Il nostro viaggio in Sud Africa inizia più o meno verso le 11 di sera seduti in un presunto taxi che ci sta portando verso un presunto b&b nella periferia di Johannesburg.
Praticamente in un sol colpo abbiamo disatteso ai principali avvertimenti che ci erano stati fatti prima di partire: attenzione ai taxi, ai dintorni dell’aeroporto e meglio evitare di girare la notte.
Elena mi dice di non preoccuparmi, di stare tranquillo, ma l’unica cosa che mi interessa in questo momento è tornare l’indomani mattina all’aeroporto per ritirare l’auto che, già prevedo, non senza qualche intoppo, ci dovrà portare alla nostra destinazione.
In effetti mi sono sbagliato, non c’era niente di cui preoccuparsi, il taxi si è rivelato affidabile, così come il nostro alloggio temporaneo per la notte, ma non mi sono sbagliato riguardo ai possibili problemi che ci avrebbero accompagnato il giorno dopo.
A cominciare dalla guida: qui si sta a sinistra, e questo per me è un problema sin dal primo momento in cui ho messo piede sulla nostra Yaris.
Mi dicevano che mi sarei abituato subito, ma dopo due settimane salivo ancora dalla parte sbagliata e, al posto della freccia, facevo andare il tergicristallo! Niente di più falso, non ci si abitua molto, non ci si abitua per niente, guidare dall’altra parte è veramente fastidioso!
Abbiamo passato 2 settimane in Sud Africa e sono tante le cose che mi vengono in mente, penso ancora adesso agli immensi prati deserti, ai baboons che scappano goffamente, ai centri commerciali ultramoderni a poca distanza dai quartieri di baracche in cui vive gente con auto di lusso, ai tramonti, alle strade (molto) sterrate, alle case protette dal filo spinato, all’odore acre del catrame, al sorriso dei bambini che, insieme alle loro mamme, vagano senza una meta apparente ai lati dell’autostrada, alle guardie nei supermercati armate fino ai denti.
Un Paese che mi ha lasciato diversi punti interrogativi, e che chiaramente mi ha molto colpito…
Ah, si, siamo stati in Africa per scalare, siamo stati a Waterval Boven, 200 km a est di Johannesburg e abbiamo passato le nostre giornate andando su e giù da questi muri di roccia rossa in cui sono presenti alcune delle vie più belle che ho avuto la possibilità di scalare.
Ricordo con piacere gli ultimi movimenti duri di “Jack of all trades” e poi la parte più facile prima della catena, poi subito dopo, Elena che sale “Butterfly”, un gran bel “tiraccio” che la mette a dura prova ma che alla fine la lascia passare.
Le sere le passiamo nel nostro alloggio con altri arrampicatori coi quali condividiamo, in un miscuglio di lingue e punti di vista diversi, le nostre “piccole storie” della giornata appena trascorsa.
Poco prima di partire siamo scesi nella Township con Christina, Niamh, Lucio e Stefan, ci siamo andati in punta di piedi, abbiamo chiesto se potevamo mangiare qualcosa anche noi, ricordo tante persone in mezzo alla strada, la musica che rimbombava in tutto il quartiere, ricordo la festa e l’odore della carne bruciata, la curiosità nei nostri confronti… una serata, diversa…
Ora sono qui, le vacanze son passate, i ricordi si fanno sempre più sfuocati, ma ogni tanto al posto di mettere la freccia faccio ancora partire il tergicristallo…