di Giacomo Mauri
Ispirato dal racconto di Simone Porta, mio compagno di avventura sul Pizzo Badile, decido di buttare giĆ¹ qualche parola per riallineare i pensieri in questi mesi frettolosi e frenetici.
A marzo ’24 rientro dalla Patagonia, un esperienza con molto amaro in bocca: il compagno (Teo) era perfetto, il progetto ambizioso, ma la fortuna non ĆØ stata minimamente dalla nostra parte: mi chiedo perchĆØ, se ĆØ un segno del destino o chissĆ cosāaltro. Nemmeno una misera occasione per capire se cose di questo genere sono alla mia portata, se ha senso persistere in questāossessione verticale. Mi chiedo anche se ĆØ giusta la mia passione e se ĆØ giusto essere motivati solo per cose cosƬ grandi. Senza queste idee sarei cosƬ ossessionato? Lāossessione ĆØ lo strumento per arrivare a questi traguardi?Ā
La mente si confonde, e i pensieri sono quanto mai contorti. Mi rispondo che lāunica cosa ĆØ accettarsi. Ma come accettarsi senza prima ascoltarsi? Ć un eterno conflitto, che trova pace solo dopo salite per me soddisfacenti, per poi rifarsi vivo quando questa fame ritorna.
Ritorno alla vita, scornato e deluso, me ne do una colpa, ho fretta di salite che mi mettano alla prova, ho voglia di confrontarmi. La mia vita universitaria mi richiama allāordine: devo completare il mio 4 anno di studio, ho un obbiettivo ben preciso e non ho tempo da perdere. Fortunatamente in Patagonia ho avuto modo di scalare molto in falesia e la mia forma fisica non ĆØ male, decido di continuare con lāarrampicata sportiva e cercare di togliermi qualche soddisfazione. La sessione dāesame fila liscia, con qualche distrazione amorosa che mi costa qualche notte insonne, ma lāidea di avere un mese intero per scalare il piĆ¹ possibile e allenarmi in vista delle prossime spedizioni ĆØ la cosa che piĆ¹ voglio in questo momento.

In realtĆ lāestate parte davvero male con un tentativo a vuoto sulla sud della Marmolada.. parto immediatamente dopo lāultimo esame universitario e probabilmente il mio corpo ha bisogno di riposare, ma non mi ascolto. Arrivato al Falier mi gira la testa e vedo sfuocato, impreco e dentro mi sento morire per aver sprecato due giorni di bel tempo; il mio socio non sembra troppo turbato della cosa perchĆØ gli aspetta un appuntamento galante questa sera, e probabilmente se avessimo scalato non ci sarebbe andato.
Qualche giorno dopo le energie sembrano essere tornate nel mio corpicino e in giornata salgo al Picco Luigi Amedeo con lāamico Mattia per provare in libera e in giornata Elettroshock. Arrivato allāattacco ho di nuovo un fortissimo mal di testa, inizio a preoccuparmi e mi prendo unāaspirina. Sul primo tiro di 6a non percepisco il mio corpo, ma fortunatamente le 3 sditate del successivo 7b mi rimettono in carreggiata.
Dopo un primo giro di perlustrazione lā8a sembra vagamente tentabile, nonostante sia molto precario. Purtroppo il sole ĆØ al pieno delle sue forze e nonostante un discreto tentativo mi scivola un piede e decido di continuare. Cerco di scalare piĆ¹ veloce possibile e poco prima delle 14 siamo in cima per poi tornare a San Martino in fretta e furia.


