La stagione fino ad ora non è stata certo delle più propizie. Vento incessante e temperature molto rigide hanno caratterizzato le prime settimane di permanenza in Patagonia di Luca Schiera e Matteo Della Bordella e sembrava che non ci fosse proprio modo di riuscire a combinare qualcosa…
Tanti anni di frequentazione patagonica, però, devono aver affinato il fiuto dei nostri due Ragni e la loro capacità di cogliere le occasioni propizie.
Lo scorso martedì, infatti, Luchino e Teo hanno lasciato El Chalten per risalire il Ghiacciaio Marconi e portarsi verso la parete nord del Cerro Piergiorgio.
“Il tempo non era abbastanza buono per la salita che avevamo in mente – spiega Luca – così ieri abbiamo scalato in 9 ore la nordovest del Pollone. Il vento non ha mai mollato un attimo e alla fine era troppo forte per consentirci di scendere da nordovest. Abbiamo deciso scendere dal versante opposto e poi, camminando tutta la notte, siamo rientrati a El Chalten”.
Così invece commenta Matteo: “Io e Luca ci siamo alternati al comando per 7 tiri di roccia alcuni dei quali davvero entusiasmanti, altri invece un po’ bagnati, fino a quando circa 50 metri sotto la cresta terminale, abbiamo iniziato ad incontrare roccia di colore rossastro di pessima qualità. Poco prima della fine della parete abbiamo optato per un traverso pendolo verso destra che ci permettesse di tornare sul granito compatto ed in breve raggiungere la cresta finale.
Una volta raggiunta quest’ultima, siamo stati accolti da raffiche di vento sempre più potenti e dal brutto tempo che ormai era alle porte. Come già mi è accaduto altre volte in Patagonia, abbiamo optato per una discesa a piedi sull’altro versante della montagna, piuttosto che rischiare la discesa in corda doppia sulla linea di salita, che sarebbe stata da attrezzare. E’ iniziato così il lungo rientro a piedi dalla via normale al Pollone, che attraverso l’Hombre Sentado, e il paso del Cuadrado, ci ha condotto alla Piedra del Fraile e quindi al paese di El Chalten, che abbiamo raggiunto 24 ore dopo essere partiti dal nostro campo.”
La nuova via si chiama “Maracaibo” ha uno sviluppo di 300 metri e affronta una parete dove, stando alle informazioni a nostra disposizione, non ci sono altri itinerari, ad eccezione di quello che percorre lo spigolo che divide l’ampia parete nordovest dalla ovest, aperto nel 1999 dagli statunitensi Jim Donini e Gregory Crouch, e ripreso nel 2011 da Scott Bennett e Blake Herrington nella loro lunga traversata fino alla cima principale della montagna.
Un nut lasciato sulla via, due chiodi sul versante opposto per la discesa, questo è tutto quello che resta del passaggio dei nostri due Ragni sulla nordovest del Pollone. I soliti due, insomma. Teo e Luchino non amano lasciare molte tracce di sé. La via nuova ha difficoltà di 7a/A1, e, come vedete dalla foto, il gioco è stato quello di scalare bene e con autocotnrollo nonostante freddo e vento che sconsiglierebbe anche di camminare.
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08/01/2018
PATAGONIA 2018, si parte!
E via, anche il 2018 vedrà i Ragni in Patagonia. Un appuntamento annuale da quando Fabio è Presidente del gruppo, e allora sentiamo cosa ne pensa. A meno che non vogliate piuttosto vedere o leggere cosa è la Patagonia per i Ragni, e in tal caso potete fermarvi al video e ai link sottostanti, che sono storia vera!!
2017: LA EST DEL CERRO MURALLON
E prima della Ovest della Egger:
L’EPOPEA DEL CERRO PIERGIORGIO
L’avventura non è mai routine, di Fabio Palma
L’appuntamento annuale con le spedizioni in Patagonia è rispettato anche quest’anno. Praticamente una certezza, dalla Ovest della Egger in poi, perchè quel grande successo ha ancora di più saldato il legame fra lo Spirito del gruppo e la terra Regina dell’alpinismo tecnico estremo. La storia dei Ragni deve alla Patagonia moltissimo, la Patagonia, perdonate l’arroganza, deve ai Ragni ugualmente tanto. Il mio periodo di Presidenza ha coinciso con l’inizio di una “routine”, di cadenza annuale come la serata Maglione in rosso: I Ragni in Patagonia. “L’abitudine è un rito”, si legge nel magistrale “piccoli equivoci senza importanza” del grande Tabucchi, è un rito può essere monotono o grondante importanza. Scrivo queste righe per favi capire che per noi la Patagonia non è monotonia.
