Dopo un primo assaggio di Hard Grit 3 giorni a Marzo con Luca Auguadri, ritorno sempre in stile toccata a fuga nel Peak District (Inghilterra) questa volta con Matteo Piccardi.
Prima di tutto devo dire che la mia prima impressione delle falesie del Peak District è stata piuttosto deludente, le falesie sembrano più dei containers di roccia ammassati uno sopra l’altro che delle pareti vere e proprie. Non mi capacitavo di come potessero esserci tiri così famosi in posti all’apparenza così lozzi.
Scalando e toccando con mano alcuni dei più rinomati tiri Hard Grit come Gaia, Master’s edge o The End of the Affair ho iniziato a capire la scalata inglese e prendere un po’ di confidenza col posto. Ciò che rende davvero speciale il Peak non sono i tiri in sè, ma lo stile con cui vengono saliti, scalare tiri duri qui richiede anche molta concentrazione e controllo mentale.
Purtroppo lo stile di scalata non è il mio preferito, si tratta spesso di tiri molto boulderosi che richiedono forza esplosiva anche se la scalata è sempre precaria e richiede molto equilibrio e sensazione. In generale la mia impressione è sia un posto più adatto a chi piace fare highballs o free solo piuttosto che agli arrampicatori trad abituati ad usare friends e nuts. Comunque se ho deciso di ritornare nel Peak è perchè i tiri e l’arrampicata lo meritano a mio avviso!
Nella mia seconda visita sono riuscito a raggiungere un primo obiettivo: salire Master’s Edge. Questo tiro è uno spigolo alto circa 20 metri (di cui solo i primi 15 difficili) con dei buchi di mina a metà; è stato salito per la prima volta da Ron Fawcett negli anni 80 ed è un tiro storico dell’hard grit gradato E7 6c
Master’s edge
I giorni successivi abbiamo visitato la falesia di Burbage South, quindi l’ultimo giorno siamo andati a Black Rocks. Qui il mio obiettivo era ripetere la famosa Gaia: dopo averla provata anche a Marzo questa volta sono riuscito a venire a capo del boulder iniziale e salirla in libera da secondo, ma a causa del caldo non mi sono fidato ad un tentativo da primo, lo svaso finale era bollente.
A caccia di un po’ di fresco mi sono buttato quindi su un’altra linea mitica, la celebre Meshuga, un E9 aperto da Seb Grieve nel 1997. I cultori dell’hard grit ricorderanno le fase finale del video in cui Seb Grieve incita sè stesso “Come on”, “Yeah” prima della salita ed il famoso movimento di ginocchio in copertina al video appunto. Da parte mia sono riuscito a salire la via in libera da secondo al terzo tentativo; inutile dire che vorrei tornare per farla da primo, ma mi sono reso conto che ho bisogno di una maggiore preparazione per una salita del genere.
La copertina di “Hard Grit” foto da (www.slackjaw.co.uk)
Una volta rientrato a casa ho ripensato un po’ allo stile di scalata inglese e mi è venuta voglia di provare qualcosa di esso anche da noi. Ho deciso per la prima volta da quando scalo di salire un tiro free solo. Come premessa dico che scalo da quasi 15 anni e l’idea di scalare senza corda non mi ha mai attirato, anzi l’ho sempre considerata una cazzata. Ma adesso volevo provare come ci si sente a scalare un tiro impegnativo senza corda, senza la possibilità di ripensare o tornare indietro.
Sabato 7 maggio ho salito free solo Cacarolla 7b+ ad Arcegno, un tiro classico in Ticino per il suo grado. Non voglio raccontare qui le sensazione e le emozioni che si provano nella scalata in free solo, non ne sarei capace, voglio solo dire che l’ho fatto per me e per nessun altro. Non sono in cerca di complimenti o approvazione, scalare senza corda è pericoloso e chi lo fa prende una decisioni della quale deve essere consapevole.