Il 2 marzo del 2013 Matteo Della Bordella e Luca Schiera hanno chiuso il match che lo stesso Teo e il Berna (Matteo Bernasconi) avevano aperto nell’inverno del 2010/2011 e che hanno combattuto caparbiamente negli anni successivi, arrivando ad un soffio dalla fine: quella della scalata – visto che il tentativo del 2011/2012 si è arrestato ad una trentina di metri dal Colle Lux – e pure quella degli scalatori, visto che proprio all’ultimo tiro di quel tentativo i due si sono ritrovati a spenzolare nel vuoto, appesi soltanto ad un provvidenziale friendino…
Già quei due anni di tentativi hanno fatto una storia, con un senso abbastanza compiuto da meritarsi un nome, o forse un titolo, come il capitolo di un libro: “Die another day”.
In rosso la linea di “Die another day” in verde “Notti Magiche”
( Foto courtesy Matteo Brnasconi )
Nel 2013, per uno di quei misteriosi intrecci di destini che governano le vicende della vita e dell’alpinismo nell’estremo sud dell’America Latina (cosas patagonicas le chiamano…), il Berna ha dovuto rinunciare per una manciata di giorni a partecipare all’ultimo, quanto improbabile, tentativo di una stagione nella quale sembrava che la Egger non avesse la minima intenzione di lasciarsi avvicinare e che, invece, si è concluso sul fungo di ghiaccio della cima.
A Luca, compagno dei due Matteo in questa ultima spedizione e al suo stupore di fronte ai cieli stellati dell’Emisfero Australe, l’onere e l’onore di aver dato il titolo al capitolo finale del libro: “Notti magiche”.
L’itinerario aperto da Matteo Bernasconi, Matteo della Bordella e Luca Schiera sulla ovest della Egger è sicuramente una gran via (a majour route, come l’ha definita la prestigiosa rivista internazionale Climb Magazine (ecco l’articolo) , ma è soprattutto una storia in perfetto stile ragnesco, che riecheggia quelle con cui si sono scritte le pagine più belle della vita del nostro gruppo: una meta decisamente ambiziosa e “rognosa”, una determinazione che si nutre delle delusioni per divenire sempre più affilata e tenace ad ogni nuovo tentativo e una vittoria strappata all’ultimo secondo dell’ultimo round, come al Torre nel ’74, al Murallon o al Sarmiento.
Sarà, ma alla fine, al di là delle mode e delle epoche dell’alpinismo, al di là della volontà e della consapevolezza degli stessi protagonisti, salta sempre fuori un filo rosso che in qualche misterioso modo dà la forma e la sostanza a tutte le imprese alpinistiche che portano la firma dei Ragni.
L’alpinismo di gruppo è morto. Viva l’alpinismo di gruppo!
06-03-2013 Torre Egger parete Ovest |
Mercoledì 06 Marzo 2013 23:04 | |
Torre Egger parete Ovest – Notti Magiche
M. Della Bordella & M. Bernasconi (2010-2011 & 2011-2012)fino a 30 metri dal Colle Lux
M. Della Bordella & L. Schiera (28-2/ 1,2,3-3-2013)fino in cima alla Torre Egger
1000m (30 L) 7a, A2, WI 4
Prima salita della Torre Egger dalla parete Ovest
Dopo i tentativi effettuati da me e Matteo Bernasconi negli inverni 2010-2011 e 2011-2012, la nostra salita del 2013 alla parete Ovest della Torre Egger inizia mercoledì 20 Febbraio, quando in una giornata splendida di sole, Luca Schiera ed io percorriamo il lungo avvicinamento che da Chalten, attraverso il passo Marconi conduce fino al Circo de los Altares e quindi al filo rosso, uno sperone di roccia che scende lungo il ghiacciaio sottostante il Cerro Torre e la Torre Egger, dove già gli anni passati facevamo il nostro campo base.
