Giovedì 29 gennaio. Io e Luca rientriamo a Chalten dopo la salita del Red Pillar alla Mermoz. Venerdì 30. Dopo una giornata passata a riposare la sera arrivano Silvan e Pascal con un carico incredibile di entusiasmo e motivazione. Le previsioni del tempo annunciano bel tempo per i primi 3 giorni di Febbraio e così dopo aver svuotato e ri-riempito gli zaini si riparte in 4 alla volta del Paso Superior. Destinazione: Fitz Roy parete Est, via dei Ragni.
Le domande nella testa sono tante: avrò recuperato dallo sforzo della salita precedente? Saranno sufficienti 3 giorni per questo mostro di parete? Come saranno le condizioni della via, ci saranno ancora scalette e ghiaccio a intasare le fessure? Riusciremo a muoverci veloci in parete?
Sicuramente non avrei mai pensato di tornare a Paso Superior solo 48 dopo esserne sceso, ma eccoci qui, e tutto sommato senza nemmeno troppa fatica. L’entusiasmo di Silvan e Pascal è contagioso e alla fine penso che non abbiamo nulla da perdere: l’indomani partiremo per 3 giorni in parete e le domande che frullano nella mia testa riceveranno una risposta.
Domenica 1 febbraio. Silvan risolve la terminale ed io passo al comando della cordata sulla roccia. Come un anno fa: davanti a me 150 metri di diedro solcato da fessure per lo più di mano con tratti offwidth. Sui primi 3 tiri le sensazioni sono ottime, mi sembrano molto più facili dell’anno precedente e li salgo in libera senza perdere troppo tempo ed energie…Merito dell’allenamento a Indian Creek? Molto probabile. Sicuramente mi sento fisicamente più in forma che sul Red Pillar.
Per il primo giorno di parete la nostra tattica di progressione è la seguente: io da capocordata, recuperando un saccone con la roba necessaria a me e Silvan. Silvan secondo a jumar “pulisce il tiro” e fissa una corda statica per Luca e Pascal, i quali hanno l’ingrato, ma assolutamente non secondario e fondamentale per la cordata, compito di risalire e recuperare i 2 sacconi pesanti e la portaledge.
A breve mi trovo davanti al famigerato “tiro delle scalette”, che l’anno scorso avevo trovato pieno di ghiaccio ed inscalabile in libera. Quest’anno il tiro sembra in condizioni migliori, tuttavia è comunque per lo più bagnato e verglassato. Con più fatica rispetto ai tiri primi lo supero comunque in libera e da qui un paio di altri tiri sicuramente non piacevoli in camini e fessure ghiacciate…ahhh, l’arrampicata libera in Patagonia!
Arrivo a un traverso verso sinistra che l’anno prima avevo affrontato con un pendolo (e quindi in artificiale). Stesse condizioni di bagnato/ghiacciato dell’anno precedente e mi pare che non ci sia soluzione per la libera, mi appresto quindi allo stesso pendolo. Sto per dire a Silvan di bloccare quando lui dopo vari incitamenti mi dice: “look, if you don’t even try to free climb it maybe I go down!” (se non provi almeno a farlo in libera allora io scendo!). In effetti ha ragione. Non posso mollare senza nemmeno provarci! Dopo qualche tentativo mi invento quello che ormai è un jolly ricorrente su granito: discesa in arrampicata di 10 metri e delicato traverso in spalmo (per fortuna con la protezione sopra) e questa volta “salto” scimmiesco finale ad incastrarmi nel solito camino ghiacciato da risalire…il tiro va! Grazie Silvan.
Ancora un paio di tiri facili a saltare con le scarpette tra le chiazze di ghiaccio e neve e la parete si raddrizza. Parto su terreno nuovo (che non avevamo percorso l’anno precedente). Purtroppo le condizioni della via vanno di male in peggio, sempre più bagnato e sempre più ghiaccio nelle fessure. Sono costretto all’artificiale per salire una fessura completamente fradicia, poi dalla sosta mi faccio calare e riesco a superarla in libera con la corda davanti. I due tiri successivi però purtroppo non mi lasciano nessuna chance: fessura completamente intasata di neve e ghiaccio e un terribile mix di scalette metalliche e vecchie corde fisse. Devo ricorrere all’artificiale e la mia velocità rallenta bruscamente.
