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Slovenia tra lavoro e arrampicata

di Stefano Carnati

La valigia e lo zaino sono pronti per una nuova destinazione. Non una meta per un viaggio relativo all’arrampicata, ma per un soggiorno-studio previsto nella programmazione del mio secondo anno di dottorato. La sede scelta è l’Università di Lubiana (Slovenia), dove mi attendono ricerche nel campo della chimica dell’ambiente. L’esperienza da climber, ancora prima della partenza, mi ricorda che la Slovenia è terra di importanti falesie ed è vicina all’area croato – triestina, altrettanto ricca di luoghi dove praticare il nostro sport. Così, ai vestiti ed ai libri si aggiunge l’intero corredo indispensabile per scalare in falesia e su blocchi.

Lubiana, splendida e ben organizzata cittadina, così come la sua Università, mi accoglie in una giornata novembrina di leggero sole e clima quasi primaverile. Giusto il tempo di scaricare le valigie e già scorro la mappa cittadina alla ricerca di palestre di arrampicata indoor. Scopro che la più importante si trova a meno di cinque minuti dalla mia abitazione. Sembra un buon segnale per iniziare questa nuova avventura!

Desideroso di conoscere non solo l’ambiente di lavoro, che da subito si rivela stimolante ed accogliente, ed i nuovi colleghi, tutti molto disponibili, inizio la mia permanenza con un primo viaggio verso il sud-est del paese, alla ricerca di un’area boulder dove poter trovare qualche interessante passaggio praticabile anche da solo. Scopro Golobove pecine, un piccolo canyon vicino alla falesia chiamata Sopota, meta di recente interesse e che mi ero prefissato di visitare nella lista stilata prima di partire. Sarà uno dei tanti spostamenti all’interno della Slovenia, paese che fin da subito scopro ricco di falesie poste tra dolci e ben curate colline, prati coltivati ed una miriade di piccoli fiumi e laghi.

Da Lubiana si raggiunge il confine triestino con una sola ora di macchina. Così entro presto in contatto con i climbers locali e, grazie alla loro accoglienza, la mia attività sportiva inizia ad espandersi e a moltiplicarsi. Passo giornate piene ed intense con Gabriele, Luca, Nicholas, Guido, Lucija, Martina, Giulio e tanti altri falesisti di passaggio. Tutti sono disponibili a farmi conoscere i loro “luoghi del cuore”, le falesie scoperte e chiodate con grande passione, così come le vie realizzate. Nel primo fine settimana la destinazione è Kompanj, falesia croata dove torno con estremo piacere dopo più di 10 anni dalla mia prima visita. Successivamente mi fanno scoprire la bellissima Medveja e le sue spettacolari pareti con vista sul mare istriano, così come Pandora, un fantastico anfiteatro entro cui scorre un fiume, le cui acque formano una caratteristica cascata. A queste ormai famose falesie se ne aggiungono molte altre che, seppur più piccole, offrono singolari linee su calcare di ottima qualità.

Via via cresce il numero delle falesie frequentate, così come il mio entusiasmo, e la lista dei tiri che, di weekend in weekend, realizzo, grazie anche ad un allenamento costante nelle ben strutturate palestre slovene. Qui conosco alcuni arrampicatori locali su cui posso contare per scoprire molto altro della Slovenia.

Nonostante la stagione invernale sia decisamente umida e piovosa, riesco a frequentare spesso la falesia di Misja Pec, dove, salito in tempi brevi tutte e tre le vie di 9a qui presenti (rispettivamente, “Sanjski par extension”, “Xaxid Hostel” e “Martin Krpan”), decido che posso osare su “Vicious Circle”, la via più dura della Slovenia, gradata 9a+/b, a firma di Adam Ondra, ancora irripetuta.

Dopo un periodo di tentativi, in una giornata particolarmente uggiosa, mi ritrovo, bagnato da una colata di acqua, con la catena rinviata. È grande la mia emozione, ma l’entusiasmo dei numerosi arrampicatori presenti e dei miei amici è ben maggiore!

Le visite a Misja Pec sono alternate da un paio di viaggi in solitaria verso l’area boulder di Maltatal, una vallata austriaca nota per i suoi storici blocchi. Qui ripeto “The power of goodbye” (8B) e “Bügeleisen” (8B+), due famose linee entrambe ad opera di Klem Loskot.

L’inverno passa velocemente. All’arrivo della nuova stagione i miei spostamenti nei weekend hanno come destinazione alcune falesie slovene poste nella zona più ad est del paese. Arrampico, per esempio, nella piccola grotta di Kotečnik, un’area molto frequentata, dove un calcare bianco ben lavorato permette una scalata tra tacche e buchi su vie brevi ed intense. Visito con piacere anche Čreta e Ter, divertendomi su bei tiri lunghi, lasciando incompiuto qualche interessante progetto, che sarà certamente un buon motivo di ritorno in queste amene vallate.

Brevi periodi di clima caldo ed asciutto rendono possibile una veloce frequentazione del Baratro, luogo storico per i triestini, e della imponente grotta di Osp. Mi diverto così su lunghe e faticose vie a canne, come “Halupca 1979” e “Vodni svet (Water world)”, entrambe di 9a.

Il mio periodo di scalata in terra slovena si conclude là dove aveva avuto inizio: la valle di Golobove pecine e la vicina grotta di Sopota. Salgo “In time” (8c+/9a) e “Peščena ura” (9a), linee che condividono la parte finale e che si distinguono per le distinte partenze di blocco: nella prima un lungo lancio a due mani, mentre nella seconda un salto sempre a due mani che richiede un’ottima coordinazione. Queste realizzazioni sono possibili grazie anche al supporto dei climbers locali Jernej Kruder e Jakob Bizjak, con i quali concludo le indimenticabili giornate, festeggiando con una buona birra locale.

È solo al rientro in Italia che, dopo aver passato qualche ora a riportare sul mio quadernetto l’elenco di tutte le vie salite, mi rendo conto di quanto sia stato produttivo e stimolante questo mio periodo all’estero. La stessa sensazione la rivivo il lunedì mattina quando in Università a Como, seduto alla mia scrivania, riguardo tutti i dati raccolti ed i molti lavori effettuati in collaborazione con i miei colleghi sloveni.

È stata un’esperienza intensa sotto tutti i punti di vista, spesso anche dura e mai scontata: innegabilmente un grande investimento in termini di energie e risorse. Le ansie di lasciare per un periodo la propria familiarità, così come la sicurezza dei propri luoghi di lavoro, oltre che le ottime compagnie dei momenti di sport e svago, sono svanite velocemente grazie ai nuovi stimoli derivati dalla curiosità e dal desiderio di conoscere altre realtà. Tutto questo non sarebbe stato realizzabile senza la cordialità di chi mi ha saputo accogliere, offrendomi buone opportunità professionali e non solo. A tutti loro vanno i miei più sinceri ringraziamenti.

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