Il mito della caverna è una via con una storia tutta sua. La parete, battezzata da me e Luca “Gendarme di Gramused”, è ben visibile all’inizio della Val Bavona ed è stata oggetto di attenzione per anni.
Prima un tentativo su quello che può essere definito lo zoccolo della parete vera e propria da parte di ignoti, scoraggiati forse dalla roccia brutta sui primi 2 tiri o dalle difficoltà che si prospettavano? Poi la palla è passata nelle mani della compianta guida Ticinese Nicola Balestra: Nicola con soci non ben identificati ha aperto il terzo tiro di questa via che segue una fessura diagonale, principalmente da attrezzare a friends; si è poi lanciato sul quarto tiro, decisamente più impegnativo, dove certo non ha lesinato con la chiodatura. Probabilmente proprio per questo motivo Nicola ha dimostrato grande lucidità e lungimiranza ed ha abbandonato il progetto riconoscendo che la parete era aldilà delle sue capacità.
Dal mio punto di vista questo è un grande esempio di umiltà e classe che spesso manca in chi attrezza certe vie, spinto dalla smania di arrivare in cima alla parete a tutti i costi, nonostante le file di spit messi in A0 dimostrino una palese incapacità. Mi sarebbe piaciuto aver la possibilità di parlare ed interagire con Nicola Balestra, ho ripetuto anche altre sue vie (tra tutte da ricordare sicuramente via Lattea al poncione di Ruino) ed ho sentito racconti di suoi cari amici che sono anche miei amici; l’idea che mi sono fatto è che Nicola fosse sicuramente una persona interessante con qualcosa da dire e un vero amante dell’andare in montagna.
Quindi è toccato a me e Luca. E’ stato Luca, l’ideatore, il promotore e l’anima del progetto a dirla tutta. Io mi sono lasciato coinvolgere e certo non sono stato a guardare o ad assicurare e basta, ma ci ho messo anche la mia parte, nonostante ciò se abbiamo aperto questa via come la abbiamo aperta è merito di Luca in primis.
Sull’apertura della nostra parte di via non c’è molto da raccontare, se non i soliti numeri e le solite storie tipiche ormai di tutte le mie aperture. Voli, runouts, difficoltà nel chiodare, fisse risalite, friends e nuts, cose che con diverse varianti si ripetono su tutte le vie che apro, ovviamente con diverse etichette numeriche associate alla difficoltà del tiro, obbligata, tempi dedicati all’apertura etc…Numeri e parole del tutto relativi alle nostre percezioni e a quelle di chi andrà a ripetere la via a cui non voglio assolutamente togliere il gusto della sorpresa o intimorirlo con falsi stereotipi e racconti allucinanti. Di particolare, a livello oggettivo, questa via ha che è ripida per essere su una parete di granito; sale inclinazioni tipiche da calcare, numerosi tiri sono in strapiombo e dal secondo tiro all’uscita del sesto la via resta asciutta anche in caso di pioggia.
E sul nome. Si ispira al famoso racconto di Platone. Le cose che mi piacciono di questo racconto sono che è di impatto visivo e rappresenta una situazione che è facile immaginare e soprattutto che si presta a diverse interpretazioni: ognuno può mettere in risalto la parte che vuole e ricondurla a suo modo alla realtà ed alla sua vita e perché no, a questa via.
Chiuso per questa primavera il capitolo Ticino, come scrive anche l’amico Simone Pedeferri “Ora vorrei alzarmi un po’ in quota…”