Dopo altre scorribande piĆ¹ o meno interessanti in Val Masino ĆØ giunta lāora di un pĆ² di montagna. Con un amico parto per salire Manitua alle Grand Jorasses. Il primo giorno tutto ĆØ perfetto, sono felice e orgoglioso della nostra scalata, ci muoviamo veloci, a nostro agio e in sicurezza. Bivacchiamo alla base dello scudo, riparati e ben felici. Il giorno successivo i tiri corrono velocemente, conduco quasi tutte le lunghezze, una gioia incredibile muoversi su questa parete, una parentesi bellissima.
Sbuchiamo sui nevai finale e ci diamo il cambio, la qualitĆ della roccia cala, ma penso di aver trovato una linea sicura, anche se leggermente piĆ¹ difficile di quella che vuole salire il mio socio. Che perĆ² non ne vuole sapere di salire di lƬ e allora stupidamente mi faccio convincere. Nel giro di poche ore le cose non vanno come vorrei e purtroppo siamo appesi al verricello dellāelicottero.
LƬ per lƬ la mia frustrazione ĆØ alle stelle, due giornate perfette, in totale controllo si sono trasformate nella piĆ¹ grande delusione. A distanza di mesi non me ne faccio una grande colpa, ma inizialmente furono un calvario da superare.
Lāalpinismo ĆØ cosƬ, non esistono verifiche o esami, non esistono professori che ti dicono ok ora sei pronto, ogni volta ĆØ tutto da riguadagnare perchĆØ ogni volta diverso. Come capire se i propri sogni sono troppo grandi? Forse sono stupido o forse sono un illuso a sognare grandi pareti se poi non riesco ad uscire dalle Grand Jorasses in estate. Sono un eterno testardo e anche davanti allāevidenza non ho mai mollato, ma ĆØ giusta questa cosa? Sento questa forte pressione degli anni e delle responsabilitĆ che avanzano. Non ho piĆ¹ 20 anni, ok nemmeno 40, ma ĆØ giusto prendere voti bassi agli esami, essere sempre di fretta, passare 1 mese a El ChaltĆØn passando le giornate a fantasticare su salire che nemmeno si ha la possibilitĆ di tentare? āThe answer my friend.. is blowing in the windā

Dopo la batosta Jorasses reagisco con ancor piĆ¹ fame di salite cosƬ programmiamo una bella avventura di nuovo sul Monte Bianco. Con lāalpinista Francesco Ratti di Rogeno.
Lui ha una grande life balance: famiglia, lavoro e spedizioni. Abbastanza un esempio per me. Rodiamo la cordata su Ave Cesar al Petit Cloche du Portalet. Sfortunatamente non riesco a scalare in libera lāultimo tiro di 7c, e arrivato in sosta dopo un discreto tentativo a vista la mia schiena ĆØ abbastanza massacrata e decido di non riprovarlo piĆ¹.

Ritorno a casa, bevo un paio di birre con gli amici e poi ritorno di nuovo in val dāAosta. Siamo carichi e puntiamo a salire Divine Providence al Pilier dāAngle: un riferimento per la scalata in montagna, una sorta di battesimo. Lāidea sarebbe di salirla a vista, sto andando tanto in montagna, non sono particolarmente acclimatato, ma ho la giusta confidenza in ambiente, i friend sono amici, i runout mi stimolano e ho scalato moltissimo sui tiri di resistenza dunque posso giocarmela.
La salita alla fine va perfetta, lotto quanto devo e Fra ĆØ il miglior compagno che avessi potuto desiderare. Mi ĆØ capitato piĆ¹ volte di ripensare alla salita e alle parole che mi disse David Bacci sotto la Nord del Dru: bisogna crederci in montagna. Ed ĆØ cosƬ davvero, come dice Battisti ātroppo spesso la saggezza ĆØ la prudenza piĆ¹ stagnanteā. Per me questa salita ĆØ speciale e mi fa sentire speciale, grandi nomi hanno salito questa via in questo stile e hanno poi completato grandi progetti molto simili ai miei sogni, per un eterno dubbioso come me ĆØ stata una carica di autostima pazzesca.

Il giorno dopo la salita decido di andare al Pizzo Badile con Paolino e Maggioni per provare ad aprire una nuova via sulla parete Ovest, ĆØ piĆ¹ un desiderio di testare la mia resistenza fisica piuttosto che il desiderio di scalare. Ma sento questa attrazione magnetica per la montagna, che in questo mese ĆØ diventata davvero casa e non trovo molta differenza tra dormire nel mio letto o dormire sotto un sasso. Sono libero e felice, oltre che in pace con me stesso per aver concluso i miei esami universitari. E poi quale miglior occasione per festeggiare la salita al Bianco se non con le infinite risate di Paolino.
Lāidea ĆØ di salire trad, sono scettico fin da subito, ma lāidea di perseguire un ideale pulito vale sicuramente il prezzo di una rinuncia. Saliamo in primi 4 tiri, alcuni nemmeno estremamente semplici e un pĆ² bagnati. Poi cāĆØ un grosso runout sul bagnato a partire dalla sosta e non si vede la possibilitĆ di piazzare friend o chiodi. Spendo una buona ora a cercare in qualsiasi modo di proteggere la sosta, ma non ĆØ possibile. Nemmeno ho voglia di rischiare voli strani sulla sosta perchĆØ la mia necessitĆ di adrenalina ĆØ ancora appagata dal Bianco. Decido di rinunciare e allora continuiamo su Ringo Star per uscire in cima al Badile. Sono soprattuto felice per Marco, che a dicembre diventerĆ papĆ . Indossa il maglione dei ragni e mi ricorda quanto sia bello far parte del Gruppo Ragni.