In verità già la decisione di provare a fare un’ultimo tentativo alla Egger è stata combatutta e incerta fino all’ultimo. Io, Luca e Matteo Bernasconi eravamo partiti il 19 gennaio dall’Italia il nostro rientro era fissato per il 23 febbraio. Le previsioni meteo degli ultimi ipotetici giorni di permanenza continuavano a cambiare, ma in generale non erano super ottimistiche, anche se lasciavano comunque la possibilità dell’arrivo di un periodo di bel tempo. Così dopo diverse incertezze io e Luca Schiera decidiamo di prolungare il nostro soggiorno fino al 1 marzo, Matteo Bernasconi invece fa una scelta diversa e decide di rientrare in Italia e tenere fede agli impegni lavorativi presi in precedenza.
Dopo 11 ore di cammino Luca ed io giungiamo al Filo Rosso, dove incontriamo diverse cordate che hanno appena salita la via dei Ragni al Cerro Torre. Le previsioni meteo per venerdì 21 febbraio sono buone, ma poi è previsto l’arrivo di una perturbazione per sabato. Decidiamo quindi di sfruttare la giornata di venerdì per capire come effettuare l’avvicinamento alla parete, una cosa che aveva dato parecchi problemi e grattacapi a me e Berna l’anno passato. Quest’anno scartiamo subito la possibilità di passare dal ghiacciaio sottostante la Ovest della Egger; quindi risaliamo la prima parte della via dei Ragni al Torre, dopodichè deviamo in traversata a sinistra. Troviamo un buon sistema di cenge un po’ esposte, ed attrezzando una calata di 60 metri riusciamo a raggiungere il ghiacciaio in prossimità della base dello zoccolo da dove parte la nostra via alla Egger.
Il pomeriggio torniamo alla nostra tenda e come da previsione il giorno successivo piove in modo continuo per diverse ore, per fortuna però la perturbazione arriva da Est, il che significa che non c’è praticamente vento.
Sabato chiediamo con il telefono satellitare al nostro amico Deza le nuove previsioni. Purtroppo non paiono delle migliori: dopo un miglioramento previsto per domenica pomeriggio e lunedì è in arrivo un’altra perturbazione per martedì e mercoledì. Poi pare che la pressione si debba rialzare ed arrivare il bel tempo…Tuttavia l’esperienza mi ha insegnato a diffidare delle previsioni oltre i 3 giorni in Patagonia.
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“Beh ormai siamo qui e tanto vale aspettare un po’ e vedere come evolve la situazione” Concordiamo io e Luca. Così iniziano le giornate di attesa in tenda che quest’anno, personalmente, erano proprio l’unica cosa che, dopo le esperienze degli anni passati volevo evitare. Chiediamo quotidianamente alle 16 le nuove previsioni e giorno dopo giorno l’arrivo dell’alta pressione previsto tra mercoledì e giovedì sembra essere confermato.
Lunedì 25 febbraio, prediamo la nostra decisione. Ancora una volta noi ci vogliamo credere, a costo di ricevere l’ennesima beffa (ormai una più o una meno…) così spostiamo ancora la data del nostro volo a sabato 9 marzo.
La decisione si rivelerà giusta, e la pazienza e l’attesa in tenda dei giorni successivi verranno ampiamente ripagate.
Mercoledì 27 Febbraio dopo la pioggia battente del mattino, il cielo si apre e il nostro meterologo ci conferma 4 giorni di bel tempo.
Mercoledì pomeriggio mi aspetta una decisione difficile: attaccare la parete il giorno successivo o aspettare un giorno che si pulisca dalla neve e dal ghiaccio?
Da un lato penso che teoricamente visto che la perturbazione arrivava da Est e non c’è stato vento forte dovrebbe esserci in parete per lo più neve e non ghiaccio, d’altra parte mi tornano in mente le scariche di quando l’anno scorso ero in parete con Matteo Bernasconi e mi vengono i brividi. Chiedo un parere a Luca, che però alla sua prima volta in Patagonia ed alla Egger ovviamente non può essere di grande aiuto. Guardo e riguardo la parete per circa un’ora ed alla fine la decisione è presa, conscio di tutte le responsabilità che ne conseguono: la parete sembra pulita e domani si attacca la via!
