05-08-2005 Ripetizioni di “Cleopatra”, Wenden Ripetizione di Cleopatra (Wenden) per Fabio Palma e Paolo Spreafico.
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Cleopatra è una via del Wenden, con difficoltà fino all’8a e obbligatorio di 7a. La via è protetta a spit, spesso molto distanziati, e ha, per accesso, ambiente, e caratteristica dei tiri, carattere comunque alpinistico. L’accesso presenta passaggi di secondo grado, semplici ma che possono diventare trappole mortali nel caso di temporali, frequenti al Wenden: meglio andarci con meteo sicura. Fra le vie del Wenden, è sicuramente fra le più difficili, un gradino sopra Blaue Lagune, Jednicka nr1, Legacy; l’estetica della linea è straordinaria, si svolge su un pilastro strapiombante di 250 metri, quasi un siluro verso il cielo, che si lancia da circa 2200 metri.CLEOPATRA… perchè no? di Fabio Palma Sveglia alle cinque, e non è più un problema, da tre mesi, ormai. E’ giovedì, e la giornata di ferie sembra stata una scelta felice: Selva e Spandri, si avviano verso Jednicka nr1, Matteo e Rudi verso Tsunami, io e Paolo verso Cleopatra. Non male, per un giovedì: tre vie decisamente impegnative, ma, aggiungo, superlative. Io e Paolo siamo tesissimi, Sabato scorso il freddo ci ha ribattuto, e ho in mente quei primi sei metri del secondo tiro, sprotetti, dove le dita fredde hanno forse ingigantito il problema… o forse no? Sono tornato indietro, e avevo ancora il movimento decisivo da fare, avrò il coraggio? Siamo all’attacco alle sette e mezza, mezz’ora di relax e alle otto parto per il primo quinto grado di 15 metri, ovviamente sprotetto: alle otto e quindici, la vera Cleopatra inizia. Mi ritrovo in pochissimo al primo rinviaggio, lo stomaco è contratto ma la decisione c’è stata: poco dopo sbaglio il tetto, e la salita a vista di 7b è già una chimera. Fa niente, Cleopatra a vista l’hanno sbagliata Dulac, Ghesquiers, Steulet e Kammerlander, non siamo qui certo per questo. Siamo qui per arrivare, con stile più pulito possibile, alla fine di una via che solo l’anno scorso entrambi guardavamo, in tutti i sensi, col binocolo. Il 7b continua, ed è asfissiante. La chiodatura è lunghissima, non me l’aspettavo. E’ come il terzo tiro di Batman, che l’anno scorso feci da secondo dietro a Franz Carnati. Non si deve, semplicemente, lontanamente pensare a un volo, i run-out di sei e fino a otto metri mi stressano, la roccia è superlativa ma difficile, difficile…quale buco scegliere, ora? Metto un friend in un buco svaso, è velleitario e infatti mi deride mentre mi convinco a fare il benedetto passo… arpiono uno fra i cinque buchi più alti, ne ho due in mente e il secondo è quello giusto, più graffiante: rinvio con sospiro, e proseguo. Sotto, già 35 metri eterni, e me ne restano 15. Altro run-out, sono otto metri, poco dopo conieremo un’altra terminologia, non più obbligatorio ma inderogabile: è quel grado che devi fare, non per passare ma per non cadere, a nessun costo. Avanzo, avanzo, e altri otto metri passano…
Secondo spit, dove andare? Traverso… e volo… una, due , tre, quattro volte… pendolate sicure, ma lunghe. Il problema non sono i voli, Matteo e Rudi mi vedono da lontano, dalla loro Tsunami, e mi incitano, pensando a voli esagerati…no, saranno al massimo sette/otto metri, senza problemi, il vero problema è che non passo! Costernato, scendo e lascio a Paolo… sono demoralizzato. Paolo parte, come psicologia insegna, quando il compagno è giù: tu ti senti più carico, ed infatti arriva subito alla mia ultima tacchetta, tenta di alzarsi… la tacchetta si rompe. Ecco, e ora? E ora, la fortuna aiuta gli sfigati, perché siamo su Cleopatra, non in falesia, quella tacchetta, già così lontana dalla linea più diretta, non c’entrava niente! Senza tacchetta, irridente e fuorviante equivoco della nostra regina odierna, Paolo è costretto a pensare, a inventare… e passa, lontano ma più facilmente. E inizia la lotta, la guerra, la chiama. 