E’ terminata la lunga avventura di Marco Vago al Monte Donneittu, Codula de Luna, Sardegna, iniziata nell’Ottobre 2005 e perseguitata da maltempo e problemi vari
.La via, chiamata AMICO FRAGILE, fu iniziata da Marco in compagnia di Fabrizio Fratagnoli (noto per numerose aperture in Val d’Ossola e Val Verzasca), affrontando il gigantesco strapiombo centrale di questa parete della Codula de Luna nota per alcune belle vie (fra cui HLF) e per essere soprastante la grandiosa grotta di Su Palu (oltre 40 km di sviluppo). Si tratta di una zona selvaggia, ancora pochissimo intaccata dall’uomo, spesso meta di campi speleo e di isolati scalatori, desiderosi di silenzio e solitudine.
Lo strapiombo parte dal terzo tiro, dove Marco ĆØ riuscito, in apertura, ad salire un tiro bellissimo, con un obbligatorio severo.
Marco ĆØ poi tornato ad inizio Giugno con Matteo Della Bordella, ma nei cinque giorni trascorsi in parete i due furono davvero colpiti dal maltempo (a poca distanza, il primo Giugno, nevicĆ²…). Finalmente la via ĆØ stata terminata da Marco nei giorni scorsi insieme a Simone Pedeferri. Le difficoltĆ sono molto elevate nei tiri centrali, super strapiombanti.
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AMICO FRAGILE
Monte Donneittu, Codula de Luna, Sardegna
Sequenza dei tiri: 6b, 6c, 7c+/8a, 7c+, 7b, 6a, 6b+, 6a+
DifficoltĆ : 7c+/8a max; 7a obbl. minimo
NB Attenzione ai primi due tiri, su muro verticale a tacche fragili: la chiodatura lunga necessita di molta attenzione, soprattutto all’inizio.
Materiale occorrente: due mezze corde da 60 metri; 10 rinvii; friends BD dal 0.5 al 3 (per gli ultimi 3 tiri); qualche cordino
Discesa: consigliata dalla vicina via “LINEA BLU”
Per la relazione, e photogallery, si veda quiĀ http://ragnilecco.com/amico-fragile/
Un anno dopo, ecco cosa scriverĆ Marco
AMICO FRAGILE – ATTO SECONDO di Marco Vago
Sentivo e sapevo che non sarebbe finita lƬ, che cāera ancora qualcosa in sospeso tra me e quella pareteā¦ Lāetica del giorno dāoggi imporrebbe la ripetizione in libera integrale ed in giornata di tutta la via, una cosa che sapevo ed ora piĆ¹ di prima so essere fattibile, ma non era quello ciĆ² che mi attraeva di quello strapiombo e non capivo cosa fosse fino a che non lāho disceso in corda doppia dalla quarta alla seconda sosta percorrendolo interamente in discesa e ritrovandomi, una volta giunto allāaltezza della S2, completamente nel vuoto ed a quindici metri da essa con oltre settanta metri di aria sotto il culo.
Durante lāapertura non mi fu possibile gestire i 55 metri di sviluppo di quelle canne, o almeno non ne fui in grado, quindi a circa metĆ strapiombo piazzai la S3, cioĆØ la sosta di arrivo del terzo tiro che durante la salita in libera, in compagnia di Simone, valutammo 7C+/8A, mentre il quarto tiro risultĆ² essere un altro 7C+. Mi resi conto che se non in apertura, almeno in fase di arrampicata la S3 poteva essere evitata unendo i due tiri in unāunica grande cavalcata su canne con la schiena rivolta verso un grande vuoto, un vero affronto alla forza di gravitĆ . Non era certo la ricerca di una prestazione, (lo sarebbe stato forse la salita in libera in giornata) e nemmeno la ricerca di un grado estremo (se pensate a quali numeri girino in quelle che oggigiorno sono considerate prestazioni in arrampicata sportiva), semplicemente una ricerca estetica poichĆ© quella S3 sembrava voler ācastrareā lo strapiombo, era una vera stonatura nel bel mezzo di quelle canne.