A questo punto mi concedo una festa ai Resinelli con della buona musica, ma dentro di me so che cāĆØ ancora un progetto per questāestate: voglio provare il trittico di Fazzini in solitaria. A Maggio insieme a Teo riusciamo a salire Delta Minox in libera. A metĆ Giugno faccio un blitz rapido sulla Spada nella Roccia e poi faccio il giro con Mattia su Elettro. Le conosco bene e il fisico sembra perfetto. Salgo al bivacco Manzi accompagnato da Seba, caro amico, che mi terrĆ compagnia lungo lāavvicninamento.
Questāanno ĆØ la quarta volta che salgo la Val Torrone, non ĆØ mai banale, ma so come gestire i punti piĆ¹ ripidi e quelli in cui riposare. Arrivati al bivacco mangiamo, non cāĆØ magia nellāaria, cāĆØ troppa tensione ed ĆØ meglio andare a letto. Quante volte mi ĆØ successo di dormire male la notte prima di una giornata ricca di incognite, ogni tanto ĆØ bello, ma questa volta annullo i pensieri per riposare al meglio.
Saluto Seb con un dito medio, una sorta di nostro saluto bizzarro che potrebbe non piacere a tutti. Dentro di me so che non riuscirĆ² mai a fare questo giro perchĆØ non ho la forza mentale, ma dallāaltra parte so che sono progetti alla mia portata se riesco ad abituarmi a questo tipo di scalata. Ho bisogno di provare perchĆØ ĆØ troppo tempo che ci penso.
In realtĆ ĆØ dalla prima volta che ho sentito Luchino e Paolino parlare di questo progetto che vorrei tentarlo da solo, dunque direi che sono passati almeno 5 anni!
Il mio sistema di autosicura funziona, non testo nessuna caduta, ma sono abbastanza confidente.. Arrivato alla grande foglia decido di salire senza matik, ma la corda mi gioca un brutto scherzo e si incastra, mi tocca disarrampicare, non prima di aver urlato qualche imprecazione non delle piĆ¹ simpatiche. Risistemo la corda e riparto, in breve sono alla sella da cui si vede il Rifugio Allievi, fisso la corda per lāultima calata e poco dopo sono di nuovo lƬ e mi concedo una pausa e i pensieri iniziano a correre.
Ci ho messo circa 6 ore per salire questa parete e nonostante tutto sia filato perfettamente e il mio corpo non risenta dello sforzo fisico non sono per nulla appagato di questa giornata, mi aspettavo di uscirne piĆ¹ felice, invece mi sento vuoto e privo di sensazioni. Mi viene quasi da piangere. Ho pensato infinte volte a questo giro ed ora che ci son dentro non ĆØ cosƬ bello. Mi sento di aver sprecato tempo ed energia, ma soprattuto aver sognato in qualcosa che poi mi ha deluso. Preparo le doppie e inizio a scendere.
Passo da Angelo al Rifugio Allievi, mangio un panino e mi metto di nuovo in cammino, sento che il mio corpo ha energia infinita.. In breve vedo la cima del qualido e inizia la discesa verso lāHotel. Ad un certo punto mi fermo, ho la grande foglia di fronte a me, da questa prospettiva non lāavevo mai vista. Ć bellissima.
Ć molto presto, ma decido di iniziare a mangiare e fare un pĆ² di stretching per recuperare il piĆ¹ possibile. La temperatura ĆØ aumentata rispetto a ieri e domani sarĆ anche peggio, ma non fa niente. Ascolto della buona musica, ma sono troppo teso per godermi il momento. Ed ĆØ qui che quasi decido di mollare, perchĆØ no, non ne vale la pena, questa sfida personale si ĆØ trasformata in una sofferenza che non trova significato. Non cāĆØ un pubblico, non cāĆØ un premio, cāĆØ solo la mia ambizione e il mio sogno. Le regole sono le mie, ma sento una pressione esterna. Troppe persone sanno di questo progetto e la cosa mi da fastidio, anni fa ero estremamente contro a condividere ogni tipo di progetto prima di averlo realizzato, ma adesso mi capita di farlo. Rimpiango di averlo detto e in piĆ¹ mi arrivano anche dei messaggi da persone a me non cosƬ vicine e il fastidio mi aumenta.
Fortunatamente mi ricordo di una frase che mi disse Paolino prima di partire per la Patagonia: āqualsiasi scelta tu faccia, falla da duro!ā. La frase mi riecheggia nella mente, lottando contro la mia presa male e la voglia di mollare. PerĆ² mi da la giusta carica per chiudermi nel sacco a pelo e decidere di provarci domani.
Il sole sta illuminando la parete e sono giĆ al secondo tiro, il caldo si fa sentire e se ieri jumaravo come una scheggia oggi decido di provare a godermi quanto piĆ¹ possibile il momento e non mi obbligo a spingere. In pochissimo tempo sono alla base della foglia, questa volta mi sono portato sia il friend del #3 che del #4 per rimanere tranquillo, scalo veloce ma sicuro. Riesco ad entrare nel momento e wow, sono completamente a nudo, con le mie fragilitĆ a circa 400 metri da terra su un lastra di roccia enorme appoggiata alla parete. Non esistono idee, non esistono ambizioni, ne parole, ci sono solo io e le mie paure. QuantāĆØ bello? Non potersi nascondere dietro false illusioni o presunzioni, unāoccasione piĆ¹ unica che rara in un mondo in cui apparire ĆØ tutto. In cui ogni parola va ponderata perchĆØ lāimmagine ĆØ tutto. Questo ĆØ forse il piĆ¹ bel ricordo di questāavventura. PerchĆØ rimanere autentici ĆØ un privilegio incredibile. Non che io lo sia sempre, anzi, ma la lezione di umiltĆ che mi ha dato quella foglia ĆØ stata impagabile.
Arrivato alla fine della foglia sono passate 3 ore da quando ho iniziato a scalare. Alla fine ho avuto un tiro impressionate, ma sono svuotato di energie, mi concedo 5 minuti di pausa, ma dentro so che segneranno la fine di questo mio viaggio. Rifaccio lo zaino perchĆØ ne ho abbastanza e inizio le calate. Toccato terra torno a sentire il profumo dellāerba bruciata da sole e il rumore del torrente, lo stress pian piano se ne va e lascia lo spazio ai ricordi. La parentesi di questa avventura si ĆØ chiusa e inizio a riconoscere i sentimenti che per due giorni non riuscivo a categorizzare per la tensione. Per qualcosa puĆ² essere esagerato tutto questo, ma non fa niente, ĆØ il mio gioco, sono le mie regole, ed ĆØ stato qualcosa che alla fine mi ha lasciato. Ho dovuto prendere le misure, tornerĆ² con lāesperienza maturata, ma a me piace vivere queste avventure con i sentimenti e le emozioni al primo posto. Poi certo ci sono situazioni in cui non ĆØ possibile, ma in questo gioco, che ĆØ tutto mio, lāho sicuramente fatto molto volentieri.