Per lo meno arrivo a un buon punto per un bivacco e sono già le 18.30, quindi dopo aver aspettato che gli altri abbiano svolto il duro lavoro di tirare su i sacconi ci sistemiamo per la notte. Luca, Silvan e Pascal sulla portaledge e io sopra di loro disteso in amaca. E’ la prima volta che dormo in amaca in parete, ma non mi pare poi così male. Sciogliamo della neve, cuciniamo cena e tiriamo un attimo il fiato, facendo il punto della situazione. 500 metri fatti, un po’ più di un terzo di parete, sopra di noi altri 900 metri, che promettono, almeno per la prima parte, alte difficoltà e fessure ben ghiacciate. Ma il problema non è questo. Il problema sono le condizioni fisiche di Silvan; il quale già non si sentiva benissimo la mattina ed ora ovviamente si sente ancora peggio: brividi, ossa doloranti, debolezza e stanchezza generale. La notte non fa che peggiorare le sue condizioni e la mattina ci aspetta una decisione difficile.
Quando sei nel bel mezzo di un rally, dove sai che per vincere devi andare a tutto gas e buchi una ruota, capisci subito che le tue chances si abbassano drasticamente, se non si azzerano. La nostra macchina verticale ha una ruota bucata e non possiamo ripararla, che fare? Il tempo è bello, ma dividere definitivamente in due la cordata, facendo scendere Silvan e Pascal non è un’opzione su una parete del genere in Patagonia. Arriviamo a una soluzione/compromesso che per lo meno ci permetterà di sfruttare la giornata di bel tempo: io, Luchino e Pascal proseguiamo in perlustrazione sui tiri successivi e Silvan riposa nella portaledge, dove noi faremo rientro in serata per un secondo bivacco e quindi ridiscendere alla base il giorno successivo.
Il secondo giorno la nostra cordata cambia: Luchino apre le danze da primo, io sono secondo e Pascal risale terzo. Le difficoltà non calano e le condizioni della parete ovviamente non migliorano, ma riusciamo comunque a proseguire per 250 metri e vedere cosa ci aspetta successivamente. A Luca questa volta il duro compito di lottare con neve e ghiaccio, corde e scalette! E io scopro che alla fine salire da secondo di cordata a jumar non è poi così male e mi riprendo un po’ dalle fatiche del giorno precedente. Pascal anche tira un po’ il fiato, senza dover tirare nessun saccone e fa un ottimo lavoro di reportage foto e video.
Torniamo la sera alla portaledge dove abbiamo lasciato Silvan. Le sue condizioni non sono migliorate e si sente sempre molto male (d’altronde come potevano migliorare!?!). Passata una seconda e tutto sommato comoda, notte appesa, il terzo giorno smontiamo il campo e scendiamo.
Durante la discesa riusciamo a tagliare diverse corde e scalette che intralciavano la progressione e notiamo che intanto in questi 3 giorni di bel tempo la parete si è già pulita parecchio e alcuni punti che prima erano bagnati o ghiacciati ora sono asciutti!
Facciamo rientro a Passo Superior, dove in nottata ci raggiunge anche Luca Gianola, il quale purtroppo era arrivato a Chalten con due giorni di ritardo per unirsi al nostro gruppo.
Il primo round è andato così. Come sempre così tante cose devo combaciare allo stesso momento per raggiungere il successo. Stiamo imparando a conoscere sempre di più questa parete e personalmente non vedo l’ora di rimetterci le mani sopra.
Dobbiamo sperare solo in una cosa: che non faccia troppe precipitazioni e che le fessure non si intasino ancora di neve e ghiaccio. La differenza in termini di velocità e divertimento è abissale.
Come dice l’amico Dade: “Aaaaaaaaaalè!”
Tutte le foto (a parte la prima) by Pascal Fouquet