Giovedì 28 Febbraio Luca ed io partiamo dal filo rosso in direzione della Egger. La tattica è sulla carta semplice e lineare: io salirò da capocordata, conoscendo la via dai tentativi precedenti, Luca mi seguirà con le jumar.
Dopo aver ripercorso l’avvicinamento ispezionato ormai 6 giorni prima, siamo in 3 ore e mezza alla base dello zoccolo. Scaliamo lo zoccolo ed il nevaio senza particolari problemi, la fatica più grande è data dai pesi dei sacconi che contengono oltre al materiale per aprire su roccia, quello per scalare su ghiaccio e il necessario per sopravvivere 4 giorni in parete.
Le prime due corde fisse che avevamo lasciato sulla nostra via mancano e i tiri sono da ri-scalare, dopodichè incontriamo un centinaio di metri di corde fisse in buono stato che ci apprestiamo a risalire.
Arriviamo alle 13 all’inizio del grande diedro e con cautela continuo a risalire le corde fisse, sapendo che queste potrebbero essere in cattivo stato. Arrivo in cima alla prima corda fissa del diedro, e mi accorgo che è attaccata solo per 3 trefoli che sfregano direttamente su uno spigolo vivo…
Parto per la risalita successiva; la corda sembra in buono stato, ma quando meno me lo aspetto di colpo la calza si rompe ed io scivolo indietro per 2-3 metri finchè le jumar si bloccano nuovamente più in basso! Un altro bello spavento, considerando che mi trovavo ad una quindicina di metri dalla sosta e non avevo ancora messo alcun friend…
Continuiamo poi la nostra salita, tra risalita di fisse e qualche tratto in arrampicata e giungiamo sotto gli strampiombi. Sono le 16 e ci fermiamo ad un terrazino per sciogliere della neve, è la nostra ultima possibilità per farlo perché da lì in poi la parete inizia a strapiombare fino al colle e in assenza di vento la neve resta completamente riparata da neve e pioggia. Alle 17 ripartiamo, le fisse dei due tiri successivi sono soprendentemente in ottimo stato e le risaliamo.
Poi però iniziamo le brutte soprese: sugli ultimi 4 tiri aperti l’anno scorso il vento ha completamente ridotto a brandelli le corde che avevamo lasciato, ed ora siamo costretti a riscalarli. Il vero problema è che sono tutti tiri impegnativi, per lo più strapiombanti. Arrampico i primi due, ma poi la luce inizia a calare e noi dobbiamo trovare un posto dove passare la notte. Non sapendo bene cosa fare vedo un punto di parete di circa 2 metri per 3 leggermente appoggiato, o meglio, inclinato a circa 40° direi. Su qualsiasi altra parete non lo considererei mai un posto bivacco, ma appeso in questo vuoto, tutto cambia prospettiva e soprattutto non abbiamo altra scelta: o scendiamo di 300-400 metri oppure passiamo la notte qui. Sarà una lunga notte appesi agli imbraghi, con i piedi che scaricano in una staffa o nel saccone ed il sedere appoggiato su una placca che continua a scivolare verso il basso!
“Notti Magiche” dice Luca. Battezziamo questa placca l’ Hotel Egger.
Il giorno successivo la temperatura è piuttosto rigida, ed ulteriormente abbassata dal vento, che seppur non sia forte, quel giorno si fa sentire. Con grande fatica inizio a scalare il tiro successivo, in artificiale e ben bardato di vestiti. Giunto circa a metà mi aspetta un tratto su muro verticale a tacche che l’anno scorso al pomeriggio con il sole avevo affrontato in libera. Penso un attimo a cosa fare ed esamino la situazione: guardo il colle alla mia sinistra e vedo, come avevo già notato, che è nettamente più pulito dell’anno scorso; in più davanti a me parte una fessura diagonale che va in direzione appunto del colle. L’anno precedente io e Berna avevamo scartato l’opzione di uscire da questa parte per via di grandi macchie di neve pensili al colle…macchie che quest’anno si sono ridotte in modo esponenzionale!
Urlo quindi a Luca: “cambio linea!” e seguo la fessura verso sinistra.
Luca risale ed io riparto aprendo due tiri nuovi per lo più in fessura fin sotto il colle.