Quindi eccomi nuovamente in Sardegna, in Codula di Luna al cospetto del Donneneittu, ma questa volta in compagnia di Adriano (Selva, n.d.r.) e Riky Felderer (in veste di fotografo). Sapevo che per me non sarebbe stata unāimpresa facile, ma sin da subito, oltre che con lāacido lattico, abbiamo dovuto lottare con lāacqua che, a causa delle copiose piogge del mese precedente e filtrando da dietro la parete, bagnava diverse sezioni dello strapiombo tra cui il tratto chiave del terzo tiro e tutta la canna in uscita al quarto.
Al quarto giorno in parete per ben due tentativi le braccia mi hanno abbandonato al penultimo spit, a soli dieci movimenti dalla sosta. Questa fu per me una mazzata morale: benchĆ© non ci fossero passaggi estremi non riuscivo piĆ¹ nemmeno ad azzardare anche solo il fatto di staccare una mano per tentare il movimento successivo e, dopo il volo, ero talmente pieno che per cinque minuti non riuscivo nemmeno a staccare lo spazzolino dallāimbrago per pulire le prese. Decisi di lasciare comunque i rinvii sul posto e di sacrificare due giornate di vacanza al completo riposo per tentare unāultima volta.
Tre giorni dopo tornammo quindi allāattacco ma giĆ al primo giro sentivo che le braccia non giravano bene e si indurivano subito. Inoltre il tiro era bagnato ma soprattutto la testa non reggeva, non avevo piĆ¹ voglia e pensare di concatenare quei 110 movimenti mi dava il voltastomaco. Dopo il tentativo di Adriano, mentre infilavo le scarpette ed ero sempre piĆ¹ scoraggiato e stanco, decisi che quello che mi accingevo ad affrontare sarebbe stato lāultimo tentativo, poi avrei tolto tutto perchĆ© la cosa non mi divertiva piĆ¹.
Stranamente riuscii ad arrivare in continuitĆ alla sosta intermedia ed a proseguire fino alla base dellāultima canna di 12 metri che porta alla sosta di arrivo. Decisi che se dovevo tentare il tutto per tutto infischiandomene della stanchezza, degli avambracci gonfi e della vista appannata: se dovevo cadere sarebbe stato perchĆ© le mani si sarebbero aperte da soleā¦ ma non successe. Misi la corda in sosta con un urlo liberatorio, felice come poche volte mi era successo e non so se lo ero piĆ¹ per il fatto di aver chiuso un tiro meraviglioso e se per essermi finalmente tolto un grande peso dallo stomaco.
Per quanti di noi ĆØ ormai diventata una routine dopo ogni week-end segnare i tiri realizzati sul nostro quadernetto o addirittura nella pagina di Excel, contenti o rimuginanti del fatto di essere piĆ¹ o meno in forma?! Capita perĆ² a volte, sempre piĆ¹ di rado e sempre piĆ¹ difficilmente, di voler inseguire un qualcosa di un poā diverso, un poā al di fuori dei soliti nostri schemi, un qualcosa di talmente bello ed affascinante da meritare maggiori fatiche e sbattimento da parte nostra e magari anche una partita a dadi con lāincertezza perchĆ©, almeno per una volta, stiamo mirando troppo in altoā¦ forse! Ma bisogna pur provare per saperlo, o no?!
Una tazza di the, ad esempio, ĆØ un oggettivo piacere quotidiano al quale non facciamo piĆ¹ molto caso, ma presa bella fumante fuori da un rifugio in alta montagna, stretti in un pile che ci ripara dal freddo pungente, di fronte ad un tramonto mozzafiato e magari dopo una faticosa giornata in parete, beh, il contorno trasforma quel semplice gesto in un momento unico ed indimenticabile che porteremo nel cuore per anni. Allo stesso modo ci possono essere arrampicate che trascendono il semplice gesto o la piĆ¹ sterile prestazione perchĆ© incastonate in ambienti isolati e splendidi oppure perchĆ© sono per noi cariche di un significato particolare. Sono quelle salite che magari meritano il ācarattere in grassettoā sottolineato nella nostra pagina di excel o addirittura una foto appesa sulla parete di camera nostra, come quella che ho io.
CONSIGLI PER LA RIPETIZIONE: Per ripetere il concatenamento di L3 + L4 (8B ā 55 metri) si consiglia lāutilizzo di una corda intera da 80 metri perchĆ© due mezze corda peserebbero troppo rendendo problematici i moschettonaggi nellāultimo tratto. Utilizzare 16 rinvii con fettuccia lunga per facilitare lo scorrimento della corda. |