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Benchè la sua gigantesca mole mi si presentasse davanti ogni qualvolta mi affacciassi alla finestra di casa, non gli avevo mai dato una particolare attenzione. Solo dopo aver frequentato per sbaglio un corso di arrampicata, qualche anno dopo, iniziai a intravedere ciò che realmente si celava dietro quell’imponente quanto enigmatica parete calcarea. La prima volta che ci andai ne rimasi entusiasta, fino ad allora avevo scalato per lo più da secondo di cordata su vie classiche in Grignetta e Medale, lassù era tutto amplificato, lo si capiva già dall’avvicinamento, 2 ore di salita a volte sconcertante, ma poi tutto veniva ripagato da quell’ambiente straordinario. Il panorama sul lago, su Mandello e sulle Grigne, il vuoto e il brivido di arrampicare su quella roccia perfetta, e poi il silenzio, quello a cui non siamo più abituati. Tornai a breve per ripetere le vie più moderne e riassaporare quelle emozioni che ti lasciano una giornata al Sasso Cavallo.
Non conoscevo il Det di persona conoscevo il “personaggio”, sapevo quello che aveva fatto e che tipo era, l’avevo intravisto a qualche serata, ma di lui mi intrigava soprattutto la sua via al Cavallo. Quante volte tra i vari discorsi si finiva poi col parlare di quella via, della possibilità di poterla salire in arrampicata libera, degli strapiombi che superava, della chiodatura precaria e della roccia in alcuni tratti poco solida?
Con altri si cercava di dare un’immagine concreta a un qualcosa che rimaneva avvolto da un’alone di mistero; si cercavano di incastrare, come in un puzzle, le informazioni più disparate, gli aneddoti più strani, il “sentito dire” e ogni volta si finiva con più incognite e dubbi di prima. Pur avendo cercato spesso in questi anni qualcuno che fosse interessato a questa intrigante avventura, e benchè fosse desiderata da tanti, non sono mai riuscito a mettere insieme niente di concreto. Ho conosciuto Matteo Piccardi (il pota) quest’estate a un matrimonio, quel giorno a conferma di come le piccole cose possono cambiare il corso degli eventi e di quanto a volte il destino sia proprio “crudele”, abbiamo inconsapevolmente dato vita a quello che lui avrebbe successivamente battezzato TEAM BOLLICINE.
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“Ho saputo che ti piacerebbe provare la VIA DEL DET al Cavallo, se vuoi possiamo andare insieme?”. Ero sempre stato io a proporre la cosa, adesso che mi si presentava l’occasione, come avrei potuto dire di no! All’inizio ci interessava iniziare il lavoro di sistemazione della via lasciando traccia del nostro passaggio, prima che altri potessero infrangere il nostro sogno e prima della stagione invernale, che ci avrebbe obbligatoriamente fermati. Siamo saliti in parete 5 volte nel giro di pochi giorni, galvanizzati dalla salita e dalla magia della VIA DEL DET. In alcuni tratti non è stato facile nemmeno capire dove salisse la via, il lavoro sembrava avanzare in modo lento, ma inesorabilmente dietro di noi prendeva forma una linea stupenda da scalare in libera. Pur mantenendo una chiodatura tradizionale, quindi senza l’aggiunta di spit, abbiamo sistemato al meglio le soste e i punti di protezione lungo i tiri, ripulendo poi la roccia, in brevi tratti instabile, anche da un po’ di vegetazione alla ricerca degli appigli migliori.
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Photos by Riky Felderer
L’obbiettivo era quello di salire entrambi questa mitica linea in arrampicata libera.
Il giorno prescelto per il “tentativo buono” ci vede operativi in parete alle prime luci dell’alba, solo metà via è “sistemata” e conosciuta, sappiamo che sopra al punto più alto finora raggiunto ci attende ancora un tiro di artificiale in forte strapiombo, ma la convinzione di riuscita è ugualmente alta. La temperatura è ideale per scalare, alternandoci sui tiri saliamo veloci, il divertimento e le sensazioni di quei momenti sono impagabili, ci godiamo al massimo la scalata e in meno di 4 ore siamo al punto più alto finora raggiunto. Dopo una breve pausa, un facile ma esposto traverso su gocce taglienti, ci conduce sotto l’imponente terzo strapiombo. Iniziamo a provare il tiro non senza incognite, cercando di scovare quegli appigli che a volte sembrano non esserci, che ci permettano di passare in libera anche quest’ultimo tratto, sicuramente il più difficile. Trovate le sequenze e sistemata la chiodatura, sappiamo di avere un solo tentativo a testa, il tempo è corso inesorabilmente più avanti di quanto pensassimo, non possiamo sbagliare se vogliamo arrivare in cima prima del buio. Ripercorriamo quell’infinita successione di movimenti senza esitazione, supportandoci a vicenda, affinchè il gioco continui senza pagare pegno. Ci aspettano ora 4/5 tiri non difficili, sulla carta, ma un po’ da ricercare, visto che in questo tratto la via gira parecchio e così quando usciamo sul prato sommitale, il sole è già tramontato. Non facciamo altro che dividerci sommariamente il materiale, infilarci le nostre luci frontali e imboccare il sentiero di discesa. Di questa giornata resteranno tanti ricordi, ma resterà soprattutto impresso nelle nostre menti, quanto sia stato bello condividere e realizzare quello che per noi all’inizio era un grande sogno.
LP
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