C’è stata una “preistoria” della scalata, un tempo in cui l’epica del popolo arrampicante si tramandava in gran parte attraverso la tradizione orale.
C’erano cantori da falesia che le storie le sapevano raccontare come gli aedi dei tempi di Omero! I miti della verticale nascevano così: non dai fatti soltanto, ma dal loro racconto, dal suono delle parole. Di bocca in bocca la cronaca di uno sport minore diventava storia e leggenda della tribù.
Certo, contava prima di tutto il livello, la difficoltà tecnica, atletica e psicologica, perché il mostro deve essere brutto e cattivo per fare grande l’eroe. Ma per diventare leggenda il mostro doveva avere anche un nome all’altezza e l’eroe pure…
Dei tanti draghi entrati nella mitologia dei climber ce ne erano alcuni che al solo nominarli facevano sgranare gli occhi al neofita e palpitare il cuore del veterano. Fra questi Hyaena, il più delle volte pronunciato sbagliando il suono di quell’accrocchio di vocali che gli imparati chiamano dittongo, cosa che rendeva il tutto ancora più misterioso e temibile. Come un Kraken, un Maelstrom, Scilla e Cariddi…
Che dire poi dell’eroe? Andrea Gallo, anzi Il Gallo, quasi come il Pelide Achille…
Forse c’è anche un po di questa magia della parola dietro il fascino che ancora oggi accompagna la via capolavoro del Finalese, o più semplicemente la linea intuita e poi salita dal Gallo nel 1986 all’Alveare di Monte Sordo era così avanti, non tanto nel tempo, quanto nella “qualità”, da collocarla oltre la linea che separa il gesto sportivo dalla creazione artistica. Come certi goal di Maradona, che, anche se non te n’è mai fregato una mazza del calcio e pensi il peggio possibile del Pibe de Oro, quando li rivedi ti scappa sempre la lacrimuccia.
Anche oggi, a quasi 30 anni di distanza e a tre gradini sopra quello che allora era il limite delle possibilità arrampicatorie (insomma, dall’8b al 9b) essere in grado di ripetere quel gesto vuol dire confrontarsi faccia a faccia col mito e con la storia. Qualcosa che non si può riassumere nel grado e nello stile di scalata. Lo si capisce dal sorriso di Stefano Carnati, atleta cresciuto in seno alla Squadra giovanile dei Ragni e figlio d’arte del Ragno Franz Carnati… che qualcosa gli avrà pure insegnato in termini di cultura della scalata e di memoria storica!
Già, perché Stefano, all’inizio di questo mese di febbraio, ha aggiunto il suono nome alla lista non proprio chilometrica dei ripetitori di Hyaena e quello che segue, alla faccia della tradizione orale e dei bei tempi andati, è il video della sua salita, pubblicato sul canale Youtube dei Ragni… o tempora o mores!
Have fun 😉
Miseria Fabio… Ottimo scalatore quanto scrittore! Nessuno ha mai scritto di meglio su di Lei!!!!!