Facendo i dovuti scongiuri questa volta ci dovremmo essere…
La notizia è di quelle che non possono non dare soddisfazione a chi ogni giorno vive la passione verticale. Certo sarebbe stato più bello/giusto se un riconoscimento del genere fosse arrivato almeno una quindicina di anni fa. Invece, dai ruggenti ’90 a oggi, l’approdo dell’arrampicata sportiva alle Olimpiadi ha visto più di una falsa partenza.
Il popolo arrampicante si sentiva pronto già allora. Già allora (e da almeno un decennio prima) c’erano atleti che si facevano un mazzo così, che erano andati avanti di tanto nell’esplorazione dei limiti tecnici e fisici del nostro sport. Gente che sicuramente se lo sarebbe meritato di stare lì, a testimoniare quei valori che quei cinque cerchi dovrebbero rappresentare.
Con i se e con i ma però non si fa la storia. Le cose sono andate diversamente e forse non è la preparazione e la passione dei singoli atleti a fare da discrimine per decidere se una disciplina merita o meno di essere olimpica.
I maligni diranno che a decidere chi sta fuori e chi sta dentro sono i soldi e gli sponsor. Forse è anche così, ma forse è che semplicemente le cose dovevano ancora maturare (zöc e melon la sua stagion…), non tanto per gli “estremi”, per i campioni che sono avanti non una pagina ma capitoli interi, quanto per il popolo dei normali, di quelli che lo sport lo fanno per puro diletto e nei ritagli di tempo.
Forse quello che doveva accadere era che l’arrampicata sportiva diventasse una cosa “normale”, con palestre, allenamenti, allenatori, praticanti di ogni livello e chi lo fa perché al corso di pilates i posti erano esauriti e chi lo fa perché è una delle cose più belle e importanti della sua vita.
Su questa “normalità” si possono aprire abissi di discussione e polemica, ma, sicuramente, qualcosa fa presentarsi davanti al comitato olimpico con migliaia e migliaia di praticanti e strutture e attrezzature e valori sociali condivisi (qualcuno dirà omologati…) e pure business.
Meglio non procedere oltre sull’argomento, giusto per evitare la gufata, visto che i giochi per arrivare ai Giochi non sono ancora conclusi…
Due parole però vorremmo dirle su questi giovani atleti che stanno crescendo nel tempo dell’arrampicata normale (qualcuno dirà normalizzata…) e forse olimpica: forse è vero che quest’arrampicata qua ha perso tanto dello spirito di allora, che oggi i giovani vanno a scalare sulla plastica con lo stesso spirito con cui andrebbero a fare una partita a tennis, che non sanno nulla della storia dell’alpinismo e dell’arrampicata sportiva, che si stava meglio quando si stava peggio, ecc.
Tutto vero, come sempre, eppure ci sembra che, fra i tantissimi giovani atleti che crescono sulla plastica, quelli che hanno spirito e passione (e che son pochi, son sempre stati pochi , dall’alba dalle storia) non ci mettano poi molto ad andare oltre la normalità e la normalizzazione, a passare dalla plastica alla roccia e dalla roccia al ghiaccio, al misto, alle big wall, agli ottomila.
In questo ci crediamo ed è per questo che noi del Gruppo Ragni, noi che abbiamo l’onore e l’onere di testimoniare la storia e i valori di un alpinismo e un’arrampicata che affondano le radici nei tempi in cui la plastica non esisteva manco per fare le scodelle, da diversi anni investiamo tempo, energie e risorse nella squadra sportiva giovanile e nella palestra d’arrampicata.
Il Gruppo Ragni è la storia, è il punto da cui quei giovani e giovanissimi possono cominciare la loro salita (e non è certo un punto zero…), ma la via dell’arrampicata e dell’alpinismo dell’oggi e del domani sono solo loro a poterla tracciare. Probabilmente la maggior parte si accontenteranno di “ripetere”, come avviene dall’alba dell’arrampicata e dell’alpinismo in ogni epoca e in ogni forma. In questo non c’è nulla di male, anzi, ci sono vite di passione, avventura, emozioni, amicizie e cose per cui varrà la pena di essere lì. Ma sicuramente ce ne saranno anche alcuni (pochi) che sapranno sognare e realizzare cose che noi neppure riusciamo a immaginare!
Sono questi giovani e giovanissimi, tutti quanti, che si meritano un’arrampicata olimpica… e siamo certi che fra quelli che ogni giorno faticano nella nostra squadra sportiva ce ne sarà anche qualcuno capace di meritarsi di essere lì, davanti alla bandiera con i cinque cerchi, a testimoniare al mondo che cos’è l’arrampicata come lui e altri pochi sognatori l’avranno voluta e fatta.