Il vento soffia. Sono tre giorni che soffia così. Danno raffiche fino a 70 km all’ora. La pioggia fine si infrange sui vetri a ondate, in lontananza affiorano parti di pareti nella nebbia. Anche quest’anno la Patagonia è la Patagonia col suo clima!
A no, scusate, mi sbagliavo: sono in Marocco!
Sì sì, in Marocco, tutto mi aspettavo tranne che, su 21 giorni di viaggio, trovarne solo 7 di bello e gli altri 14 perfetti per lottare con il brutto tempo sulle pareti, cosa che abbiamo fatto.
Questa avventura è iniziata, come molte, grazie alla dritta di un amico (Nik). Due telefonate ai soci giusti e il sacco era sull’aereo .
Ora dalla finestra della Rueda, il nostro alloggio proprio di fronte alle pareti, guardo col binocolo la via che stiamo aprendo. Intravedo le corde che abbiamo fissato: è incredibile non pensavo di prendere cosi brutto e freddo!
Ero cosi convinto che il clima fosse caldo e secco che mi ero portato solo un piumino leggero, eppure questa mia propensione verso l’ottimismo dei posti mi aveva già fatto vivere qualche buona avventura in altre zone del mondo, dove inconsciamente ero convinto di trovare un clima piacevole, il deserto della Giordania, le pareti del Messico, ecc.
Altre volte questo ottimismo mi ha aiutato con i compagni, decidere dove attaccare, come passare, in che zona, ecc.
Dopo il primo tiro, aperto da Pala, Mattia prosegue, come deciso, per un’enorme canna di color ocra, a guardarla dal basso è stupenda, dopo 5 spit ritorna in sosta e mi annuncia che gli ultimi tasselli non sono il massimo e la roccia non convince: KO!
Io e Simone avevamo appena terminato una breve via aperta dai cecoslovacchi con caratteristiche più mortali che di arrampicata sportiva!
I soci alla sosta non sapevano cosa combinare. Io da terra cercavo di convincerli a continuare per qualche altro spit ma, niente, erano sconsolati!
Allora decisione presa: jumar alla mano, li raggiungo, prendo la corda e vado avanti, salendo super ottimistico, scalo la canna di Mattia, poi arrivo all’ ultimo tassello messo , era fuori quasi completamente! Guardo i soci… e ho il coraggio di dire “non è così male…”.
Guardo avanti e vedo un muro strapiombante bellissimo. Mi sono “commosso” e l’ottimismo è tornato. Sono andato avanti per altri 4 spit, dicendo che la via era giusta: una linea fantastica e la roccia perfetta tranne in quel piccolo tratto.
Pala e Mattia che mi guardavano un po’ scettici dalla sosta. Poi, vedendomi così convinto, hanno dedotto: “Allora è giusto, perfetto, è la via giusta!“.
Il giorno dopo Mattia riparte e finisce il secondo tiro, felicissimo. Parto sul terzo, quello soprannominato “dei candelabri” per la presenza di 3 grossi gruppi di canne sospese. Salgo il primo tratto, metto due clessidre dubbie, mi alzo per mettere uno spit. Primo buco: fix bruttissimo! Allora decido per un secondo fix: buco in 30 secondi… brutto segnale! Tolgo la punta e un fiotto d’acqua mi colpisce in faccia: lì ho avuto un momento di pessimismo!
Mattia dalla sosta ride di brutto! In quel momento una parte di candelabro che avevo sotto il piede destro si stacca sfiorando la sosta…
OK, ottimismo! Metto uno spit un po distante dalle canne e sembra accettabile. Dico a Mattia che continuo a salire perché la via da lì in poi è spaziale. In verità mentivo spudoratamente, ma c’era qualcosa: la roccia doveva essere bella e particolare! 3 metri dopo, tutto diventa perfetto e ritorno ottimista. Finiamo il tiro su roccia da sogno. I tiri successivi sono favolosi!
Dopo 4 tiri il brutto tempo ci impone un ritmo patagonico. Nell’attesa arriva Mirco, partito una settimana dopo. Attendiamo e si avvicina la fine della seconda settimana: Simone, Pala e Mattia devono tornare a casa.
Bam: penultimo giorno bello! Via di corsa al mattino e alla sera, alle 19, siamo tutti alla fine della via, felici come nelle nostre solite avventure per il mondo.
Alla fine accendiamo le frontali, spieghiamo a Simone come scendere sulle fisse al buio su una parete così strapiombante, è la sua prima esperienza di questo tipo, ma noi siamo ottimisti che ce la farà! Lo vedo super felice dopo una prima esperienza così e pian piano scende sulle corde, inghiottito dal buio della parete, lo invidio, perché noi ormai siamo abituati a questo mondo, ma per lui è tutto nuovo ed è un ricordo che si amplifica e si gusta ancora di più.
Pochi giorni dopo io e Mirco liberiamo la via e togliamo le corde fisse, Mattia, Pala e Simone sono già a casa da qualche giorno, ma quello che volevamo vivere tutti assieme l’avevamo già gustato, arrivando in cima di notte durante l’apertura.
Sinceramente, a parte quei due spit dubbi, poi “sostituiti”, la via che abbiamo aperto la considero una delle mie migliori vie sportive e, rispetto ad alcune vie famose che ho ripetuto in Wenden o in Ratikon, è molto più bella, quindi una linea di grande qualità, che si sviluppa per 8 tiri e 220 metri, su di un pilastro simile a quello di Excalibur in Wenden, ma più strapiombante e con zone a canne. Una via continua con difficoltà fino al 8b.
Anche Mattia, che era all’inizio il più scettico, ha dovuto ammettere che la Rueda della Magia, questo è il nome della via, è proprio una grande salita che ci ha regalato ricordi magici e momenti di grande ottimismo!