20-12-2010
Patagonia, Torre Egger, parete W.
E’ in partenza per la Patagonia la spedizione composta dai due Ragni di Lecco Matteo Bernasconi e Matteo Della Bordella, obiettivo la Parete W della Torre Egger.
 

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Dopo un lungo periodo di preparativi finalmente la spedizione leggera composta dai due Ragni di Lecco Matteo Bernasconi “Berna” e Matteo Della Bordella “teo” si appresta a lasciare l’Italia per dirigersi verso la Patagonia, una terra difficile che dispensa favori col contagocce ma proprio per questo motivo ogni risultato conseguito è molto solido e prezioso. L’obiettivo scelto dal Team è la parete W della Torre Egger e coincide con uno degli ultimi problemi ancora irrisolti della zona, tentato più volte da fortissime cordate che hanno sempre desistito.Per andare un po’ più a fondo della “questione” abbiamo rivolto ai due protagonisti alcune domande:

Teo, domanda di rito, che cosa ti aspetti da questa nuova avventura?
Diciamo che non essendo mai stato in Patagonia non mi sono creato delle aspettative specifiche e precise. O meglio, dai racconti che ho sentito, mi sono preparato psicologicamente al peggio, ovvero stare 35 giorni in una truna senza mettere fuori il naso, scalare una parete con scarponi ai piedi e piccozza in mano per togliere il ghiaccio dalle fessure e salire da un friend all’altro…cose di questo tipo. Ovvero essere pronti psicologicamente al fallimento. Anche perché, onestamente le possibilità di fallimento (inteso come non riuscire ad aprire la via) sono maggiori di quelle di successo.
E’ forse questa cosa però, unita appunto alle incognite ed al fatto che non ho un’idea precisa di cosa aspettarmi dalla Patagonia e dalla sua meteo infame, rappresenta la parte intrigante e più interessante della spedizione. Entrambi siamo determinati a giocarci tutte le carte a nostra disposizione.

Berna, per te è un ritorno?
Si, questa è la quarta volta che torno in Sud America; dopo il tentativo al Cerro Piergiorgio poi terminato l’anno successivo, il S.Lorenzo con la prima salita di Caffè Cortado e la ripetizione della Via dei Ragni al Torre nel 2008 non vedo l’ora di rimetterci piede…

La Patagonia… c’è chi la ama e chi la odia…ovviamente tu…
Beh, direi che la risposta sia scontata…è un insieme di cose che mi carica e mi motiva sempre come la prima volta, ovviamente il luogo, l’ambiente, le Montagne incredibili che ti lasciano senza fiato sono un ottimo motivo per continuare a sognarla. Sono poi molto affascinato dall’impegno profondamente alpinistico che le salite Patagoniche ti richiedono, lo stesso impegno che ricerco e mi da la motivazione sulle montagne dietro casa e che sta alla base del mio modo di andare in montagna.

Matteo, l’esperienza maturata sulle Alpi ed in Groenlandia l’anno scorso ti saranno certamente d’aiuto…
Mi sento preparato psicologicamente e fisicamente, dopo numerose esperienze di apertura ad affrontare una parete vergine così alta ed impegnativa tecnicamente. Diciamo che mi sento come il pilota di moto che passa dalla 250 alla moto Gp (chissà perché mi è venuta in mente questo), sono curioso e non vedo l’ora di provare a confrontarmi con una grande sfida, ma so che è la prima volta in un terreno così ostile e sarà dura, bisognerà stare molto attenti e dovremo valutare bene ogni scelta, perché in Patagonia non è come scalare sulle Alpi.

Avrete ovviamente già individuato una possibile linea di salita…
Per quanto riguarda la linea la nostra idea è quella di scegliere il percorso più scalabile ed allo stesso tempo riparato da eventuali scariche di ghiaccio (bella scoperta, dirai tu…). Lo scudo centrale è sicuramente più estetico, qualcuno la definisce “la parete della Patagonia”, ma garantisce difficoltà tecniche molto elevate soprattutto in artificiale e richiede senza dubbio un tempo maggiore ed un’organizzazione diversa per essere salito. Essendo solo in due persone, abbiamo deciso quindi che opteremo per la linea che segue più o meno lo spigolo di sinistra della parete. Lì la parete sembra più abbattuta nella prima parte ed incisa da fessure e diedri che potrebbero lasciarci salire più velocemente che sullo scudo centrale. D’altra parte abbiamo deciso anche di non attaccare la parete al primo giorno di bel tempo; questo per studiare e cercare quindi di evitare i punti dove la parete scarica in caso di temperatura elevata.

Quale sarà la sezione più impegnativa secondo le vostre previsioni?
Salendo sulla sinistra sembra che per la prima metà o due terzi della parete (circa 600-800 metri) le difficoltà tecniche non siano troppo elevate e ci siano delle fessure. Il tratto chiave di questa linea è rappresentato però dal fatto che dopo questa sezione la parete diventa strapiombante almeno per altri 200 metri e qui le difficoltà tecniche saranno senza dubbio superiori e penso che dovremo far ricorso all’artificiale. La nostra idea è comunque quella di seguire quello che sembra essere un sistema di fessure che attraverso lo strapiombo conduce al colle Lux e da qui andare in vetta. Ovviamente questa è tutta teoria e queste affermazioni dovranno essere opportunamente valutate sul posto.

Noi, come Gruppo Ragni di Lecco riteniamo che avere l’idea e la fantasia per immaginare, progettare e sognare una salita di questo tipo non sia una cosa comune soprattutto se condotta da due Alpinisti così giovani che siamo fieri di poter sostenere; è noto poi che in Patagonia è necessario essere preparati, determinati, lucidi…ma non sufficiente…qui ci vuole anche Fortuna…Suerte come dicono da quelle parti… Suerte Mattèi!!!

Nel 1989 la Ovest della Egger era stata anche il primo obiettivo di Paolo Crippa, detto “Cipo”, Ragno di Lecco originario di Valmadrera, uno dei migliori alpinisti della sua generazione, con la compagna Eliana De Zordo, cresciuta in Dolomiti. I due furono poi trovati sulla Herron

La storia alpinistica della parete, l’ultima grande parete inviolata della Patagonia ( col beneficio del dubbio della Nord del Torre, ovvero della parete della via Maestri-Egger), è quindi per ora limitata a questi tentativi

1986

Il primo tentativo di salire la parete Ovest della Torre Egger risale al 1986 da parte di un gruppo di alpinisti di Valmadrera (IT): Gianbattista Crimella, Maurizio Maggi, Domenico Chindamo, Paolo Crippa, Gianbattista Villa, Paolo Cesena (seguirono una linea più a destra, 150m prima di ritirarsi).

1996

Nell’ ottobre del 1996 Andrea Sarchi, Pietro Dal Prà e Lorenzo Nadali tentano una linea nel centro della “pera” (ca. n° 4 tiri prima di ritirarsi). Dal Prà racconta che il centro della parete è veramente impressionante, ma che necessitava di molto artificiale e che si aspettavano qualche linea logica, non esistente

1997

Ermanno Salvaterra con Adriano Cavallaro effettuano un tentativo a sinistra della “pera” secondo una linea molto logica prima di ritirarsi a causa del maltempo e delle scariche (ca. 250m), giudicando la linea di salita troppo pericolosa ( e se lo dice Salvaterra…). I due ci provarorniono per ben 20 giorni, lungo la stessa linea che Casimiro Ferrari aveva individuato. Dalle foto i nostri Matteo pensano che sia in effetti la linea più logica e naturale e meglio scalabile in velocità, spingendo la libera

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