di Marco Vago
1 Novembre 2023. Dopo alcune giornate e numerosi tentativi riesco a chiudere Giurassica (8A+) in quel di Paderno.
Sono contento. La spalla dà sempre fastidio. Mi sono ripromesso che dopo questo tiro mi sarei preso una pausa per far riposare le parti doloranti, ma si sa che l’appetito vien mangiando: sono in buona forma e bisogna approfittarne finché dura.
Inizio a mettere le mani su “VIA COL VENTO”, stesso grado ma più “ditoso”. Non è decisamente il mio stile, ma quel che più mi causa problemi è prendere e tirare il tettino rovescio col braccio destro.
In pochi giorni il male alla spalla peggiora. La notte devo dormire con un cuscino sotto il braccio. Dormo a fatica e comunque la mattina non riesco nemmeno ad appoggiare la mano sul letto per alzarmi. Tanti movimenti quotidiani diventano difficoltosi e dolorosi.
Provo vari trattamenti tra ultrasuoni, laser, infiltrazioni e manipolazioni, ma nulla sembra funzionare.
Faccio una visita da un ortopedico specialista della spalla. Mi fa alcuni semplici test… vedo che storce il naso … ha un forte sospetto ma per sicurezza mi consiglia una risonanza magnetica. L’esito non è dei migliori: il tendine del sovraspinato è quasi del tutto staccato. Resta solo un piccolo lembo laterale di 2 millimetri. Si potrebbe tentare con un’operazione molto costosa e complessa. Con il servizio sanitario nazionale i tempi di attesa sono biblici, e comunque la ripresa e la riabilitazione richiederebbero minimo un altro anno, di cui i primi 3 mesi col braccio completamente immobilizzato.
Ho 52 anni e 35 anni di scalata alle spalle: era ovvio che prima o poi qualcosa si rompesse. Ma la domanda è: vale la pena alla mia età, con davanti quei pochi anni, forse 10, per poter scalare ancora ad un “certo livello” (comunque ridicolo con le cose che fanno oggi i giovani) di affrontare un calvario del genere? Non è nemmeno il mio lavoro, non è la scalata che mi mette il pane in tavola, è solo una passione, uno sfizio che nemmeno nelle mie migliori condizioni può più dar lustro al buon nome dei Ragni. Mi convinco che anche in tal senso quel che potevo dare l’ho dato ormai molti anni fa. Forse è il momento di tirare i remi in barca e posso essere soddisfatto e contento di quello che la vita mi ha concesso e delle opportunità che i Ragni mi hanno permesso di vivere.
Eppure… Eppure nonostante ormai me ne sia fatto una ragione mi resta costantemente un groppo in gola.
Mi dedico alla chiodatura di una nuova falesia, ma veder nascere tanti tiri nuovi e non poterli provare come vorrei non fa altro che peggiorare la mia già precaria situazione emotiva, e poiché nel lavoro ed anche in famiglia le priorità e le cose importanti sono ben altre e non posso certo tediare nessuno con queste sciocchezze… beh, mi sento davvero solo col mio malessere… e il groppo alla gola non se ne va, diventa anzi più stringente. Mi sento persino egoista ed infantile a lamentarmi di un “inconveniente” quando conosco molte persone con problemi, anche di salute, davvero seri e che mi ribadiscono quanto io sia stato fortunato ad aver avuto tutto ciò che mi ha dato la vita, che prima o poi doveva finire ed in fondo è anche giusto così.
Tramite varie conoscenze e per vie traverse decido di fare un ultimo tentativo da un fisioterapista in zona Como. I suoi trattamenti mi danno decisamente sollievo, ma mi dice chiaramente che bisogna che faccia costantemente degli esercizi e me ne consiglia alcuni.
Paolo D’Ulivo, il fisioterapista in questione, riceve in una piccola stanzetta interna ad una palestrina alle porte di Como (Elite Calisthenics). La sala d’aspetto non è altro che un paio di sedie disposte lungo il corridoio della palestra, dove vedo alcuni ragazzi che fanno calisthenics, davvero impressionanti, ma anche gente di una certa età che viene seguita in esercizi banali (che poi scoprirò non esserlo per nulla), ne deduco che stiano facendo riabilitazione. Penso che essere seguiti da qualcuno in un ambiente così possa essere più stimolante che farlo da soli a casa, ma soprattutto essere seguiti nella corretta esecuzione degli esercizi credo sia fondamentale.

