Le vie in libera sulle grandi pareti sono sempre state il mio sogno, il mio carburante e stimolo per anni di allenamento. L’essenza di tutto questo sono le big wall in libera che sono diverse da vie sportive di più tiri o vie ibride.
Le big wall si snodano su pareti più grandi, hanno una logistica complicata, sono vie che necessitano giorni per essere liberate, si sviluppano su pareti dove possono esistere già dei percorsi (di solito in artificiale) e tu ti devi adattare alle loro chiodature senza cambiarne il carattere, bisogna trovare gli appigli per tutta la parete, è un continuo girare in essa, ma non come quando fai una via sportiva: in un modo più selvaggio!
È una scalata selvaggia e primordiale, più lenta. Le big wall sono quelle pareti che rimangono nel confine fra avventura e libertà.
Quello che cercavo era una sfida completa che racchiudesse in sé tutte le caratteristiche dell’arrampicata che avevo praticato, dal boulder alle placche, agli strapiombi, all’arrampicata psicologica riportata sulle grandi big wall.
Volevo una sfida nella quale il risultato non fosse scontato, che forse non sarebbe stato possibile liberare ma che fosse un’idea talmente particolare e bella che non importava il risultato finale della libera o che fosse completamente realizzata!
Perché questo? Ho sempre sostenuto che in arrampicata (come in altri campi) sono più importanti le idee e le visioni piuttosto dei numeri e dei risultati.
L’evoluzione dell’alpinismo è avvenuta grazie alle idee, gli stili e le etiche e non per le performance pure e sterili. Cercavo un’evoluzione sia personale che generale delle big wall della zona: la via alla Meridiana del Torrone è stata ed è questo per me, un segno importante di quello che cerco e cercavo sulle grandi pareti.
Questa parete mi ha impegnato 30 giorni in quattro anni. Un bel po’ di amici mi hanno accompagnato e ha visto la riuscita solo tra luglio e agosto 2015. Sono riuscito a liberare i singoli tiri ma non a fare la rp di fila, manca ancora questo.

Fessure, tetti, placche aleatroie… su “Adventure Time” si ritrova tutta l’essenza dell’arrampicata mellica (ph Riky Felderer)
Adventure time è la via che cercavo da anni, la big wall perfetta, la parete che conclude un percorso. Non so se troverò un’altra sfida così totalizzante nella mia vita da arrampicatore.
Sono fiero e orgoglioso di come si sia formata questa via, la sua bellezza e le sue caratteristiche racchiudono tutta una vita di scalata: 16 lunghezze di cui 7 di vie preesistenti in artificiale (i tiri non sono stati modificati) e 9 nuovi tiri. Tetti piccoli ed enormi la compongono (L3 L4 L10), tiri di placca aleatori (L5 L6 L7), tiri con boulder difficili (L9 L13), tiri psicologici (L2) e fessure fantastiche (L8 L12 L14).
Tutto questo fa della via una delle salite più belle della mia vita. Amici del viaggio verticale iniziato nell’estate 2011 e poi 2012, 2013, 2015: Davide Spini, Mirko Masè, (a loro devo un ringraziamento particolare, senza di loro questa via non esisterebbe, sono stati loro per primi a crederci!) Luca, Dani, Paolo, Matteo, Stefano, Ricky, Gio (per il materiale) e Pietro. Tutti loro mi hanno accompagnato in questa avventura.
Ma ora questa via sulla Meridiana esiste: Adventure time, 16 tiri, diff 8b/c, 550 m.
Volevo finire questo racconto con una frase di Mariacher, che mi è piaciuta perché esprime perfettamente la visione che ho sempre avuto della scalata :
“L’arrampicata ha valorizzato la mia vita come nessun’altra esperienza. Arrampicata e alpinismo sono una meravigliosa scuola di vita, un percorso che ha cuore e anima. Non sono mai stato un atleta eccezionale, al massimo ero un po´ meno scarso tra altri scarsi, ma quello non importava, perché l’arrampicata era una sfida molto personale. Era come una seconda vita in un mondo differente, era stile di vita, filosofia e meditazione. Il mio approccio verso le montagne e l’arrampicata era naturale perché non aveva altro scopo che godere la vita e la libertà”.
(ph Riky Felderer)