di Simone Tentori
La sequenza iniziale è più chiara nella mia testa ed eseguo veloce, senza esitare e senza dimenticarmi di respirare. Ogni energia risparmiata potrebbe alzare la mia chance di successo sul tiro.
Mi butto nel riposo, trovo il piede e incastro il ginocchio destro. Solo ora riesco a rilassarmi e a ricercare una frequenza cardiaca più stabile. Mi sorprendo quando percepisco che gli avambracci non sono dolenti e a rischio crampo come nei giri precedenti. Ho, sì, riposato più di un’ora prima di questo tentativo, ma è il terzo di giornata e per un boulderista come me è decisamente azzardato pensare di avere ancora una cartuccia quando ormai è sera.
Alzo lo sguardo e visualizzo la sequenza del passo chiave. Dopodiché si raggiunge la fessura finale e l’intensità dei movimenti cala drasticamente. “Se sono abbastanza veloce e preciso magari riesco a raggiungere la fessura prima che le mie dita si aprano per la ghisa”. Ultimo respiro profondo e poi parto. Scalo preciso, moschetto rapidamente e penso solo a raggiungere l’appiglio successivo. Ad un tratto la ghisa arriva e penso: “Ecco, ci siamo”. Mi stavo già preparando a sentire l’aria sotto il culo per il volo quando per caso le mie dita afferrano quanto basta l’ultimo bidito prima del secondo riposo. 3 secondi in cui cerco di riaggiustare le dita nel buchetto mi sembrano 3 minuti. Ma sono su e mi ritrovo nel secondo riposo. A quel punto sono completamente svuotato, con la bocca secca, affanno e avambracci che ora ‘crampano’ per davvero.
Realizzo che il peggio è passato ma sono talmente distrutto che potrei sbagliare anche sul facile. Prendo il mio tempo e fortunatamente non commetto errori. Dopo una lotta che non provavo da anni mi trovo in catena. Still Alive, 8c di riferimento del canyon di Ulassai, è finalmente entrato! Tra qualche urlo mio e degli amici, mi faccio calare spazzolando bene la via. Facciamo gli zaini e via di corsa al bar di fiducia per la meritata birra.
È terminata così la gita sociale Ragni in terra sarda. Una settimana ricca di roccia (asciutta e bagnata), ottimo cibo e ottima compagnia.
Ad inizio novembre 2024 l’idea di Motta si avvera e ad un tratto siamo con gli altri soci del Gruppo sull’isola a fare aperitivo e a sfogliare la guida per dare pace al macinatore di tiri Passini che domanda: “Allora!? Dove andiamo domani?”
L’idea della gita sociale ricalca un po’ il concetto dello storico campeggio Ragni in cui ci si ritrovava a condividere salite e arrampicata in un contesto di socialità. È l’occasione perfetta per conoscere vecchi e nuovi soci e a condividere la corda con i membri del gruppo che per un motivo o per l’altro non si ha l’occasione di vedere così spesso. Campeggio di lusso a questo giro, dato che Felderer ci ha aperto le porte della Lemon House, suo b&b a Lotzorai.
Partenza sfortunata per i primi arrivati che si sono beccati gli unici 3 giorni di pioggia e nebbia che l’isola vede in un anno. Ma girano voci che sia la maledizione di Dimitri che ogni volta che mette piede in Sardegna fa piovere. Una sfiga per gli scalatori ma una manna dal cielo per gli abitanti del paese, tanto contenti della tregua dalla siccità che omaggiano Satana (Dimitri) con una bottiglia di vino.
Con il ritorno del sole il gruppo si fa sempre più numeroso e parte l’assedio alle falesie di Ulassai e ai fusti di birra dei bar locali. C’è chi stampa (Passini), chi non riposa mai, chi chioda, chi fa vie e chi fa il bagno mattutino al mare. C’è anche chi si sfida in agguerrite competizioni per chiudere il tiro prima dell’altro (Chi ha vinto alla fine? Motta o Felderer?)
Quando ci si diverte il tempo vola e in un batter d’occhio ci ritroviamo all’ultimo giorno a salutarci. La Sardegna ha regalato a tutti dei momenti preziosi di amicizia e divertimento, e sono sicuro che l’anno prossimo ci sarà sicuramente una parte 2!