Patagonia 2016
La statistica parla chiaro: ogni tre anni che vado in Patagonia, il terzo è un anno eccezionale in cui arrivano risultati tanto sognati quanto ormai inaspettati! Fu così tre anni fa con la Torre Egger ed è stato così quest’anno con la parete Est del Fitz Roy.
La cosa bella di questo trend e che credendo nei propri sogni e progetti e provandoci con passione e testardaggine ho ormai imparato che i risultati arrivano, la cosa brutta è che andando avanti per questa strada i prossimi due anni che andò in Patagonia, non raggiungerò i miei obiettivi… ( E i prossimi obiettivi come sempre saranno molto ambiziosi…)
A volte i sogni più belli si realizzano quando meno te lo aspetti…
Quest’anno l’idea di riprovare la Est del Fitz nasce quasi per caso, fino a un paio di mesi prima riprovare a salire questa via non era nemmeno una cosa programmata.
Dentro di me avevo sempre una gran voglia di salirla, ma non me la sentivo più di organizzare una spedizione e dedicare un’intera stagione Patagonica solo ed esclusivamente a questo obiettivo, come avevo fatto l’anno passato.
Poi succede che il mio amico David decide di andare in Patagonia due mesi e mezzo ed è alla ricerca di soci.
Io sono d’accordo per il mese di Febbraio per scalare insieme a Silvan e non mi ricordo se sono io a dirlo o è David ma qualcuno salta fuori con un “Beh, a gennaio potremmo fare qualcosa insieme però…”
Detto e fatto, prenoto anch’io il mio biglietto per il 9 di gennaio. Fare qualcosa insieme, sì…ma cosa?
E qui è proprio David a lanciare la proposta “Ma scusa, se il tempo è bello non vorresti tornare a riprovare la via dei Ragni al Fitz?”…Quando sento le sue parole mi brillano gli occhi…con me va a sfondare una porta aperta…
Visto che della salita si è già detto e scritto parecchio sia su internet che su articoli che usciranno prossimamente su giornali cartacei, in questo post, vorrei riassumere con qualche foto i ricordi e le emozioni più importanti.
La parete Est del Fitz Roy, 1300 metri dalla base alla cima, con la via tracciata da Ferrari e Meles 1976. Una linea, che a quarant’anni di distanza, resta a mio avviso, la più bella, elegante e difficile che ci sia su questa montagna. (Foto S. Schupbach)
Il gruppo dei Ragni di Lecco nel 1976 in alto da sinistra a destra Casimiro Ferrari (capo spedizione), Gianni Stefanoni, Guerino Cariboni, Gianni Arrigoni, Gianluigi Lanfranchi, Floriano Castelnuovo. In Basso, da sinistra a destra: Amabile Valsecchi, Franco Baravalle (medico), Giacomo Pattarini, Vittorio Meles.
Per la terza volta mi ritrovo sotto a questo mostro. Come le altre volte mi sento piccolo e fragile davanti a tanta imponenza, ma la motivazione e la voglia di dare il massimo sono più alte che mai. David super la terminale con le prime luci dell’alba.
Sulle perfette fessure dei primi entusiasmanti tiri della via…Essendo la terza volta che li scalo e grazie alle condizioni perfette, riesco a “mettere il turbo”, la scalata è semplicemente fantastica e pienamente nel mio stile. (Foto D. Bacci)
Primo bivacco in parete, siamo sopresi da un’inattesa nevicata e ci svegliamo completamente fradici nei nostri sacchi a pelo.
“Non ho mai pensato, nemmeno per un momento a una possibile ritirata”. David mi confesserà una volta raggiunta la vetta. (Foto D. Bacci)
Momenti di scalata sulla via dei Ragni al Fitz…una foto che vale più di mille parole! (Foto D. Bacci)
“El que crè crea” (Colui che crede, crea). Stretta di mano in cima al Fitz Roy, dopo una grande avventura insieme!
In cima al Fitz Roy, con il mio orologio Orienteering BP di Terra Cielo Mare, compagno ormai fidato in tutte le mie avventure. (Foto D. Bacci)
La mitica “hamburguesa completa” del Porter. David è riuscito a mangiarne due (offerte da me visto che avevo scommesso che non ce l’avrebbe fatta…)
Il momento più brutto di questa spedizione. La perdita del “gordo” Inaki Coussirat, grande alpinista, grande persona. Il tuo entusiasmo, il tuo sorriso e la tua energia vitale mi mancheranno amico.
L’articolo di un grande di queste montagne come Ermanno Salvaterra sulla nostra salita al Fitz. Grazie, spero un giorno di arrivare a fare tutto quello che hai fatto tu, per me sei un mito!
Il gruppo del Cerro Torre all’alba visto dalla cima del Fitz Roy, non sono un romanticone, ma questa era davvero una vista da mozzare il fiato. (Foto David sostiene sia sua, ma in realtà ne abbiamo fatte sia io che lui con diverse macchine fotografiche 🙂 )
Con l’amico Silvan Schupbach arriva il momento di provare a scalare anche il Cerro Torre. Una montagna leggendaria e mitica, che tuttavia nelle mie precedenti 5 spedizioni in Patagonia non avevo mai avuto l’onore di attaccare. Qui un breve momento di relax al colle della Pazienza, con le prime luci dell’alba, prima di attaccare lo spigolo Sud Est.
Sulla headwall del Cerro Torre. Un muro di roccia (marcia), verticale e uniforme, con qualche fungo di neve sopra la testa. Dopo averne sentito tanto parlare, aver letto libri e visto film, ti ritrovi in quest’ambiente surreale, dove ogni metro va guadagnato e non ci sono nè fessure nè chiodi ad indicarti la strada… (foto S. Schupbach)
Il mitico Compressore di Maestri, un po’ spoglio, ma sempre in ottima forma!
Con Silvan in cima al Cerro Torre per una salita “by fair means” dello spigolo Sud-Est. Era uno dei due modi con cui avrei voluto salire questa mitica montagna (l’altro è dalla parete Nord), una linea logica e pura su una montagna leggendaria. Una bella salita, impegnativa e di soddisfazione, anche se sia dal punto di vista psicologico che tecnico, a mio avviso si posiziona a un livello di difficoltà inferiore rispetto alla via dei Ragni sulla Est del Fitz.
Io e Silvan sulla headwall del Cerro Torre. Due foto scattate da Elio Orlandi, dal paese di El Chalten, che rendono l’idea di quanto siano grandi queste montagne.
Patagonia 2016, una stagione incredibile.
Ma ora è già tempo di guardare ai nuovi progetti per l’estate, ne vedremo delle belle.…
Stay tuned!!!
La Est del Fitz è veramente impressionante!
Incontrarci in areoporto a El Calafate alla fine ha portato fortuna, continua così