Paolo decide di affidarmi alle cure di Michele Riva, un ragazzo giovane ed anche un po’ introverso a prima vista. Mi visita per quasi due ore facendomi provare diversi esercizi, chiedendomi quali fossero le mie sensazioni, quale e quanto dolore provassi nelle varie esecuzioni, ecc…
La settimana seguente la mia tabella di allenamento è già pronta. Pochi esercizi ma ben precisi, al massimo mezz’oretta di lavoro. Ma Michele è stato perentorio: devi fare questo 3 volte a settimana, niente di meno ma soprattutto niente di più! E per i prossimi mesi niente scalata, almeno finché non vediamo i dovuti miglioramenti e comunque finché non ti dico che puoi riprendere.

Questa cosa si scontra bruscamente con la mia voglia di rivalsa: ho fretta di ritornare sulla roccia e di provare ancora cose “difficili”: non ho 20 anni. Ho passato da un po’ i 50 e come dice Franz (Carnati) ormai sono più gli anni che hai alle spalle di quelli che hai di fronte. Lo so che è una mia fissa …. sicuramente ridicola… ma mi resta poco tempo per indossare ancora il “maglione rosso” per quello che faccio e non in ricordo di eventuali meriti del passato.
Premo sull’acceleratore. Michele lo vede e mi stoppa! Discutiamo diverse volte, anche animatamente.
Decido di sfogarmi allenando la mobilità, anche in previsione di un mio ritorno alla roccia. Michele è un maestro anche in questo e mi prepara degli allenamenti mirati ed impegnativi. Mi si apre un mondo, scopro che allenare la mobilità non è solo fare stretching ma comprende anche molti allenamenti di forza per abituare le fibre muscolari a sopportare certe tensioni.
Dopo tre mesi la spalla è decisamente migliorata. Posso riprendere a scalare, con grande fatica (3 mesi di fermo non sono pochi) ma almeno ho ripreso. La spalla va decisamente meglio, ha ripreso molta forza anche se alcuni movimenti li sento ancora rischiosi. In compenso ho avuto grandi miglioramenti nella mobilità delle gambe: la spaccata frontale e la sagittale sono quasi complete, mi mancano pochi centimetri per arrivare a terra. Michele mi dice di andare per gradi e che spingere troppo potrebbe causarmi infortuni, ma io sono entusiasta, voglio migliorare velocemente…
…ed ecco la seconda badilata in faccia. Inizio a sentire un forte dolore alla parte sinistra dell’addome, lancinante, come una coltellata. Anche un solo starnuto o un colpo di tosse causano un dolore insopportabile.
Siamo ad Ottobre 2024, sono finalmente in Sardegna con i Ragni per una settimana, tantissimi tiri da provare, tanti 8A papabili, faccio spesso coppia con Luca Passini che, inesorabile come la morte li castiga tutti. Io niente, nemmeno uno, anzi, oltre alla spalla ancora debole scopro che mi è preclusa ogni tallonata perché mi causa un dolore allucinante all’addome, e per chi mi conosce sa che togliermi l’uso dei talloni è come tagliarmi un braccio.
Al rientro a casa faccio degli accertamenti: ernia dello sportivo. Soluzione: operazione, almeno 5 mesi di attesa e poi altrettanti per la ripresa.
Ripiombo in uno sconforto più nero di prima. Ne parlo con Michele. Vedo che è un po’ scocciato. Percepisco che vorrebbe cazziarmi, ma vedo anche che capisce la mia disperazione. Mi viene incontro anche emotivamente, riesce a calmarmi. Mi convince a riavvolgere il nastro, a ripartire daccapo un’altra volta: fisioterapia per la spalla e per l’addome, inseriremo gli esercizi poco alla volta e quando sarà il momento.

E’ passato un anno ormai, sto continuando con la fisioterapia, ma ho imparato “LA PAZIENZA”, mi è stato insegnato che il fisico non è un bene da spremere per le nostre ambizioni, bensì un compagno di viaggio da ascoltare, da assecondare e di cui prendersi cura. Forse tutto questo è stato un bene: ora credo di avere l’esperienza e le armi per affrontare al meglio il prossimo decennio di attività.
Ho ripreso ad allenare la mobilità, con più calma ed attenzione. Mi mancano più centimetri di prima per arrivare a terra con le spaccate, ma sono convinto che ci arriverò … col tempo che serve.

Sto provando i tiri della falesia nuova che stiamo chiodando. Ieri finalmente è arrivato il primo 8A dopo un anno e mezzo. L’ho provato tanto (altri lo hanno fatto in giornata), ma va bene così.

Il “maglione rosso” è nell’armadio che aspetta di essere indossato, anche per questo verrà l’occasione a tempo debito. Non avrà le tasche piene come quello di tanti altri miei colleghi ragni … meglio, vuol dire che c’è spazio per farci stare ancora qualcosa.