09-02-2008 |
Cumbre Cumbre Cumbre… Cerro Piergiorgio vetta |
Breve resoconto da parte di Cristian Brenna ed Hervé Barmasse dopo la cima del Cerro Piergiorgio, lungo la via diretta sulla parete nord ovest ‘Routa de l’Hermano (950m, 6b +, A3, ED+). |
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Ciao a tutti, come state? Noi benissimo… Avete presente un orgasmo multiplo di quelli che ti stordiscono e ti fanno perdere il senso della ragione e ti portano ad una spanna dal cielo….? Ecco, scordatevelo, non è così. Siamo stanchi anche se molto felici e poi diciamolo, finalmente dopo 12 anni la parete Nord Ovest del Cerro Piergiorgio è stata finalmente scalata….. Pensate, 900 metri di roccia marcia. Che spettacolo!Vi avevamo annunciato delle nostre battagliere intenzioni di ritornare alla parete del Piergiorgio e così, martedì, nuovo tentativo alla vetta. Partiamo alle tre del mattino, ancora un po stanchi per l’andare e venire sui 25 kilomatri che ci separano dal paese di Chalten. All’alba iniziamo a scalare nel punto dove Giò si è rotto le mani. Il Cerro Piergiorgio di per sé non è di certo una salita psicologicamente facile: roccia marcia, arrampicata artificiale su lame Expanding, placche lisce, crolli continui di pietre e ghiaccio e dunque dopo l’incidente lo stress era altissimo, ma probabilmente la nostra voglia di riuscire dove tutti avevano fallito era ancora più alta. Qualcuno ci potrà pure criticare ma penso che queste persone possano farsi un mazzo di C…. propri.Ore cinque del pomeriggio. Il sole sorride, il vento buffa. Raffiche a 100 km/h ci obbliga ancora una volta a scendere, no prima di aver mandato il nostro simpatico amico a fare in culo. La notte la passiamo in tenda sperando che il vento non ci faccia schiantare sul ghiacciaio sottostante. Il mattino la quiete arriva verso le dieci, troppo tardi per ripartire. La pressione si mantiene stabile e la vista di tre persone attraverso il binocolo sul passo Marconi ci fa ben sperare. Decidiamo di ripartire alle due di giovedì mattina.Iniziamo ad arrampicare con le lampade frontali. L’alba lascia il posto ad una velatura insolita. La pressione scende. Uno sguardo sostituisce le parole. Dobbiamo andare avanti. La progressione si rileva sempre difficile e molto, molto lenta. La roccia marcia, molto marcia e il freddo ci consentono di progredire quasi sempre in artificiale. È il tardo pomeriggio quando la voce di Mario (giunto alle tende dopo aver accompagnato Giò all’aereo porto) attraverso la radio ci incita e ci avverte che il barometro annuncia tempesta e bufera. Mancano ad occhio circa 4 tiri e scendere adesso sarebbe come prendere un ferro da stiro e tirarselo con violenza sui coglioni. Sopraggiunge la notte, arrampichiamo con la pila frontale e alle due del mattino dopo una stretta di mano, urliamo al mondo intero Cumbre……!!!!! Avvistiamo alcune frontali in discesa dal Torre mentre alcune raffiche di vento e la neve ci invitano a ridiscendere il più velocemente possibile.
Alle sei decidiamo di riposare al riparo dalla neve e dal vento in una nicchia soprannominata da noi Nido de los Condores. Aspettiamo il giorno. Siamo stanchi, e abbiamo sete, durante la giornata abbiamo bevuto un solo un litro di acqua a testa a causa del freddo. Scherziamo comunque sulla giornata e un pensiero lo dedichiamo a Giò. Il secondo miracolato del Piergiorgio…. Alle sette riprendiamo a scendere nella bufera e alle 11.00 finalmente raggiungiamo le tende, piegati in due dalle 33 ore di scalata non stop.
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