di Luca Schiera
Tutti scaliamo per una ragione, magari non sappiamo esattamente quale sia, ma per Lucho e Javi è diventata quella di aiutare delle comunità in diverse parti del mondo tramite l’arrampicata. Lucho ha fondato insieme a un amico cileno Climbing for a Reason con questa visione, qualche anno dopo si è affiancata Javi e da allora girano fra scuole, orfanotrofi, villaggi isolati in India, Pakistan, Suriname, Nepal, Tanzania e tanti altri. Questi sono solo alcuni dei progetti che hanno aperto negli ultimi dieci anni e che continuano a funzionare grazie a loro e al supporto di tanti volontari.
In oltre venti anni l’arrampicata mi ha dato moltissimo: luoghi che avrei altrimenti visto solo in foto, esperienze e persone straordinarie che mi hanno arricchito e fatto crescere.
Avevo voglia restituire almeno in parte tutto questo, anche se non ho mai amato portare persone in montagna, avrei potuto fare un piccolo passo oltre dedicando concretamente tempo ed energie in qualcosa, così con Sara è nata l’idea di contattare i ragazzi di CFR. Dopo una lunga videochiamata in cui abbiamo fatto mille domande, capiamo che dove si trovano loro a Cumbira in Angola è proprio dove hanno più bisogno. Ci assicurano che il posto è sicuro però ci avvertono anche: “It’s real Africa”.
Con questa parole stampate in testa decidiamo di partire, anche se non nego di avere avuto qualche timore per Sara.
CUMBIRA II
L’ultima cosa che ci si possa aspettare di vedere, dopo ore di strada con buche tanto grandi da inghiottire un intero camion, è un pannello di arrampicata moderno sulla via principale di un villaggio circondato da banani e granito nero. Sopra non ci scalano mai meno di cinque o sei bambini alla volta a tutte le ore del giorno e della sera, gli altri aspettano il loro turno di solito sulla verticale di una eventuale caduta. Le prese sono sporche di terra rossa, come materasso usano la terra rossa e come magnesite la terra rossa che ovviamente si trova anche sui piedi nudi. Tutti i bambini e bambine del villaggio dai tre anni in su, circa 700, sembrano nati per scalare e si muovono bene oltre ad essere molto forti. Non è raro vederne qualcuno di otto anni fare trenta movimenti senza piedi o lunghi lanci a due mani, nessuno fa meno di dieci trazioni e tanti ne fanno diverse decine di fila, inutile dire che scalano tranquilli placche di quinto e sesto a piedi nudi o in ciabatte.
Nonostante la calorosa accoglienza l’impatto iniziale è stato forte, in paese mancano elettricità e acqua corrente, il cibo scarseggia e non esistono telefoni ma per fortuna parlano portoghese per cui in qualche modo riusciamo ad intenderci. Il nostro relativo anonimato di unici bianchi nel villaggio dura lo spazio di qualche lezione di arrampicata, inglese o di cucito e nel giro di poche ore letteralmente tutti ci conoscono tanto che ogni mattina all’alba, quando donne e bambini si incamminano verso i campi per lavorare e noi andiamo a correre, tutti ci salutano e i bambini ci seguono urlando i nostri nomi.
CFR
Javi e Lucho ci stupiscono fin da subito perché conoscono personalmente tutti i bambini che arrampicano e le loro famiglie, sono persone incredibili e positive come poche volte abbiamo incontrato. Hanno dedicato anni a questi progetti in cui l’arrampicata è solo una piccola parte, il modo per introdurre una comunità verso una maggiore apertura verso il mondo esterno e dare a qualcuno una opportunità che altrimenti non avrebbe mai avuto conoscendo altre persone, studiando una lingua o imparando un mestiere. Dedicano a questi bambini un sacco di energie, si confrontano ogni giorno con problemi di ogni tipo e lavorano per risolverli. Questo progetto che è cresciuto molto negli anni e ha già avuto un impatto positivo sulla vita di tanti ragazzi e ragazze che iniziamo a conoscere nei primi giorni a Cumbira.
O DRAGÃO
Menezes è un ragazzo di 18 anni che vive a Cumbira, ha iniziato a scalare 3 mesi fa e come quasi tutti gli altri ragazzini da subito si muove bene sulla roccia.
Normalmente lavora nei campi dalle 5 di mattina alle 11, poi si incammina verso l’altro villaggio che dista due ore e mezza per studiare da infermiere, alla sera torna a casa sulla stessa strada.
Ora però è in vacanza quindi scala con noi quasi ogni giorno, lui ci aiuta ad aprire i sentieri verso le pareti con il macete, noi gli insegniamo le manovre con le corde.
Vorrei salire al centro della placconata nera del Cunduvile, la grande placconata nera che si trova a pochi passi sopra al villaggio. Passeremo dalla caratteristica grotta in mezzo alla parete, abitata da un mostro, gli abitanti di Cumbira giurano di sentire il suo respiro nella notte e qualcuno dice anche di averlo visto.
