Ratikon, un gruppo montuoso dove il VI grado è arrivato già negli anni ’30, ma defilato dalla storiografia forse perchè si trova in Svizzera e non in Germania o in Alto Adige, e allora si era qualcuno che si scalava da quelle parti. Un posto splendido, paradisiaco, a dieci km di sterrata da un paesino di forse venti abitanti e a 14 da un piccolo centro abitato e dalla strada più importante, sconosciuto persino ai molti escursionisti che si fermano agli alpeggi di Partnum.
Forse perchè non ci sono strade, rifugi, tralicci. Fai una foto e vedi solo natura, tuttalpiù tu che cammini, o che scali.
Su queste pareti Martin Scheel inaugurò l’apertura dal basso, su calcare, a spit. Le sue vie sono tutt’ora tra le più belle delle Alpi, ho ripetuto l’immensa e sportiva Acacia e la ben più alpinistica Dohle Jonathan e sono vie di arrampicata difficile, perchè il Ratikon è il regno della placca sfuggente, dove il verticale è già decimo grado e solo Beat Kammerlander è riuscito ad andare oltre, in apertura, coi suoi tre capolavori.
Come vero e proprio omaggio a questo santuario delle vie di placca, su una roccia di aderenza inimmaginabile e che consente, se ci si fida, passi di aleatorietà altrimenti impensabili; siamo andati il primo week end dal mio ritorno dal Perù, e all’inizio è stato un vero e proprio schiaffo all’ambizione. Due giorni, per me e Paolo, per un niente, fermati subito da un leggero strapiombo inesorabilmente provvisto di appigli minuscoli, gli stessi che sanno di 8a su un muro verticale.
Più umile e quindi intelligente, Dodo ha affrontatato una parete dall’apparenza dimessa, e che già sui primi 50 metri che sembrano appena più di uno zoccolo regala un 6b difficile. Ora siamo a 6 tiri e mezzo, con 4 giornate rubate ad un Agosto piovoso ben lontano dal Luglio troppo caldo e stabile. Sta andando che la via è stranamente fisica, che mi sono preso due belli spaventi, e che forse non ci manca molto per tornare su un terreno più facile. Questa volta i Friends sono riccamente usati perchè abbiamo trovato belle fessure fino al 6b ed è stato normale andare avanti a vista proteggendosi.
La chiodatura è strana, si è ben protetti sul facile e più expo sul difficile, perchè più ci si impenna più mancano i posti dove fermarsi per chiodare. Per questo sono arrivati gli spaventi, quando si arriva ad un punto valutato ricco di appigli ed invece sfuggente e diabolico, e magari da lì, come è capitato due volte, non si può tornare indietro e non si può volare.
Come la chiameremo non lo sappiamo ancora, quando la finiremo neanche, intanto ci scusiamo con lui, il Ratikon, per alcune espressioni poco gentili… è che ancora ogni tanto ci aspettiamo più generosità dal lavoro dell’acqua sulla nostra passione, la roccia, e invece qui l’acqua deve aver trovato il segreto dello scorrere senza troppo scolpire.
di Fabio Palma
Foto: arch. Ragni Lecco |