Spigolo Nord del Kaga Tondo |
Adriano Selva, una solitaria e molte riflessioni tra gli spazi del cielo e il profilo di roccia di un sogno africano… |
Africa… ho sempre sentito parlare di questo continente dai documentari o dai racconti di amici, ma questa volta il viaggio lo vivrò in prima persona. La cosa che più mi emoziona è conoscere nuova gente, confrontarmi con nuove culture, vedere animali del posto nel loro abitat naturale, e poi, arrampicare su queste pareti, nominate Mani di Fatma che tanto mi avevano colpito leggendo l’articolo su ALP scritto da Paul Piana e Tod Skinner dopo la loro via aperta su una di queste pareti.Il team è composto da Marco, Simone, Giovanni, Cece e da Me. Qui conosciamo Salvador, spagnolo, che 24 anni fa si innamorò del posto e sposò una donna della zona. Lui vive qui 6 mesi all’anno, guida alpina e alpinista tutt’ora, ci racconta delle sue avventure su queste pareti, che conosce come le sue tasche. Ma c’è ne una che lo colpisce di più delle altre: lo spigolo nord del Kaga Tondo. Quando vedo la parete, noto subito il profilo destro, che si slancia al cielo con tutta la sua bellezza, e forse complici anche i racconti di Salvador, me ne innamoro subito e decido di salirlo da solo.Il momento giusto arriva verso la fine del nostro viaggio… la mattina espongo agli altri la mia intenzione, loro mi appoggiano anche se sui loro volti vedo un po’ di preoccupazione. Con Salvador “binocolo” la parete: lui la conosce bene e vuole darmi delle dritte sulla via. M’incammino verso il Kaga Tondo. Nel tragitto i pensieri mi rimbombano nella testa: “E se mi scivola un piede? Se mi si rompe una presa? Starò facendo la cosa giusta? posso ancora tornare in dietro…” Ma senza accorgermi arrivo all’attacco dello spigolo… Ora la testa è libera da ogni pensiero, la concentrazione sale e prende il sopravvento. Mi rifugio all’ombra. Bevo un sorso d’acqua, m’infilo le scarpette e inizio la mia arrampicata.Nella prima parte trovo dei blocchi che mi portano a dei diedri stupendi poi spostandomi sulla destra salgo sul filo del pilastro, l’arrampicata è di soddisfazione con dei muri eleganti e tettini che da lontano sembrano impossibili ma una volta vicino, si trova sempre il passaggio per superarli. Arrivo ad una cengia e prima di infilarmi per i diedri della seconda parte mi siedo. Sfilo le scarpette e bevo un fiato d’acqua. Guardo l’ orizzonte godendomi il momento, sento che tutte le indecisioni di prima ora si sono trasformate in carica emotiva…. ora devo superare il passaggio più difficile. Parto, il corpo si muove come se conoscesse i passaggi, supero la placca e mi infilo nella fessura. Qualche facile passaggio e sono sulla cima del Kaga Tondo. Mi rilasso rinfrescandomi la testa con dell’ acqua fresca. Tolgo lo zaino, dove ho le corde per fare le doppie sull’altro versante. Mi siedo un attimo, guardando gli uccelli che giocano tra di loro con dei voli molto spettacolari, mi immergo ancora nei pensieri….. In queste 3 ore sembra che il tempo si sia fermato, invece lui corre inesorabile,come nella nostra società dove si fa ogni cosa velocemente quasi per sfuggire da qualcosa, lasciando sfumare le cose più belle che si possono apprezzare veramente solo con tranquillità e serenità. Me ne rendo conto ancor di più adesso vivendo a stretto contatto con questa gente. Così povera che non ha neanche l’acqua da bere e abiti da indossare, ma è sempre serena e con una profonda voglia di vivere. Adriano Selva |