Partiamo nel primo pomeriggio con dei lunghi runout su difficoltà moderata, il sole sopra la testa è spietato e la roccia rovente è coperta da un sottile strato di licheni neri. Sento il calore del granito passare attraverso la gomma ai miei piedi che friggono come le banane nell’olio di palma che vendono al mercato. La roccia è sempre molto liscia e non lavorata come speravo, quando diventa verticale però ha sempre delle tacche perfette e mi da molta fiducia, l’arrampicata è rilassante sapendo che trovi sempre qualcosa per salire.
Menezes sale tranquillo anche nei lunghi traversi nonostante la poca esperienza, gli dico scherzando che inizio a sentire il respiro del mostro e solo dopo diverse battute capisco che ci crede e ha paura veramente. Questo è un lato che ancora non conoscevo fatto di credenze spesso completamente irrazionali, capisco che è meglio lasciare stare e cambio discorso. Arriviamo al buco nel buio totale, nel dubbio lo illumino con la frontale ma non vedo segni di vita, tranquillizzo Menezes ma nonostante questo rimane fermo nella sua idea. Ci caliamo, senza materiale per autoassicurarmi e non trovando più un socio per i giorni successivi finirò la via facendomi accompagnare da Sara sullo spigolo est, non certo lo stile migliore ma non ho alternative.
LA BRINCADEIRA
Sulla strada che ci ha portato a Cumbira ricordo di avere visto un paio di pareti alte e ripide, non devono essere troppo lontane quindi un giorno saliamo su una moto e ci allontaniamo dal villaggio sperando di vederle più da vicino. Ci fermiamo sbalorditi alla vista di una muraglia di roccia che non avrei mai sospettato, chilometri di placche con le forme più strane che ho mai visto. Purtroppo l’aria calda e umida non mi permette di fare foto accettabili quindi entriamo nel villaggio e ci facciamo condurre dal Soba: il capo. Ci accoglie un uomo di mezza età ridendo, parla solo a me (ci sono Sara e Irene, l’altra ragazza italiana che è insieme a noi) e in qualche maniera gli faccio capire che vorrei andare a vedere le montagne. Pochi istanti dopo stiamo seguendo un ragazzino, seguiti a nostra volta da mezzo villaggio verso la cima di una collina di granito ed erba secca da cui effettivamente si apre una bella visuale. Durante la discesa notiamo delle fiamme avanzare veloci verso di noi e pochi istanti dopo tutti i versanti stanno bruciando intorno a noi, non abbiamo via di uscita. Fortunatamente siamo sopra vento rispetto alle fiamme, ci fermiamo su una grossa placca sperando di evitare il fumo e aspettiamo che bruci tutta l’erba a pochi metri da noi. Siano tranquilli ma se mai dovesse girare il vento faremmo la fine dei topi che arrostiscono alla domenica.
Quando chiediamo il motivo di questo gesto, che sarebbe potuto potenzialmente finire in tragedia per qualche decina di persone ci dicono in portoghese: “Una brincadeira”, uno scherzo. Rimaniamo un po’ perplessi, ma forse non abbiamo abbastanza senso dell’umorismo. In ogni caso comunque capiamo che è meglio chiedere bene prima di muoversi sui terreni altrui.
L’ARRAMPICATA
Ci sono tante pareti in questa zona, alcune anche impressionanti come quelle sopra descritte. Gli avvicinamenti vanno tagliati con macete e bisogna prestare attenzione a muoversi fra le piante perché in questa zona sono presenti serpenti molto velenosi come mamba nero e cobra. Quando si stacca qualche lama dalle pareti spunta praticamente sempre almeno uno scorpione, spesso grande come una mano. Ci sono anche ragni velenosi e piante urticanti che bisogna conoscere, ma di tutto ciò i bambini sembrano non avere alcun timore visto che si muovono agilmente a piedi nudi in tutti i terreni anche al buio.
La roccia è granito spesso liscio, e senza fessure, si scala quasi sempre in placca a parte in alcuni casi in cui sul verticale ci sono tacche o su alcune pareti numerosi grossi cristalli. La roccia gialla è spesso marcia. Al momento non ha senso sviluppare zona fuori Cumbira, si sta cercando di soprattutto di fare arrampicare i ragazzi ed aiutare economicamente i local con qualche lavoro (ad esempio cucinare, lavare vestiti e tagliare sentieri).
CONCLUSIONE
Abbiamo conosciuto una comunità di persone con una cultura troppo lontana per essere comprensibile a noi. C’è un lato ombroso fatto di credenze tribali, maledizioni, rapimenti, traffico umano, malattie e problemi con cui confrontarsi ogni giorno di cui non sappiamo nulla e che in Europa ci siamo lasciati alle spalle almeno un paio di secoli fa. Non per questo non abbiamo trovato persone ospitali e gentili ma anzi ogni saluto è stato ricambiato con un sorriso di gratitudine, non solo i bambini ma anche le mamme ci hanno accolto come non ci era mai capitato nelle loro case e addirittura in chiesa. Salutiamo il paese l’ultimo giorno distribuendo materiale scolastico per tutti i bambini della zona, in un delirio di diverse migliaia fra quaderni, penne, matite, temperini, urla e confusione generale.
Climbing for a reason non ha ancora una struttura organizzata, e con l’aumentare dei progetti aumento sempre di più l’impegno a gestirli tutti. Si alimenta con il costante ricambio di volontari che partecipano ai vari progetti e con le donazioni dei privati che si interessano a questa causa.