Sono le 13.30 quando mi preparo per l’ultimo tiro che dovrebbe portarmi al colle tra Punta Herron e Torre Egger. Capisco subito che non sarà un tiro facile, ma per lo meno adesso fa un po’ più caldo e c’è meno vento. Il tiro strapiomba, ma pare ci siano delle tacche. Non sono capace di fare artificiale serio, perciò parto dalla sosta nell’unico vero modo che conosco, ovvero arrampicando in libera. Inizio a salire, la difficoltà non è elevata, ma nemmeno facile, magari 6c o 7a (non saprei proprio), mi accorgo però che non ho possibilità di proteggermi, la roccia è un po’ friabile e alcuni passi che faccio sono “senza ritorno”, proseguo verso l’alto nella speranza di trovare un piazzamento per un friend. Arrivo ad una decina di metri dalla sosta ma non trovo nulla. Dopo un po’ di panico, mantenendo la calma vedo la possibilità di mettere il camalot 4 un po’ aperto in una fessura mooooolto friabile. Non senza patemi mi ci appendo e in una decina di minuti pianto a mano lo spit della salvezza.
Penso che vedendo dalla sosta lo spit, adesso questa sezione non sia poi così difficile perché sai che quando arrivi lì lo moschettoni, ma per quanto mi riguarda….mi sono decisamente ingaggiato!!! Vado avanti qualche metro e faccio un bat-hook, pianto poi un altro spit e finalmente raggiungo un sistema di fessure che conduce dritto al colle.
Sono ormai le 16 passate quando anche Luca mi raggiunge in sosta al Colle tra la Herron e la Egger.
La stanchezza inizia a farsi sentire, dobbiamo fare acqua e appena sopra il colle sembra si possa scavare nella neve un posto da bivacco per lo meno decente!
Alle 18 finiamo di prepare il necessario per bivaccare e decido di scalare e fissare le corde sui 90 metri successivi prima fino sotto al fungo, prima del traverso.
Dopo aver passato un giorno e una notte sempre appesi su terreno strapiombante non mi sembra vero di poter procedere spedito sulle lame leggermente appoggiate della via Huber-Snarf ed alle 18.40 siamo nuovamente entrambi al bivacco.
In realtà una volta giunti al colle avevamo anche valutato la possibilità di aprire una linea indipendente fino in cima, ma ci siamo subito accorti che la cosa mancava di logica e sarebbe stata una forzatura…Secondo noi, quando arrivi al colle tra la Herron e la Egger per andare in cima alla Torre Egger la via di salita è quella (5 metri più a destra o 5 più a sinistra ma sali di lì) non hai tante alternative.
Sabato 2 marzo, dopo un bivacco un po’ più clemente, risaliamo le corde fissate il giorno precedente. Ci aspetta il traverso verso sinistra per affrontare il fungo dove è meno ripido.
Beh, il traverso per me si rivela decisamente impegnativo: tutta l’acqua che si scioglieva dal fungo il giorno prima si era trasformata in verglas e nonostante la parete fosse al sole sin dalle prime ore del mattino, le placche erano ancora ghiacciate.
Comunque in un modo o nell’altro, spiccozzando il verglas via dalla roccia, riesco ad arrivare al fungo e piantare una vite. Chiedo a Luca se vuole salire lui da primo il primo tiro del fungo, e lui accetta volentieri. Luca arriva in sosta e mi recupera ed io parto per l’ultimo e facile tiro che porta in cima.
Sono le 11.20 di sabato 2 marzo quando io e Luca Schiera mettiamo i piedi sulla cima della Torre Egger. Siamo i primi ad essere arrivati fino a qui salendo dalla parete Ovest. E’ il momento che avevo tanto sognato e desiderato per 3 lunghi anni.
Ma siamo entrambi consapevoli di essere solo a metà della nostra salita, ci aspetta infatti un discesa lunga e la stanchezza inizia a farsi sentire. Dopo qualche foto di rito iniziamo le doppie.
Durante la discesa stacchiamo e recuperiamo tutte le corde fisse lasciate in parete.
