzatina al rinvio l’avevo data, giusto per solidarietà ai gears.

Sotto tutti, bravo bravo, ehi, okkio a quei traversi, eh, e nessuno si era soffermato su quel particolare.

Ma io sì, porca miseria. 6b pulito, da primo….avrebbe scoperchiato destini ed ambizioni. L’aguglia di Goloritzè!! Il pinnacolo di Maslana. Il Qualido. La Vinatzer-Messner. Trango maybe. ( maybe very underlined )

E che cacchio, dovevo allenarmi di più…stilai un programma feroce, dieci allenamenti alla settimana fra pannello e trave, introduzione della novità pan-gullich, due uscite mensili in falesia (mi pareva già tanto…), stretching intensificato, il tutto si badi bene mentre allenavo a calcio a 5 e si lottava per la serie B. Ma serviva pure quello, perchè nella parte di corsa ero semrpe davanti.

Il 6b avrebbe ceduto, lo giurai. Col Gipetto abbozzammo anche qualche cascata di ghiaccio, due settimane prima del matrimonio precipitai in Presolana e Gipeto e Tatiana (eravamo in due cordate) mi dissero, guarda che sull’altare zoppo non è bello, poi ci fiondammo in periplo mondiale con tenda fermandoci pure a Yosemite dove con costo da notte a Dubai noleggiammo tutto per fare via di dieci tiri a Toulmne meadows con mille friends all’imbrago e maivistaunaviacosìdipallasenzafessurecosì.

Il matrimonio era stato Luglio 98, Galbiate Autunno 98, cascata con moglie incinta che quasi mi perde Yuri dalla fatica a Marzo, a Pasqua ’99 io e il Gipeto siamo sotto l’Aguglia, moglie con pancia sulla riva.

Attacchiamo.

To be continued

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