[go_sbwizard id=”gosbw-1″]
E’ passato ormai più di un mese dal mio rientro dalla Groenlandia. Nonostante il grande successo di questa spedizione e la grande soddisfazione personale per quest’avventura è tempo di guardare avanti e preparare nuovi progetti. Ma andiamo con ordine, perchè prima occorre parlare di uno dei posti più belli delle Alpi, forse quello a cui sono più legato e dove mi “sento davvero a casa”, cioè il Wenden.
Settembre è notoriamente il periodo dell’anno migliore per scalare in Wenden, quello in cui è più facile trovare le condizioni ottimali di tempo stabile e secco, e quest’anno non ha fatto eccezione e ci ha regalato delle giornate perfette, dopo un’estate molto piovosa. A causa di spedizioni e altri progetti negli ultimi due anni non sono riuscito a scalare molto spesso in Wenden ed a dedicarmi a progetti a lungo termine, ma per fortuna quest’anno sono riuscito a godermi tre spettacolari giornate di arrampicata su questo calcare fantastico. Perchè il Wenden è così speciale? Ci sono senza dubbio molte montagne e pareti più belle, difficili, affascinanti, misteriose, remote del Wenden, ma se la guardiamo dal punto di vista della roccia e dell’arrampicata non c’è niente da fare: di tutti i posti che ho visto questo resta il migliore per l’arrampicata in montagna. Certo, ogni posto è diverso ed è impossibile paragonare il calcare del Wenden con le fessure di Yosemite, ma queste pareti sono uniche al mondo ed offrono davvero un’alta concentrazione di itinerari di altissima qualità. Girando il mondo mi sono accorto di come la prospettiva mia su queste pareti sia cambiata: l’avvicinamento a queste montagne adesso mi sembra una vera e propria passeggiata di salute di un’oretta con uno zainetto da escursionista, l’ambiente mi sembra molto meno selvaggio ed avventuroso delle prime volte, ma la roccia e l’arrampicata…beh quella mi stupisce sempre, più posti del mondo vedo e più i rendo conto che queste pareti sono veramente uniche. Pochi giorni dopo il nostro ritorno dalla Groenlandia, con la scusa di doverci scambiare il materiale foto e video, insieme a Silvan percorro la via “Gemini”, un bellissimo itinerario di 7 tiri sugli strapiombi del Mahren, che corre parallela a Coelophysis. Avevo già percorso questa via nel 2007 e rimetterci le mani sopra è stata una piacevolissima esperienza.
Qualche giorno più tardi torno con David con l’idea di ripetere Pain Killer, sul Reissend Nollen. Questa via è piuttosto rinomata ma poco ripetuta, forse anche perchè la leggenda vuole che i primi due tiri siano esposti alla caduta di sassi dall’alto. Ora, non dico che questo non sia vero, anzi il rischio è sicuramente reale, ma ripensando alle giornate passate sotto la Ovest della Egger, beh ecco, anche qui la prospettiva cambia e questo mi da l’impressione di essere il posto più sicuro del mondo. In realtà questa Pain Killer è una via fantastica e piuttosto impegnativa. Capolavoro dei fratelli Remy per intuizione e chiodatura. Un tiro più bello dell’altro su roccia incredibilmente aderente e difficoltà sostenute. Nel complesso ritengo questa via un po’ più impegnativa e bella della vicina e blasonata Batman, i gradi sulla carta sono talvolta piuttosto stretti. Purtroppo a tre tiri dalla fine siamo costretti a scendere…Il motivo? Provando a passare le mie scarpette a David, in preda a un feroce mal di piedi, lungo un tiro di 50 metri in semi-traverso, queste precipitano verso il basso! Beh non si finisce mai di imparare. E’ solo un peccato perchè ci tenevo molto a completare questa salita.
Il giorno successivo è la prima volta di Arianna al Wenden, questo posto per lei così misterioso e del quale aveva sentito tantissimo parlare. Decidiamo per una “classica” del posto, che però per qualche motivo non avevo mai percorso, ovvero “Legacy”. Che dire? La via è molto bella e le lunghezze finale sono atletiche ed impegnative, da non sottovalutare se si è stanchi. Peccato per la spittatura “ammazza onsight” sui due tiri duri, specialmente sul primo, dove la posizione degli spit ti constringe ad andare fuori dalla linea di salita in libera. Nel complesso la ragazza si è ben difesa ed è arrivata in cima “tirando quello che c’era da tirare” (cit. Franz Carnati), ma senza grande problemi, il che direi proprio che non è affatto male come introduzione al Wenden!
Ma adesso è ora di guardare avanti e preparare un nuovo grande progetto. Non svelerò ancora di cosa si tratta, ma per questo obiettivo occorrerà essere nella forma fisica e mentale migliore possibile e saper scalare bene in fessura. Negli ultimi anni qualche fessura l’ho masticata, ma ho ancora molto da imparare su questo stile di arrampicata, e proprio per questo motivo nelle prossime settimane mi recherò in quella che è la patria della fessura senza compromessi: Indian Creek. Non ho mai scalato in Utah, ma ho sentito spesso parlare di questo posto e delle sue fessure parallele, lisce e perfette, dove non hai scappatoie: o sali con la tecnica giusta o non sali. L’obiettivo del viaggio è proprio quello di allenarsi, colmare le mie lacune nell’arrampicata in fessura ed essere in grado di affrontare diverse situazioni, oltre a farmi un bel viaggio e divertirmi insieme ad Arianna. Ecco qualche foto degli amici Svizzeri Luca Auguadri e Francesco Zuger, i quali mi hanno parlato con toni entusiastici di questo posto
Qualche foto ed info in più la trovate sul sito degli amici Svizzeri www.aquile.net Mentre per quanto riguarda noi….stay tuned!
[go_sbwizard id=”gosbw-2″]