“VIVA DULFER”: PRIMA RIPETIZIONE PER PALMA E SPREAFICO
Domenica 19 Agosto Fabio Palma e Paolo Spreafico hanno effettuato la prima ripetizione di “Viva Dulfer”, una via di 350 metri aperta da Rolando Larcher nell’anno 2000 sulla Cima Ghez in Val d’Ambiez, nel Gruppo delle Dolomiti di Brenta, con difficoltà fino al 7c+ e obbligatorio di 7b. Sentiamo da Paolo come è andato questo fine settimana molto “intenso”…
Le previsioni del tempo sono categoriche: bello stabile e zeroterma a 4500 metri, coi tempi che corrono un’occasione più unica che rara…assolutamente da sfruttare e nel migliore dei modi! Fabio, che facciamo? Le idee sono diverse, a centinaia di chilometri l’una dall’altra, ma il concetto è lo stesso: parete nord, neanche un raggio di sole ed alta quota. Scorrendo passiamo in rassegna Raetikon nord, Eiger e….Ambiez, Cima Ghez…optiamo per l’ultima…
Innanzitutto le previsioni sono assolutamente azzeccate, saliamo il sabato per “tastare” i primi tre tiri di “Viva Dulfer” e alla fine del primo “sessantone” di 7b+ mi trovo in un lago di sudore…
La perlustrazione prosegue sul secondo, stesso caldo anche se in maglietta va un po’ meglio, ma soprattutto stessa lunghezza… uno dei fatti più significativi di questa via, ben 5 lunghezze su 7 sono di 55-60 metri e per giunta con il duro sul finale, capisco subito che se l’indomani voglio scalare la via completamente in libera non saranno ammessi errori sui primi 3 tiri…una seconda chanche sarà molto improbabile nell’economia della salita…
Dopo avere dato un’occhiata al terzo tiro, che Fabio sale a vista, decidiamo di scendere e lasciare il resto al giorno dopo, sperando che la parte superiore non aggiunga ulteriore sale alla salita…;) (ovviamente non sarà così…)
Siamo di ritorno al “Cacciatore” giusto per cena e dopo aver passato mezzoretta con Andrea e Gianguido, reduci anche loro da un’intensa e “soddisfacente” giornata di arrampicata ci prepariamo per la domenica, sperando di poter recuperare le giuste energie al fine di completare il nostro progetto…
Dopo un avvicinamento di un’oretta si parte subito sul primo tiro che entra abbastanza bene anche se la roccia a tratti un po’…”difficile” e la rigidità mattutina vanno gestite con attenzione, proprio come sul secondo tiro, il cuore della Via, un diedro di 55 metri con il duro sul finale…una “dulferata” (appunto!) su fessure svase e piedi minimi…qualche ripensamento, un po’ di improvvisazione e sono in sosta…bello!!!
Capisco che il più è fatto, ma la concentrazione non può calare e infatti dopo aver salito anche il terzo tiro il 7b successivo presenta un passo assai ostico e per di più obbligato al primo spit, che riesco a superare con non poca fatica, anche perché le braccia cominciano a farsi sentire…
La parete da qui si abbatte, ma manteniamo sempre alto il livello d’attenzione, perché quando le difficoltà scendono gli spit si diradano…
Siamo in cima verso le sei di sera, sotto di noi un altro, l’ennesimo Vi(aggi)one targato Rolando Larcher, bello, impegnativo e di assoluta soddisfazione…
Per quanto mi riguarda un grosso ringraziamento a Fabio per questo Week End “en plein gaz”…
NOTA: tra gruppo di camosci e mamma orsa con piccoli, la vista della parete e della cima non è certo stata l’emozione più grande
Sono le 9 del mattino di Sabato quando parto per il primo tiro, 55 metri di 7b+ del Rolandone nazionale (Rolando Larcher ndr), e mi sono appena detto, non mi faccio fregare più: ancora memore del freddo patito su Baston La Baffe, ho una bella berretta sotto il nuovissimo casco. Difatti la roccia non è caldissima, e complice la sua fragilità non avanzo proprio con la massima velocità…sono ben attento a non farmi rimanere niente in mano, pena fine dell’avventura ancora prima di iniziarla, se cado da qua arrivo a terra da oltre dieci metri e il Paul è un po’ preoccupato.
La sua preoccupazione, da liberista stra-convinto, aumenta qualche metro dopo, quando mi vede brancolare totalmente nel buio. Andiamo bene, già non ci capisco nulla, e davanti ho un’intera parete. Dopo 15 minuti dico a Paul, ormai menefreghista per la mia pellaccia e concentratissimo sul traverso che mi ha bloccato, che vado avanti, e che non ho la più pallida idea di come si passi. Avanzo per tutto il tiro con bei run-out larcheriani e roccia sempre da fare attenzione, molta attenzione. Mani fredde, caldo fotonico addosso. Arrivo al 50esimo metro e vengo respinto, malamente, dal tetto di uscita. Il volo, che qui è sicuro (mentre nei metri precedenti non credo proprio…), mi scioglie un po’. Al terzo tentativo capisco la direzione da seguire e arrivo in sosta sudato fradicio.
Il Rolandone l’ha combinata grossa, su questa parete Voleva aprire una via facile, convinzione sostenuta da due diedri consecutivi, e forse non aveva troppe soste a disposizione…beh, i diedri si sono rivelati carognosi, e per quanto riguarda le soste…alla terza hai giù 170 metri di scalata alle spalle, per giunta la più difficile della via. Paolo lotta a suo modo sul così-detto tiro chiavo, 7c+, storia di un omaggio a Dulfer con rompicapo di piedi per molti metri. Quando parto per il terzo tiro, so giù che sarà coi pensieri al ripasso passaggi, e infatti gli dico occhio sia quando non ce n’è bisogno sia quando alcuni run-out sul non difficilissimo si fanno delicati per via della roccia.
Decidiamo di scendere anche se sono soltanto le 14.00, e Paolo studia bene il tiro chiave, il secondo. Il terzo mi è venuto a vista, ma lo avverto della fatica immane nell’arrivare in sosta con tutta la mezza corda che ti pesa nel vuoto. Il giorno dopo opterà per agganciarla, sui primi tre tiri, a due terzi di ogni tiro, recuperandola poi in qualche modo. Scaliamo la via con una singola e con la mezza che servirà per recuperare il sacco e le doppie.
Quando il secondo giorno arriviamo a fine via, Paolo lancia un urlo che terrorizza i 15 camosci che brancolano alla base, forse disgustati dal puzzo della nostra roba. E al rifugio Cacciatori ci complimentiamo a vicenda con un’altra cordata reduce da una via classica, facile ma stra-bella; cambia il grado, ma non quello che continua a cantare sotto le vene.
Prima ripetizione e Paolo tutta in libera, telefoniamo al Rolandone che è quasi più felice di noi. Per quanto si aprano queste vie non certo per la folla, in fondo sei un po’ contento se ti arriva una cordata che te le ripete entro i tre lustri successivi. Arrivo a casa alle 3 del mattino, ancora con l’adrenalina addosso, tanto è vero che mi sveglio alle 6 e mi metto le cuffiette cullandomi con gli Alter Bridge
Le cose a cui teniamo sono sempre le prime che se ne vanno, canta come Dio comanda Myles Kennedy. Sempre così, in questa vita. I’ve got to find that meaning I’ll search for so long . E’ sempre così.