2013 Cile, Cochamò. In una capanna chiamata l’Affumicatoio, davanti ad un fuoco che brucia legna bagnata (da qui il nome della capanna!) parlo con un ragazzo della zona mentre suona il suo didgeridoo. Mi spiega che è uno scalatore e ha aperto diverse vie, fa la guida alpina e mi dice: “Faccio una buena vita ma poca plata”. Penso subito che anche dall’altra parte del mondo gli scalatori sono tutti uguali, preferiscono scalare e vivere di sogni, con le loro avventure anche se con pochi soldi, piuttosto che rinunciare a quei momenti e a quel modo di vivere… questa frase devo ricordarmela, è un buon nome per una via: esprime a pieno quello che ho sempre pensato della mia vita.
Buena vita poca plata è il nome della nuova big wall che io, Luchino e Matteo Colico abbiamo aperto tra l’autunno 2014 e la primavera 2015. In sette giorni abbiamo cercato questa via al Precipizio degli Asteroidi che riprende parte di vie in artificiale e tiri nuovi per un totale di 24 lunghezze e 700 metri.
Abbiamo deciso di seguire le zone più strapiombanti della parete est, un’area non ancora percorsa da nessuna via. La prima parte, sette lunghezze, si svolge su muri con roccia bellissima con un tetto acrobatico sulla terza lunghezza. Dall’ottava alla tredicesima si percorrono delle fessure di diverse misure su roccia buona, molto fisiche con un tetto super panoramico e un gran tiro di resistenza in mezzo agli strapiombi. Le ultime dieci lunghezze sono molto avventurose. La quattordicesima, quindicesima e sedicesima passano sul grande strapiombo per poi svilupparsi su un terreno con roccia non sempre perfetta e pulita che abbiamo chiamato semplicemente “terreno di sopravvivenza”.
Dopo aver aperto la via, volevamo tornare per un tentativo in libera. Sia io che Luca abbiamo deciso per un approccio “pronti e via” ovvero con uno spirito molto avventuroso (senza ritornare prima a provare i singoli tiri per poi tentare una rp completa). NO! Abbiamo deciso di salire e cercare di liberare tutto quello che riuscivamo in un’unica volta solo stando su per un po’ di giorni.
Volevamo godere di questo approccio più istintivo forse perché sia Luca che io eravamo già impegnati su diversi progetti più laboriosi, passando giornate a provare i singoli tiri e non volevamo che questa nuova avventura diventasse così ripetitiva.
Quindi via! Sapevamo che fine luglio non è il momento migliore per l’aderenza sul Precipizio, parete già calda di suo, ma non si poteva evitare. Luca sarebbe partito per la spedizione che l’avrebbe impegnato due mesi entro poco e quando sarebbe tornato di sicuro la forma fisica non gli avrebbe permesso di provare una via del genere per quest’anno.
Secondo giorno di libera. Cado per la seconda volta su questo maledetto tiro di 7c. Una placca a cristalli e appoggi in aderenza. Urlo e impreco, devo rifarlo…sono le sei di mattina, fa già un caldo terribile, sono senza maglia e senza pelle sulle dita è dura scalare così su di una parete, ma è quello che cerchiamo: la sfida e la felicità di quando riusciamo.
Ricordo mentre Luca mi cala e ritorno a tre settimane prima quando abbiamo finito di aprire la via: negli ultimi due giorni di scalata con addosso il piumino, sembrava proprio duro alpinismo! Parte Luca, lo fa, parto io e lo faccio. Nei tre giorni della libera ho visto un gran Luca, veramente maturato, sia fisicamente che mentalmente.
Penso che il Precipizio abbia visto la sua crescita. Nel 2010 quel ragazzo mi aveva accompagnato mentre mettevo le corde su Non sei più della mia banda era immaturo ma subito mi ha colpito per un motivo, quando siamo scesi sullo strapiombo di Brivido Blu, a 500 m da terra, un posto “molto ma molto esposto” non ha fatto una piega e ho subito visto delle caratteristiche innate.
Nel 2013 abbiamo salito Free Bebè e il ragazzo aveva già cambiato marcia e quest’anno ha fatto ancora un gran salto e siamo qui alla pari a salire questa linea: una soddisfazione averlo visto crescere!
L’attimo della salita (sì, perché ogni salita ha un attimo). L’attimo. Sale la nebbia e comincia a piovigginare mentre ieri si moriva di caldo. Siamo immersi in un mondo sospeso, colazione lenta. Siamo a 500 metri da terra, appesi a una sosta fra enormi strapiombi tra le nuvole, veramente una situazione tetra. Il corpo stanco per i giorni di scalata, ma questo tiro è mio. Devo liberarlo, 45 m di tiro che s’infila negli strapiombi, un clima di merda, una traversata tecnica ed esposta per infilarsi su verso una fessura strapiombante.
Ad un certo punto al di là della valle, verso il sentiero del Qualido sento un urlo, guardo fra le nebbie e vedo tre puntini. Uno di quelli è mio padre che con degli amici è andato a fare un giro. Mi chiedo, prima di partire, cosa pensi nel vedere suo figlio appeso su quegli strapiombi, lontano da casa, in una giornata del genere. Parto, salgo lento, concentrato. La roccia è umida ma mi dico che “è normale”. Mi dimentico un piede nella traversa e faccio fatica a beccare la fessura. La prendo e la seguo. Do tutto per superare il tetto finale da li fino in sosta. Urlo di felicità, Luca mi risponde, mio padre riprende a scendere… è per questo momento che ho fatto questa vita, dare tutto su di una grande parete in una giornata che vorresti stare a letto e invece attacchi e la fai.
Alla fine la nostra è stata una libera parziale, su 24 tiri ne abbiamo saliti 22, sono rimasti 10 metri su un tiro bagnato e un tetto di 6 metri dove abbiamo fatto tutti i movimenti ma che non ci ha fatto passare puliti… quindi chi volesse può migliorare la salita ma per noi comunque è stata una buona VITA LIBERA anche se abbiamo… poca plata!
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