“Ho grande ammirazione per Marco e Giorgio Anghileri e per il loro talento. Abbiamo tutti qualcosa da imparare da questi due ragazzi”.
Nella serata dello scorso sabato 17 settembre presso l’aula magna del Politecnico, Mauro Corona si è soffermato a lungo sul ricordo dei due giovani alpinisti del Gruppo Gamma citati nella dedica che apre il suo ultimo romanzo, “La via del Sole”.
Il celebre scrittore, scultore e alpinista, invitato a Lecco nell’ambito dei festeggiamenti del settantesimo anniversario dei Ragni, è stato amico di Marco e ha avuto modo di conoscere la storia di suo fratello Giorgio, anche lui prematuramente scomparso. Di entrambi ha ammirato la naturalezza e la semplicità con cui perseguivano il loro amore per la montagna: “Questi due ragazzi facevano quello che sentivano, in modo naturale, non ossessionato – ha spiegato Corona – Anche noi dovremmo imparare da questa semplicità invece di complicarci la vita, perché la vita è da scolpire, togliere per vedere e capire e non accatastare. La vita è un romanzo, quello di Marco e Giorgio ha avuto poche pagine, ma intense. La vita è una sola, non si deve perdere tempo”.
Durante la serata lo scrittore di Erto non ha esitato ad aprire le pagine del suo personale “libro dei ricordi”, che lo hanno visto a fianco di altri grandi personaggi dell’alpinismo lecchese: “Quando Cassin veniva da me per andare a caccia di camosci – ha raccontato – mi diceva di venire qui a Lecco a vedere cosa combinavano i Ragni. Ora ho capito cosa intendeva: i Ragni sono eterni! Non lo si può dire, ma hanno conquistato per primi una montagna come il Cerro Torre. Invece io lo dico chiaramente: il Torre lo ha salito Ferrari! Oggi continuano a fare cose meravigliose, come la spedizione nella Terra di Baffin: una maniera nuova di salire le montagne, senza inquinare, senza fare clamore. Provo un’ammirazione grandissima, come fossero figli miei“.