Mi è capitato, a volte, di vedere l’Arrampicata scalare.
Non aveva la faccia di quelli che si tengono abbestia, non necessariamente…
Una volta le ho fatto sicura su un 6b a Boragni, uno dei primi che provava. E’ arrivata al passo già gonfia. Spit un po’ distante. Per un attimo ha pensato di appendersi. Con la voce e quelle vibrazioni che passano misteriosamente attraverso una corda di nylon ho osato ricordarle chi era.
L’ho vista tornare giù al riposo, vibrante come un tarlo, recuperare una scintilla di energia e poi di nuovo su.
Al passo la scintilla era già spenta da un po’… Non c’era speranza di passare, non c’era ragione per non appendersi. Fosse stato un arrampicatore si sarebbe fermato lì.
Ma quel giorno era l’Arrampicata a scalare.
Con una mano ha preso per il collo la paura e ha stretto fino a strozzarle in gola la sua litania di “oracadioracadioracadi…”, con l’altra ha raspato l’appiglio e si è tirata su con le ossa e i tendini, visto che i muscoli li aveva già mandati a fanculo da un po’.
Era l’ultimo sussulto del corpo. Da lì in avanti lui chiudeva bottega. Bisognava “solo” scalare senza sbagliare, bisognava “solo” rispettare ritmi e tempi della fisica.
Fosse stato un arrampicatore avrebbe potuto ancora cadere.
Ma in quel momento era l’Arrampicata a scalare. Era matematica, era musica. Fino in catena.
L’ho vista anche sorridere l’Arrampicata. L’ultima volta pochi giorni fa, all’uscita del primo tiro di Sir Bis.
Ho capito perché ero lì.