original_photo_17716

Tiro fuori dal cassetto questo articolo del 2014, che avevo pubblicato su un annuario Cai e che alcuni amici mi hanno chiesto di poter leggere.

È un mix di ricordi che mi sono cari e che spero possano regalare qualche emozione anche a voi.

Buona lettura,

Simone

 

Ritorno alle Origini

Fine ottobre 2013. Un autunno così piovoso era da un po’ che non lo vedevo (non immaginavo come sarebbe stato quest’anno, ben peggio! Disperato, con Luca, visitiamo il Buco del Piombo (sopra Erba) per vedere se sotto questo enorme soffitto si può chiodare una via mentre fuori piove. La via esiste, forse si può fare. Cinque giorni di chiodatura, cinque giorni di pulizia per realizzare questa linea unica. Appoggio lo zaino, tolgo il materiale, mi preparo e sono pronto per la prima libera. Salgo lento sul primo tiro, la prima parte va bene per scaldarsi. Il corpo arriva al primo passo duro, lo supero, arrivo al secondo, salto un spit difficile da rinviare, continuo fluido e arrivo in catena…

La Renault 4 rossa di mio zio passa a prendere me, mia mamma e mio fratello. Mio papà è a correre, ci raggiungerà più tardi. La radio con l’impianto artigianale ha l’ultima cassetta di De Gregori che ci accompagna per questi pochi chilometri che separano casa mia dalla zona sopra Erba… Incredibile quando sei piccolo, brevi spostamenti sembrano viaggi infiniti, o così pensi di ricordare.

Avevo 6 o 7 anni quando facevo quel sentiero verso quella piccola falesia del Sasso d’Erba, guardavo la nuova generazione che scalava con le prime scarpette e la fascia nei capelli. Uno di questi con i capelli lunghi e biondi era mio zio. Così giocavo alla base della falesia e un giorno mio zio mi disse “Dai prova a scalare” e mi fece salire con lui e una sua amica fino a metà della via normale. Erano solo 15 m di 3° ma salita e discesa slegati. Lui mi controllava le mani e la sua amica i piedi. Penso che sarebbe stato contento Paul Preuss!

Qualche anno dopo mio zio mi riportò in quella palestra per insegnarmi a scalare e usare il materiale. Dalla cima del Sasso d’Erba si ha proprio di fronte quell’enorme grotta del Buco del Piombo.

Il secondo tiro affronta il primo dei tetti di questa volta che strapiomba quasi 80 metri. Una lunghezza strana ti spegne lentamente per finire con un duro passo che porta ad una cengia perfetta dove s’incrocia una vecchia via in artificiale. La raggiungo, mi sdraio e il primo tetto è sotto di me. Sento che ho utilizzato le giuste energie per scalare, guardo i vecchi chiodi, penso a chi li ha piantati e la mente fugge…

anico vago

In falesia con Marchino (Marco Vago)

Io, Marchino, Ale e non ricordo più chi. È inverno (cosa da non sottovalutare, le giornate sono molto corte… cosa che noi sottovalutiamo). Siamo tutti alle superiori. Sabato. Campanella. Si parte di corsa. L’unico con la patente è Marco (per me è ancora così).

Ci porta tutti in direzione Buco del Piombo. Da parte al grande antro c’è una piccola grotta con una via di due tiri di Mario Canali, vogliamo ripeterla, facciamo per scavalcare il cancello che porta all’accesso visto che il temuto custode non c’è. Non riusciamo, troppo filo spinato quindi su per una riva marcia quasi più pericolosa del filo spinato. Attacchiamo, facciamo la via e all’uscita siamo al buio, nessuno ha la frontale. Discesa circense, macchina. Siamo in straritardo (non esistevano cellulari per avvisare nessuno). Nebbia fittissima. Conclusione: nei 10 km che ci distanziano da casa (io faccio da navigatore) ci perdiamo 20 volte. Genitori incazzati e preoccupatissimi che già pensavano al funerale di quattro scalatori. Ci siamo giocati il prossimo fine settimana di scalata!

Sul terzo tiro devo dare tutto, è li che si gioca la libera della via. La volta prima mi aveva respinto non facendomi fare la RP. Prima parte tutto bene, riposo il più possibile su una discreta canna, ripasso mentalmente la sequenza chiave poi lascio che il corpo e la testa diano il massimo. Sosta. Penso sul bordo di questa enorme volta. Posso guardarmi intorno, è una sensazione strana. So di non aver finito la salita ma capisco che il successo è vicino, mi godo le piccole cose, guardo il paesaggio, i boschi e le altre pareti, guardo la linea del dietro Scarabelli.

Tardo autunno. Esco di corsa dalla scuola d’arte, faccio duecento metri e vado a casa di Massiminio (era lo scalatore più bravo di Cantù, un mito!). Partiamo per non so dove tanto io scalo da secondo. Mi guarda e dice: “Andiamo al Buco del Piombo a fare il diedro Scarabelli!” Cazzo! Ma è duro! Ne avevo sentito parlare da un amico in classe che scalava. Arriviamo fino a dove finisce la strada. Ora non si può più, ma allora la teoria era: fino a dove ti porta il mezzo meccanico devi andare, costi quel che costi, marmitta e sospensioni comprese!

Mi cambio, metto i miei fuseaux fucsia, attacco all’imbrago la mia borraccia di ferro (quando mi muovo sembro una mucca) e si parte per la parete. La via scorre lenta e mi sembra meravigliosa ed esposta. All’ultimo tiro mi appare uno strapiombo enorme (ora ripensando alle vie che ho scalato sembra un muro appena verticale). All’uscita sulla sinistra di quell’enorme grotta, Massimo mi dice che lì ci sono tre o quattro vie di arrampicata in artificiale e non è possibile scalare in libera.

Altri due tiri, tutto bene. Sono sotto all’ultimo, lo salgo lento per gustare questo momento. Esco sul prato, recupero Stefano e poi mi godo il tramonto. La prima RP del La Divina Commedia è sotto di me.

È strana la vita, a volte ritorni in posti che ti hanno dato tanto per trovare le stesse sensazioni di quelle piccole montagne e pareti. Ci tornato spesso nella mia vita e ho vissuto un sacco di momenti unici.

Anni sono passati da quando ci si trovava alla sera per fare delle scalate notturne con grigliata o come prima di partire per il servizio civile sotto una nevicata di notte con Max e Alberto quando scalavamo il Sasso d’Erba per festeggiare la mia partenza.

Nel chiodare questo soffitto con Luca mi è stata data la possibilità di ricordare, ripensare e ridere di questi momenti. Se ha un senso scalare forse è nel ricordo di quei momenti e ora ne fa parte anche La Divina Commedia.