Jim Bridwell
Storia, leggenda, mito.
Di Stefano Michelin
Capelli lunghi che ormai tradiscono nel colore e iniziano a rivelare l’età, lunghi baffi che cascano a lato della bocca e la solita faccia che sa di cuoio e granito, verrebbe da dire. Così appare ora Jim Bridwell, che di recente a fatto visita in Italia per alcune conferenze. Ma così in fondo è sempre stato, basta vedere qualche foto degli anni ’60 e ’70. Se esiste un Olimpo degli arrampicatori, dove in pochi siedono su divani ricamati a parlare di vie e mangiare uva (santa immaginazione…), di sicuro Bridwell siede su uno dei divani più grandi e sfarzosi.
La sua storia inizia nel 1962, quando, diciottenne, arriva in Yosemite. All’epoca, il più famoso parco al mondo era assai diverso da com’è oggi, anche se alcuni personaggi illustri che la storia ricorderà in eterno iniziavano a porre le basi per quello che poi diventerà il fenomeno mondiale del free climbing.
L’anno dell’arrivo di Jim Bridwell, si potevano contare al massimo tre vie di 5.10 in tutta la valle; le tecniche di assicurazione dell’epoca infatti, non consentivano di avventurarsi su maggiori difficoltà e l’etica vigente prevedeva ancora un atteggiamento tipo “vietato volare”.
In particolare, la Rixon’s East Chimney, sul Rixon’s Pinnacle, un 5.10a aperto nel 1960 da Dave Rearick e Royal Robbins, fu salita da Bridwell nel 1963. Era la prima via di 5.10 aperta in Yosemite ed il secondo tiro presenta un lungo tratto improteggibile. Nel 1964, insieme al maestro e compagno di tante ascensioni Frank Sacherer, che fu tra i primi ad introdurre l’etica dei “pochi chiodi” e che due anni dopo avrebbe purtroppo abbandonato la valle, liberò North Buttress, 5.10a sul Middle Central Rock, e in questa maniera segnò anche la strada delle prime libere su vie aperte ricorrendo alle tecniche artificiali.
(continua)