Le pareti della Bavella (una piccola porzione!) - Ph Serafino Ripamonti

Le pareti della Bavella (una piccola porzione!) – Ph Serafino Ripamonti

La Bavella non è una montagna, è una foresta. La selva delle pareti non è altro che una variante minerale dell’intrico della macchia. Torri enormi svettano sopra un caos di placche, cupole e tafoni, così come i tronchi dei pini marittimi secolari si alzano per decine di metri al di sopra dei lecci e dei ginepri.

Forse è per questo che qui la scalata comincia già sui sentieri, che quasi mai si possono definire “banali” e possono tranquillamente essere considerati il primo target della giornata: se riesci a non perderti e ad arrivare all’attacco in un tempo uguale o di poco superiore a quello dichiarato dalle guide, poi già dire di essere bravo… o molto fortunato!

Quello che viene dopo non è altro che la continuazione del sentiero. Se prima la strada era segnata dai pochi spazi di luce nell’ombra della macchia, ora basta infilarsi in qualche modo nel vuoto del buio fra le rocce: fessure, diedri e camini disegnano le ipotesi di infiniti viaggi possibili (possibili?).

Un universo di elementi reciproci... - Ph Serafino Ripamonti

Un universo di elementi reciproci… – Ph Serafino Ripamonti

È un universo di elementi reciproci: sotto è la roccia a sbucare dagli strappi del tappeto vegetale, sopra sono i cespugli e gli alberi a spuntare chissà come dalle crepe del granito.

Nella mia prima vacanza corsa ho solo sfiorato questo mondo. Dai contrafforti della Punta Muvra e dalle cupole sommitali delle Teghie Lisce, la Bavella è senza confini: le valli sembrano risalire all’infinito. Sopra si accatastano decine di Capucin, di Dru, di Scogli delle Matamorfosi, di Sergent, di Specchi di Iside, uno accanto all’altro, uno spora l’altro! Ma saranno veri?!?!

Mentre batto i tasti del PC cerco di accavallare le gambe e col ginocchio sfioro il piano della scrivania: Azzz se sono veri! Ho addosso almeno mezzo metro quadrato di croste a ricordarmi che sono veri e che quel granito rosa, giallo e arancio è uno dei più solidi e abrasivi su cui sono mai andato a scartavetrarmi!

No, perché le cose vanno raccontate per intero, e, se i panorami sono tutti un brodo di giuggiole di viste mozzafiato e volemosebbene, bisogna anche dire che la scalata (almeno per quello che ho assaggiato io) non risponde esattamente al concetto medio di “plaisir”.

Primi assaggi delle fessure fuori misura bavelliane su Aguirre - Ph Serafino Ripamonti, climber Marcello Sanguineti

Primi assaggi delle fessure fuori misura bavelliane su Aguirre – Ph Serafino Ripamonti, climber Marcello Sanguineti

Non parlo degli spit, che sono tanti o sono pochi a seconda delle vie che si vanno a fare e del pelo che ciascun ripetitore è avvezzo a sfoderare… È proprio la scalata che non è “bella”, nel senso di carina, divertente, varia, rilassante, ecc. Non che manchino i tiri così, ma quelli veri, quelli che non ti dimentichi, quelli che fanno il carattere degli itinerari, sono altri.

La Bavella fa male e fa paura. Almeno l’ha fatta a me e pure a diversi altri climber, visto il tenore di certi commenti alle vie, roba del tipo: “La renfugne di 6c dell’ottavo tiro fa sembrare la precedente fessura di 7a+ una passeggiata nel parco”.

La "passeggiata nel parco"... - Ph Serafino Ripamonti, climber Marcello Sanguineti

La “passeggiata nel parco”… – Ph Serafino Ripamonti, climber Marcello Sanguineti

Non so se il socio, che ha tirato da primo quella fessuraccia svasa e aggettante, si sentisse come un Robert Redford zompettante sull’erbetta del Washington Square Park, ma so che io nella renfugne successiva ho fatto in tempo a vedere nonni, bisnonni, santi e madonne!

Oggetto renfugnante non identificato… – Ph Marcello Sanguineti, climber Serafino Ripamonti

Quei 40 metri di fessura-camino sono i più spittati di tutta la via. Mi pare ci siano sei piastrine e io le ho passate tutte, ogni volta ringraziando gli apritori del loro scarso senso dell’etica… Qualcuno con i friend e gli attributi più grossi dei miei forse li avrebbe schifati e anche a me, adesso, pare che qualche buco lo si potesse evitare… adesso però!

I quaranta metri della renfugne me li sono fatti quasi tutti con le ginocchia, come la scala santa della Madonna del Bosco. Sono strisciato fuori dal cunicolo un centimetro alla volta, perdendo ad ogni centimetro un pezzo di pelle, uno di coraggio, uno di stile e uno di orgoglio. Una ragliata storica!

Qualche metro in più... e qualche centimetro di pelle in meno! - Ph Marcello Sanguineti

Qualche metro in più… e qualche centimetro di pelle in meno! – Ph Marcello Sanguineti

Che ci posso fare? Questa è la scalata che mi piace di più: brutta sporca, cattiva… e dolorosa! Non importa che un milione di altri climber avrebbero passeggiato dove io ho lasciato sangue e merda. Si vede che quello che ho lasciato era tutto un di più.

I tiri e le vie che ti prosciugano (qualsiasi sia il tuo livello di scalata) hanno quello di bello: ciò che resta alla fine del processo di “essiccazione” sei semplicemente tu.

Salute e salite gente!

Ph Serafino Ripamonti e Marcello Sanguineti