35 metri splendidi, estenuanti, roccia degna del Wenden, quindi incomparabile. Tutto in leggero strapiombo, tutto da capire, tutto obbligato, anche se qui non inderogabile. C’è un caldo incredibile, sembra di essere a mille metri e siamo a 2400, Paolo arriva in sosta stremato, ma arriva. E io lo raggiungo stremato, ma arrivo… Penultimo tiro, 7b+. Quanto vorrei andasse ancora lui. Ma la via non me la sono guadagnata con soltanto il primo tiro, pure così psicologico. Tocca a me, e con incitamenti incredibili, salgo, con mia sorpresa bene. Roccia stavolta delicata, ma fa niente. Devo essere forte, ma dolce… così lei mi ha detto, così salgo qui… ti voglio forte e dolce… avanzo, tetto, provo a vista, è chiaro che non ho chances, ma ci provo… Sbaglio, amen, ora devo passare… passo, avanzo, un diedro strano e strapiombante mi attende, spit lontano… il cervello elabora quelle strane fessurine oblique, immagino la sequenza, capisco che il corpo dovrà contorcersi, e scelgo la presa finale, ecco, devo arrivare là, là sarà buona e rinvierò. Un incrocio di mani, mi metto storto, poi mi sistemo, una spallata, una seconda, il corpo ondeggia, e arrivo alla presa… beffa, è brutta, cioè no, è bellissima, la roccia è splendida, ma è bella per lei, oggettivamente, non soggettivamente, è svasa… L’avambraccio tetanizza, tento un colpo di coda, e urlo occhio… e volo… dieci o dodici metri? Chissà, ma dura tanto… Paolo mi chiede se va tutto bene, io rifiato, e guardo su… No, niente cambio, il palmo della mano mi fa male, ha battuto, ma se aspetto più di un minuto non parto più. Il resto è un 6c che ci vede stremati, ma a braccia alzate… nona cordata in quindici anni che finisce la via, i nomi sul quaderno via sono imbarazzanti ma ce l’abbiamo fatta, e tutto sommato l’abbiamo scalata anche bene, perché sull’inderogabile o scali o scali, vie di mezzo non ce ne sono, niente tirarsi su come sacconi, niente arrampicata come se lo stile non contasse, questo voleva dire il Mago, l’ha detto, chissà se l’hanno capito… Il problema non è lo spit, ma come va usato… e se c’è ogni otto metri, e in mezzo non puoi proteggerti, e non puoi volare, allora puoi dire tante cose, ma intanto devi salire, senza compromessi, senza troppe ciance. Sul libro firma scriviamo Paolo Spreafico e Fabio Palma, con forza e dolcezza…grande, fantastica Cleopatra, per forza anche gli imperatori persero la testa per te! Chiedo a Paolo come la confronta con Akut alle Tre cime e Excusez moi, la risposta è dissacrante, e non per Cleopatra… insomma, anche per lui è stata la più difficile via della sua vita. Riguarda la foto del dopo, e si commenta: a confronto, gesù cristo era un cartone animato. Paolo me lo vedo presto su vie ancora più belle e più difficili, mi dice che per quest’anno non vuole più rilanciare in alto, così le vie del Beat o altre di Larcher o quelle più dure della Marmolada lo attenderanno ancora uno, o due anni, ma lo vedo già lì… io, beh, io no, più sul difficile di Cleopatra proprio non mi ci vedo, già mi ero dato il traguardo di Batman e mi sa che ho rilanciato, colpa sua, ma quanto lo ringrazio… Però, chi l’avrebbe detto che uno che nel ’99 ragliava sul 6b avrebbe mai salito Cleopatra? Però, perché non pensare in grande? In fondo, in poltrona, oltre che motteggiare su cose che non si sanno si può anche sognare su cose che, come nella frase che tanto piaceva a Gullich, non si conoscono, magari si ritengono impossibili ma possono essere ben commentate con un: perché no? testo di Fabio Palma I protagonosti della storia |