Da quando i due Matteo, Bernasconi e Della Bordella, decisero di tentare la Ovest della Egger, le spedizioni che abbiamo supportato in Patagonia sono state così tante e con così tanti successi (e trepidazioni) che sembra quasi che sapere che i propri ragazzi siano là dai primi di Gennaio sia appunto una routine.
Ma non è così e non deve essere così, me lo sono detto proprio ieri, alla vigilia della partenza di Matteo (Della Bordella), e Luca (Schiera). Stanno per andare nel cuore dell’alpinismo estremo, con altri fuoriclasse con cui incrociarsi la sera a El Chalten, pronti ad essere pronti quanto la meteo sarà benigna. Sperando che lo sia.
I successi di Matteo in Patagonia sono stati clamorosi, pazzeschi. E’ un vero e proprio Re della Patagonia. Non solo ha salito Torre, Fitz Roy ed Egger, ma per vie nuove o ripetizioni storiche. E poi il grande 2017 con il Murallon, e aperture o altre ripetizioni che da sole varrebbero una carriera. Da “pivello patagonico”, come in fondo si autodefini al primo anno della Egger, ad alpinista profondo conoscitore di un ambiente sempre complesso e complicato, dove tutto si gioca in attimi, perchè le salite di questi anni prevedono pochissimo materiale e cibo, da effettuarsi in finestre meteo che a volte sono inferiori alle 36 ore. E bivaccare in parete in Patagonia…meglio proprio di no…
Luca torna a El Chalten dopo che nel 2017 ha conosciuto, con successo, una Patagonia più defilata, lontano da El Chalten, salendo il Cerro Mariposa. Sono una grande cordata, in tutti i sensi. Le migliori qualità fisiche, tecniche, umane che mi vengono in mente, peraltro cementate e sciorinate anche in altre grandiosi spedizioni come a Baffin o sulla Uli Biaho. Faccio ora fatica a chiamarli ragazzi, sono Uomini con la U supermaiuscola, ma chi mi conosce sa che quando chiamo qualcuno Ragazzo significa che per me quella persona è Top. Loro lo sono.
A fine mese arriverà Paolo Marazzi, il nostro Paolino, uno che ha portato nel gruppo (ne avevamo a palate ma non è mai troppa) una dinamicità contagiosa. E ne parleremo, ovvio. E poi l’amico, e fortissimo, Silvan Schupbach, che dalla Uli Biaho in poi ogni tanto fa il primattore nei nostri successi. Un alpinista mostruoso.
Qualche foto di allenamento di kayak le avete già viste, quindi che il Kayak, dopo Groenlandia, Baffin e Mariposa, farà capolino anche nel Sud estremo del mondo, beh, sappiate che sarà proprio così. 5 anni fa soltanto a dirlo non avrei neppure ascoltato, dalla Groenlandia di Matteo in poi io e i miei consiglieri semplicemente consideriamo il kayak come la tenda da bivacco “lo portano il Kayak?”. Sembra assurdo e un tantinello lo è, ma tant’è. Meglio il Kayak della tuta alare, comunque…
Da qui, le grandi stelle degli anni ’70 del nostro gruppo, Mariolino Conti in testa, li penseranno e li seguiranno. Sanno che oggi le previsioni meteo affidabili sono una grande carta che ai tempi non si poteva giocare, e che l’isolamento intorno a El Chalten è un ricordo, ma sanno anche che gli obiettivi dei nostri ragazzi sono da Old Style, o in gergo moderno, “dei bei bastoni”, a cui anche l’isolamento ( come nel 2017 Murallon e Mariposa) non manca di certo. Quando Mariolino ha saputo dove si pensa di usare il Kayak, la mimica facciale è stata chiara. Dire che avrebbe voluto esserci è evidente, lui è uno che di cose così ne ha fatte. Cose da pochissimi.
A tutti gli appassionati non promettiamo niente perchè niente si può promettere con la Patagonia, neppure le foto!! Ricordate che l’anno scorso il Murallon fu visto solo per due giorni, quelli della salita!! La Patagonia è così, si veste a festa solo per i pazienti e i fortissimi. E’ un pò come essere appassionato di surf e decidere di andare alla Praia do Norte.