Lāestate ĆØ finita, ed ĆØ tempo di incontrarsi di nuovo con Fede, Berni e Luchino. Vogliamo cercare di concludere la via di Ermanno e soci alla Ovest della Torre Egger. Un progetto dal fascino incredibile e dalle innumerevoli incognite. Ce la faremo?
Oggi domenica 2 febbraio 2025, con gli ultimi raggi di sole che colpiscono la finestra e mi scaldano il viso, sto scrivendo le ultime righe di questo racconto, iniziato pochi giorni prima di partire per la Patagonia, che non parla del nostro tentativo alla Egger, per quello ci sarĆ tempo, adesso lāesperienza ĆØ troppo giovane: va maturata e rielaborata al momento giusto. Ogni tanto ĆØ bello accettare le cose per come sono, senza forzale e senza chiedergli niente.
Il Giacomo del futuro sa quanto sono stati belli quei giorni in parete, dispersi nel nulla, dove la prospettiva della vita cambia. Ć stato anche bello riassumere il mio anno, cosƬ di getto, per vedermi dallāestero e cercare poi di migliorare o semplicemente godere dei miei sogni
bello, mettersi a nudo davanti a sĆ© stesso e non solo, non ĆØ mai facile, spesso alpinista, sportivo e uomo non coincidono, in te sono estremamente allineati…. grande sia come uomo che come alpinista