Non conosco Andrea Migliano. Forse di vista, ma probabilmente no.
E’ mattina presto, sono sveglio come spesso mi accade dalle cinque. Clamorosamente, mi ha scosso una sveglia, quella di mio figlio che si è alzato per studiare. Lui studia praticamente soltanto all’alba o prima, e forse questa mattina le sei le avrei tirate. Ma poi magari mi sarei perso questo testo, ed è uno dei testi più belli che io abbia mai letto, sulla montagna, negli ultimi anni. Sì, molto molto più intensi e per me ben scritti di quelli che mi sono passati sotto gli occhi arrivati da alpinisti famosi. D’altronde, non è scritto da nessuna parte che un grande fisico o un grande alpinista o un grande musicista sia anche un bravo scrittore. Anzi…
Andrea, quindi, non so chi sia, esattamente, e neppure sapevo che fosse in Etiopia con Luchino, alias Luca Schiera, e Matteo De Zaiacomo, detto Giga. Come Gruppo Ragni, noi abbiamo supportato il viaggio dei nostri due ragazzi, immagino anche parzialmente aiutando Andrea ad andare in questa Etiopia. Sono io, peraltro, il colpevole del viaggio, visto che due anni fa cominciai a parlare di Etiopia a Luchino, che non so esattamente in che posizione sia fra i migliori alpinisti del mondo, classifica praticamente impossibile da stilare, ma sicuramente è MOLTO in alto nella classifica dei più curiosi.
Bene, ecco cosa leggo, di Andrea Migliano, questa mattina:
“A cominciare dai primi trasferimenti abbiamo imparato che quei pullmini sudici che puzzano di marcio sono l’essenza stessa del viaggio e la ricerca della parete perfetta può rappresentare la scoperta di un intero paese nel sue sfumature più profonde…
Abbiamo imparato che le ragazze sono belle da mozzare il fiato e non hanno bisogno di cerone e grandi firme, a loro basta un sorriso caldo come la terra che calpestano…
Abbiamo imparato che un passaggio in auto offerto gentilmente può costare 40€ per una manciata di km, ma che un pastore immerso nella savana può ospitarti sotto il suo tetto di fango e paglia sacrificando la sua cena per donartela…
Abbiamo messo a dura prova le nostre papille gustative mangiando “ingera” talmente acidi da ribaltare gli occhi e abbiamo scoperto che per prendere un caffè passano almeno 20 minuti, ma l’attesa é ben ripagata da un sapore intenso come il rito di chi lo prepara e lo coltiva!
Ci siamo dissetati con superbi frullati di frutti esotici serviti dove mai te lo aspetteresti, da uomini con camice e occhiali, vestiti da chirurghi, dove il paradosso era ancora un’attesa paragonabile a quella per una radiografia in ospedale….
Ci siamo addentrati nell’Etiopia più profonda con l’obiettivo di scalare torrioni di arenaria persi tra gli altipiani della Rift Valley e dopo la prima salita ci siamo ricordati che nonostante l’isolamento non devi mai nascondere un saccone con l’attrezzatura alla base della parete, perché al tuo ritorno difficilmente lo ritroverai…
Abbiamo vissuto momenti di alpinismo eroico perché quelle fantastiche torri rosse erano talmente sabbiose che bastava il passaggio della corda per scavare la roccia e per forarla a mano bastavano 5 minuti di martellate sul pianta spit!
Forse non abbiamo trovato grande soddisfazione per le nostre ascese, ma ci siamo ricordati che l’avventura ti ripaga sempre con tante esperienze da raccontare. Con quella manciata di vie abbiamo lasciato il nostro segno e aggiunto un paradosso a questo paese pieno di contraddizioni; le pareti e le montagne sono tanto belle e invitanti, quanto marce e instabili, ma non impossibili da salire soprattutto per me e i miei amici ragni!!!”
Ovviamente, e sarebbe stato stupido il contrario (anzi, a detta di Roberto Mantovani, appena incontrato, “stiamo facendo della comunicazione di contenuti che proprio ci voleva”), del viaggio in Etiopia abbiamo dato l’ok per un video, che sarà proiettato Lunedì 16 maggio, insieme ad altri film e video, al Teatro Cenacolo Francescano di Lecco, alla nostra serata cinematografica. D’altronde, è per questo che impongo ai “miei” ragazzi di portare con sè camere, memorie, accessori video e quant’altro: per farci vedere cosa vedono i loro occhi giovani, e possibilmente raccontarcelo in maniera inusuale. E questo testo di Andrea non è usuale, proprio no. Conosco gente che non lo capirebbe, non avrebbe l’intelligenza per farlo. Grazie al cielo è una minoranza, comunque pericolosa perchè inaridisce. Va allontanata, desertifica.
Sono orgoglioso di avere intorno a me dei ragazzi che vanno in giro, per le Alpi e per il mondo, portando indietro queste righe, queste foto, e dei video simili. Sono il sale di quello che facciamo, di quello che ho voluto che si facesse. Sarebbe stato sempre e comunque insipido, altrimenti. Se vai a scalare una parete e una montagna e poi non lo racconti, stai facendo una cosa per te e basta. E non dico sia sbagliato, solo che noi siamo un gruppo e seguiti da decine, probabilmente centinaia di migliaia, di appassionati. E ci vedo qualcosa di Carlo Mauri, in queste righe di Andrea. Parecchio, anzi. Ed ecco il video