Alle 17 arriviamo all’inizio del grande diedro. Io sono esausto, ho i brividi dalla stanchezza e sono disidratato. Propongo a Luca di fermarci qui un’altra notte e completare la discesa il giorno successivo. E proprio mentre discutiamo sul da farsi…nonostante fino a quel momento non fossero arrivate grosse scariche, sentiamo un boato enorme e ci ripariamo sotto un piccolo tetto. Un pezzo di neve mista ghiaccio di dimesioni di una moto si schianta proprio dove avremmo dovuto scendere. Devo dire che rispetto all’anno scorso questo è stato un singolo episodio isolato, ma appunto….ne basta uno. E’ un chiaro segnale per fermarsi a bivaccare e passa un’altra “notte magica” appollaiati su una cengia spiovente.
Domenica 3 marzo completiamo la discesa ed alle 16 rientriamo alla nostra tenda, recuperando tutte le fisse che avevamo portato in parete e depositandole al filo rosso, da cui, con l’aiuto di alcuni portatori le riporteremo a Chalten; due corde doppie ci restano incastrate durante la discesa e non riusciamo a recuperarle.
Lunedì 4 marzo, di buon ora rientriamo a Chalten, passando dal passo Marconi; il tempo sta chiaramente cambiando, la pressione è in picchiata e facciamo giusto in tempo a scendere dal Marconi che inizia a piovere e tirare vento. Quando si dice “un tempismo perfetto”.
Decidiamo insieme di chiamare la via “Notti Magiche”, un nome che ricorda gli scomodi bivacchi in parete, ma che al tempo stesso ricorda la magia di queste notti patagoniche. Il cambiamento del nome della via deriva dal cambio della linea di salita effettuato quest’anno; “Die another day” resterà il nome della variante da terminare secondo la linea seguite da me e Matteo Bernasconi l’anno passato, ma si tratta appunto di una vera propria linea indipendente per 4 tiri.
Questa è stata la salita che sicuramente mi ha dato maggiore soddisfazione da quando scalo. Ci sono voluti 3 anni e 150 giorni di permanenza in Patagonia per completare questa via, ma sono contento di averci creduto fino in fondo!
Con Luca Schiera è stata un’intesa perfetta. Sembra incredibile ma mai una discussione o un momento di disaccordo. Salire una parete come la Ovest della Egger alla prima volta in Patagonia è sbalorditivo, qui è tutto diverso che sulle Alpi e adattarsi e capire come funzionano le cose posso garantire che non è facile, mi auguro sia la prima di altre grandi salite e spedizioni insieme!
Ci tengo a ricordare che questa via è stata un grande successo di gruppo. Senza il supporto e la fiducia del gruppo Ragni ed in particolare dei membri del consiglio non saremmo andati lontano. Grazie a tutti i Ragni di Lecco, ed in modo particolare a Gian Felice Rocca, grazie ai miei sponsors in particolare Adidas, Kong, Sport Specialist ma anche Matt e La Sportiva. Grazie a tutti quelli che ci hanno supportato ed hanno creduto in noi! L’unico mio rammarico è non aver avuto Matteo Bernasconi in cima al nostro fianco, sicuramente una buona parte del merito di questa salita è suo; e dopo tutto quello che ci è capitato insieme gli anni passati e il rapporto che si è creato, sia io che lui ci avremmo tenuto tantissimo a raggiungere la vetta della Egger insieme.
Matteo Della Bordella – Ragni di Lecco
Il racconto dell’incredibile avventura del secondo anno, fra le più intense di tutta la storia dei Ragni di Lecco, è in italiano nelle parole di Matteo Bernasconi, e in inglese in quelle di Matteo Della Bordella. Due testimonianze diverse e che faranno per sempre parte delle pagine più belle della storia del nostro gruppo
http://ragnilecco.com/16-02-2012-torre-egger-qriassumendoq/
http://ragnilecco.com/die-another-day/
Ed ecco invece il racconto di Matteo Bernasconi del primo anno
http://ragnilecco.com/12-02-2011-the-egger-project-part-1/
Ed i Video:
https://www.youtube.com/watch?v=vn_8P-PUHjI